Stalli, bugie e... viti accidentali


di Sergio Colacevich



Sergio Colacevich è un nostro compatriota che da ormai lungo tempo vive e vola in California. Da "Soaring" riportiamo il suo pensiero sul mai risolto problema della vite accidentale nel volo a bassa quota.


L'argomento degli stalli e delle viti a bassa quota è ricorrente, misterioso e anche fatale. Ho notizia di incidenti avvenuti in ogni parte del mondo, a piloti di ogni grado d'esperienza, la cui descrizione è sempre la stessa: l'aliante vira a bassa quota, stalla ed entra in vite. Posso citare due episodi che mi riguardano personalmente.
Il primo: otto anni fa a Georgetown in Texas, stavo atterrando col mio SHK Austria da 17 metri, un aliante molto docile e di facile pilotaggio. Avevo ormai 80 ore su questo aliante e mi sentivo sicuro in ogni condizione di volo. In una giornata normale, durante un normale circuito d'atterraggio, mi trovai per ragioni che non ricordo ad una quota un po' bassa, senza tuttavia essere preoccupato. L'altezza era comunque sufficiente per il circuito. Dei movimenti sulla pista mi distrassero per un momento: alcune persone vagavano sull'erba cercando di recuperare un cavo da traino. Nel mezzo della virata finale notai uno strano rumore nell'abitacolo, proveniente dal finestrino che avevo tenuto aperto. Con mia enorme sorpresa vidi che il filo di lana era tutto di traverso. Fortunatamente la velocità era adeguata e potei correggere l'assetto e completare un normale atterraggio.
Questo avvenimento era unico; nulla del genere mi era mai accaduto prima (avevo circa 300 ore d'aliante). Da allora il mio filo di lana è sempre rimasto ben centrato, non ho mai avuto stalli accidentali e sono attentissimo alla velocità, soprattutto in vicinanza del terreno.
Mi ricordai allora di un articolo apparso su Soaring: Peter Mordensen spiegava che le nostre percezioni di assetto e velocità, a bassa quota, sono distorte. Possiamo volare per ore senza alcun riferimento fisso vicino a noi, ma quando siamo bassi la nostra capacità di analisi della situazione si deve velocemente adattare a riferimenti che cambiano in continuazione.
Sappiamo che spesso si va in vite durante la virata finale per un'atterraggio, proprio quando la quota non è sufficiente per la manovra di rimessa. In un'ora di normale volo veleggiato compio mediamente 500 "quarti di virata", perciò nelle mie 500 ore devo aver fatto almeno 250.000 quarti di giro senza mai essere entrato in vite accidentale. Nemmeno una volta. La probabilità che tale vite completa si realizzi proprio nella virata che precede l'atterraggio, nella piena concentrazione e con la velocità d'avvicinamento sembra irrisoria. Questa virata deve avere qualcosa di diverso da tutte le altre, qualcosa che porti il pilota a causare direttamente la vite.
Nella figura, i due velivoli A e B stanno virando attorno all'asse O con un raggio di 120m a 90km/h e un'inclinazione di circa 30°. A si trova a circa 65m dal suolo, mentre B a 200m. Lo sguardo dei piloti è rivolto verso l'estremità alare (S1 e S2). Per il pilota B ogni punto sulla sua linea di osservazione, come la punta dell'ala o parti dell'abitacolo, appare muoversi all'indietro rispetto al terreno (in C). Per il pilota A, invece, la wingtip o un qualunque graffio sulla cappottina appaiono stazionarie sul terreno, come un ipotetico perno sul punto D.
Mentre scende ulteriormente, il pilota A riceve l'impressione visiva che il paesaggio si fermi per poi accelerare nella direzione opposta e può ottenere la falsa impressione che la velocità angolare stia diminuendo. Cioè che il velivolo rifiuti di virare quanto il pilota desidera. Può accadere che il pilota applichi piede interno alla virata, e addirittura tiri la barra a sé, inducendo la vite. La stessa illusione si prova a bordo di un treno fermo in stazione quando un altro convoglio a fianco comincia a muoversi.
Il secondo esempio personale risale a quattro anni fa, quando volavo a Crazy Creek in California col mio Standard Libelle. Avevo circa 700 ore d'aliante. In una giornata d'onda chiesi un lungo traino verso un posto molto promettente, ma non trovai nulla. Mi avviai verso l'aeroporto nella discendenza incessante. Era solo il mio secondo volo in quella zona e non riuscii a riconoscere la striscia erbosa della pista, così imboccai la valle sbagliata. Continuai sopra il terreno pianeggiante, aspettandomi di vedere il campo apparire davanti a me. A meno di 200m capii che mi ero perso e che dovevo atterrare sul punto che stavo sorvolando.
Virai per atterrare col vento di fronte, con circa 90m sul terreno, e conclusi il 180° a 70m. Poi accadde qualcosa di molto strano: cercavo di volare ad almeno 105km/h, ma ero a solo 95 in diminuzione, perciò diedi barra avanti. Guardai fuori, poi la velocità che era ancora 95km/h. Di nuovo barra avanti, uno sguardo fuori, 90km/h ! Spinsi la barra con maggiore convinzione e vidi il muso abbassarsi verso il terreno. Dopo 2 o 3 secondi controllai la velocità: 90km/h! La virata era ormai compiuta e non ci fu alcun problema nell'atterrare alla velocità desiderata di 105km/h.
Nonostante la decisione cosciente di volare a 105km/h, non ero stato in grado di farlo durante la virata. Il mio apparato percettivo, nei pochi secondi spesi a guardare fuori, mi ingannava con dati sbagliati riguardo alla velocità, angolo di planata, o forse rateo di virata. Senza che ne fossi conscio, la mia mano istintivamente tirava indietro la barra. Il filo di lana rimase sempre centrato.
Volo spesso lungo i pendii e conosco l'importanza di controllare costantemente la velocità, ad intervalli di pochi secondi. Questa salutare abitudine mi ha permesso di correggere la tendenza spontanea che mi stava prendendo la mano. E' probabile che altrimenti la velocità sarebbe scesa a livelli di grave rischio.
La conclusione che qualcosa di speciale avviene nelle virate in vicinanza del suolo mi trova perfettamente d'accordo. Ho anche notato che i trainatori e gli istruttori compiono spesso virate a bassa quota a velocità assolutamente normali, in sicurezza; il problema percettivo sembra quindi essere risolto dall'allenamento. Il pilota ad alto rischio è proprio quello che vola nel week-end, in aliante, e che normalmente si tiene alla larga da situazioni ansiogene come il volo raso terra, e ciò è confermato dall'analisi delle statistiche degli incidenti.
Ecco come il noto istruttore inglese Mike Cuming, insieme con Dave Weitzel, descrive il problema:
Sì, la wingtip si muove all'indietro durante una virata. Lo sanno tutti; molti però non sanno che l'illusione si inverte a bassa quota, dove l'estremità alare sembra correre sul terreno mentre viriamo. La trappola è pronta quando il pilota sta compiendo una virata vicino al suolo, seguendo un circuito di atterraggio. Se guarda esclusivamente fuori, verso la sua pista o il campo che ha scelto, a circa 45° di fianco al muso dell'aliante (o peggio, direttamente verso la punta dell'ala che orribilmente sfiora gli alberi), potrà avere la falsa impressione che l'aliante non stia girando. Dando piede interno alla virata, l'estremità si sposta all'indietro e tutta l'immagine sembrerà più familiare al pilota. E questo è proprio ciò che molti faranno inconsciamente.
La trappola è ora pronta a scattare. Dopo qualche istante il pilota torna a guardare fuori, per qualche strano rumore, un assetto inusuale, o una sensazione; si accorgerà dell'effetto dell'impulso che ha dato al timone, cioè il muso sarà un po' basso e una porzione troppo ampia di terreno avrà occupato il suo campo visivo; tuttavia non ricorda di aver dato piede interno e quindi non sa di esserne stato la causa. La risposta corretta sarebbe di dare piede esterno, ma molti tireranno la barra a sé per alzare il muso. I più lucidi noteranno l'assetto derapato. Per gli altri arriverà la vite, i cui sintomi saranno resi poco riconoscibili dalla bassa velocità e dall'assetto inusuale. L'eventuale presenza di vento rende l'illusione ancora più marcata.
Anche Tom Knauff cita il cambiamento nel moto apparente della tip alare sul terreno, nella sua serie di articoli sulla prevenzione della vite e dello stallo (Soaring, Aprile 1996). Altri hanno anche puntato l'attenzione sull'effetto secondario del timone di direzione, il rollio indotto, che aggrava ulteriormente un quadro già critico: l'inclinazione tende ad aumentare progressivamente e il pilota molto probabilmente porterà la barra con leggera pressione verso l'esterno, a contrastare l'inclinazione. Il risultato è una virata con i comandi incrociati e la velocità in diminuzione.
Il fenomeno che qui abbiamo analizzato può sembrarvi una semplice curiosità, ma io penso che sia un pericoloso killer. Continuo a leggere, dopo tanti anni, lo stesso rapporto di incidente: pilota impegnato in una virata vicino al terreno, attenzione rivolta alla zona d'atterraggio, il velivolo entra in vite. Quel pilota non avrebbe mai indotto una vite involontariamente ad una quota sicura (a chi succederebbe ?), ma lo fece in quella virata.
Nel pilotaggio dell'aliante, come anche guidando un'automobile o la moto, le nostre mani e piedi si muovono sotto il controllo diretto dei centri motori, per la maggior parte del tempo fuori da ogni mediazione dell'attività cerebrale conscia. Quante volte abbiamo frenato istintivamente per un pericolo immediato, prima di aver avuto il tempo di pensare; quante volte abbiamo scoperto che le nostre mani si sono mosse senza che noi decidessimo di farlo.
Finora questo tipo di incidenti è stato attribuito ad un generico "errore del pilota" e la raccomandazione conseguente è quella generica di "stare attenti". Più efficace è ricordare il controllo della velocità ogni tre o quattro secondi, e del filo di lana. Tuttavia in situazioni di stress queste accortezze possono apparire secondarie rispetto alla vigilanza verso l'ambiente in cui si muove il velivolo. E' assolutamente necessario imparare che esistono errori percettivi. Non fidiamoci mai del nostro pilotaggio in queste situazioni. Le nostre mani e i nostri piedi possono fare ciò che noi non abbiamo loro chiesto di fare, in un'istintiva reazione ad un quadro che appare nell'insieme sbagliato.


Copyright - Soaring Luglio 1996

 

traduzione di Aldo Cernezzi

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