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Brani ed immagini, tratte dal libro "Segeln über den Alpen".

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UN VOLO SOPRA LE ALPI
E' certamente una delle più belle esperienze che possa essere data di vivere agli esseri umani. Numerosi libri, immagini e racconti descrivono dei voli in alta montagna con un entusiasmo straripante. Ma mai ancora è apparso un libro interamente consacrato al volo a vela alpino.
Con l'aereo, è la forza del motore o della turbina che ci alza al di sopra delle montagne. Con l'aliante, è lo stesso uomo, silenzioso come un'aquila, che lotta per passare al di sopra delle gigantesche pareti rocciose, delle vette e delle creste, al seguito delle correnti ascendenti.
A memoria di aviatrice, non c'è niente di più bello che io possa paragonare al volo a vela alpino.
Leggendo e guardando questo libro, mi ricordo : all'esordio, la mia prima traversata delle Alpi, nel 1937 a bordo di un Sperbe Junior, da Salisburgo a Pieve di Cadore, alla fine dei miei record negli anni 70, ad Aigen per la valle dell'Enns. Tutti i sentimenti provati in questa lotta contro gli elementi mi ritornano in mente : questa felicità immensa e trionfale dopo avere sconfitto vette e ghiacciai, quella paura che annoda la gola quando ci si vede circondati da montagne e le correnti discendenti che ci spingono verso il basso.
Nella nostra epoca dove l'esplorazione dello spazio conosce uno sviluppo prodigioso, dove le velocità, le distanze e le forze raggiungono dei livelli pressoché inimmaginabili, il volo a vela alpino, che un uomo solo può ancora dominare, è una delle ultime grandi avventure moderne.
E' a queste questioni che il libro di Jochen von Kalckreuth da una risposta. Attraverso la bellezza delle esperienze che manifesta con le parole e le immagini, inizia il lettore alla teoria, alla tattica ed alla pratica del volo a vela. Questo a partire dalle sue proprie esperienze, duramente sofferte, dove l'autore ripercorre il cammino difficile che conduce alla padronanza di se stessi.
In questo libro, Jochen von Kalckreuth ha saputo captare la maestosa bellezza delle montagne, delle nuvole, del cielo. Le sue opinioni, i racconti dei suoi voli ed i suoi importanti consigli teorici sono pertanto esperienze che sono famigliari, per noi volovelisti, ma anche agli alpinisti, ai meteorologi ed a tutti gli amanti dell'universo che regna là alto al di sopra delle terre.
Auspico una larga diffusione di questo libro intitolato "In aliante sopra le Alpi" e ringrazio Jochen von Kalckreuth, a nome di tutti i volovelisti, d'aver scritto questa opera.

Capitano pilota Hanna Reitsch

 

"L'aereo non è che una macchina, tuttavia quale immensa acutezza nella sensibilità di questo apparecchio ! A lui dobbiamo la scoperta del vero volto della terra"Antoine de Saint-Exupéry

 


In aliante al di sopra della Alpi

Linee aeree di montagne e profondi solchi costituiscono i rilievi delle Alpi che il volovelista contempla. Nessuno può valutare così bene come lui le possenti diagonali di roccia e di ghiaccio. Tutto in costante cambiamento di punto di vista, egli registra nel suo volo silenzioso tra le montagne le loro forme sporgenti e le loro caratteristiche. Tra i ghiacciai e le pareti scoscese, il pilota, a bordo del suo aliante così leggero, si unisce al volo degli uccelli.
Il suo elemento è la "respirazione" del paesaggio, i movimenti ascendenti o discendenti permanenti dell'aria al di sopra delle montagne e delle valli. Come un alpinista munito di ali sulla schiena, egli si avvicina prudentemente ai pendii degli alpeggi ed ai piedi delle pareti. Con mille precauzioni, analizza la roccia e la vegetazione, i costoni e la posizione del sole, e sale nella stretta ascendenza lungo la roccia. Se tuttavia arriva all'altezza delle cime e delle nubi, allora una leggera manovra sui comandi gli basta per elevarsi, grazie alla corrente ascendente, nel cielo immenso.
E' allora che scopre il vasto panorama delle Alpi. Nel corso del suo volo silenzioso, le montagne gli sembrano cambiare continuamente di forma. Le cime più lontane, sembrano fargli cenno, al di là dell'orizzonte, ed il suo occhio scopre, nel vuoto delle incrinature tetre, dei picchi eretti e dei crepacci bluastri, delle prospettive così nette da sembrargli ingrandite. L'ombra del suo aliante fa vibrare delle orde di stambecchi spaventati e delle aquile che girano intorno a lui.
Sogno di Icaro.
Agli inizi degli anni trenta, il volo a vela termico veniva giusto allora scoperto ; nel 1928, dei giovani piloti cominciarono, anche sulle Alpi, a lanciarsi nelle ascendenze dinamiche per il vento su di un pendio. Così, è già negli anni venti che i primi voli di esplorazione sopra i contrafforti alpini furono intrapresi. All'inizio, i piloti di aliante svizzeri effettuarono i loro primi decolli in montagna a partire da Rigi. Udet e Kronfeld perseguirono questi tentativi, con voli planati a partire da Zugspitze, e dalla Rax, vicino a Vienna.
Era impossibile prevedere quali sarebbero state le condizioni di volo esposti alle alte Alpi con alianti leggeri costruiti di legno. Temendo le violente turbolenze tra le alte creste delle montagne e scegliere le valli alpine più propizie per l'atterraggio.
Queste difficoltà esigevano dei piloti sufficientemente audaci e sperimentati per andare sino agli estremi. E' nel corso dell'estate del 1931 che arrivò l'ora del primo volo alpino, quando il volo a lunga distanza al di sopra delle alte montagne era ancora da realizzarsi.

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La strada che sulle Alte-Alpi porta al Grossglockner
In volo verso il Karwendel occidentale


Il 10 giugno, Günther Groenhoff di Francoforte, inviato per la società Rhön - Rossitten sotto la direzione del professor Walter Georgii con lo scopo di realizzare i primi voli sperimentali nelle alte Alpi, decollato con l'elastico dal colle della Jungfrau, dalla quota di 3400 metri. Dopo un volo drammatico, con il timone di profondità mezzo spezzato, questo notevole pilota arrivò finalmente a posarsi su di un provvidenziale prato, presso Interlaken. Qualche giorno più tardi, riuscì con successo la prima distanza con un decollo in montagna in volo di pendio, sino al campo di Bern - Belmoos, a 53 chilometri dal punto di partenza. Questo pilota di fama oltreché mondiale, ha scritto un racconto appassionante di questa giornata storica sulle Alpi bernesi... Ascoltiamo i commenti dei progressi del volo senza motore in alta montagna :
"Il volo effettuato in piena tempesta verso Kaaden ha interessato tutti. Fu che fui invitato con il mio "Fafnir" ad un meeting aviatorio organizzato a Basilea. Da ciò è venuta l'idea di organizzare, in collegamento con il meeting, una spedizione di volo a vela nelle Alpi, già prevista da parecchio tempo altrove. I locali si presero carico dei primi preparativi.
Non avevamo prima di allora organizzato anche una sola occasione di tentativi di voli a partire dalle Alpi. Kronfeld aveva per questo scopo individuato il campo di Rax. Ma aveva ancora parecchie difficoltà da risolvere per volare a quella altitudine e lungo dei pendii scoscesi. Ai miei occhi, che cosa si può avere di più bello che partecipare a titolo professionale ad una spedizione così interessante e gratificante ?
Il colle della Jungfrau ci sembrava essere il campo di decollo ed il punto di partenza che conveniva al meglio in questa spedizione. La direzione della ferrovia della Jungfrau che porta al colle, ci aveva spontaneamente offerto i suoi servigi. Quattro persone prendevano parte alla spedizione, a parte me stesso, c'era come capo tecnico, il perito Riedel, come direttore scientifico, Cand. Ing. Harth ed il meccanico Wilhelm. I miei compari si misero in strada per Basilea (Basel) con una macchina ed un rimorchio per il "Fafnir", gli attrezzi, i cavi elastici, e le tende. Quando atterrai il sabato sera a Basilea a bordo del nostro apparecchio a motore, il "Flamingo", il convoglio con il "Fafnir" stava arrivando giusto allora all'hangar. Il campo di Basilea si sviluppa direttamente ai bordi del Reno (Rhein - Rhin). Proprio di fronte si erge una bella montagna.. In più riprese Riedel mi rimorchiò a 1000 metri e mi impegnai allora di offrire al pubblico una dimostrazione del volo in aliante. Per venti minuti, riuscii a rimanere lungo questo vicino pendio. Il "Fafnir" effettuò ancora qualche virata pennellata poi si posò con grande stupore degli spettatori, sul suo pattino di atterraggio, proprio davanti a loro. La sera il "Fafnir" fu di nuovo smontato. E tutti ci mettemmo in movimento quindi nella direzione di Lauterbrunnen. A Lauterbrunnen, caricammo il tutto sul trenino a cremagliera. Non senza difficoltà. Fu necessario caricare la fusoliera e le lunghe ali su due vagoni, con lo scopo di evitare che rimanessero impigliate nelle curve del tunnel. I giganti di pietra che vidi per la prima volta da così vicino, mi impressionarono moltissimo. Le alte vette si erigevano davanti a noi, meravigliosamente chiare, con qualche piccolo lembo di nube attaccato qua o là. Le vaste distese bianche di neve si stagliavano nettamente con il cielo. E mi lasciavano vedere il colle della Jungfrau, là alto nella breccia che lo evidenziava sul versante scosceso. Noi salivamo con regolarità. La vegetazione diveniva meno abbondante, solo alcuni particolari fiori alpini ornavano i prati ; poi, dopo la stazione del ghiacciaio dell'Eiger, la ferrovia si infila nel tunnel lungo 11 chilometri. Dopo un'ora di percorso, arrivammo alla stazione del colle della Jungfrau.
Dopo esserci sistemati ed aver tutto controllato, si dovevano trasportare gli elementi del "Fafnir" sino al colle. Ma come fare ? Il tunnel della via ferrata termina nella pietraia e la sua sola uscita porta all'hotel del colle della Jungfrau. Dopo lunghe prove e calcoli giudicammo che poteva essere possibile trasportare gli elementi attraverso l'Hotel passando per la balconata. Qui, li ancorammo con delle corde e li facemmo portare da delle guide esperte di montagna lungo il pendio, e di là sino al colle della Jungfrau. Perfetto per quelli che non soffrono di vertigini ! Tutti i nostri sforzi furono seguiti con il più grande interesse dagli eleganti visitatori, tra i quali si potevano intendere tutte le lingue del mondo : il sassone, il berlinese, il tedesco. Al riparo del vento, in una buca scavata nella neve, ero pronto a partire. Il tempo era l'ideale, solo il vento che soffiava da 10 a 15 m/s con violente raffiche, era un po' troppo forte.
A circa cento metri dietro la scarpata sul pendio, preparai il "Fafnir" per la partenza. Agli impiegati della ferrovia ingaggiati, mostrammo e spiegammo i posti che dovevano occupare al momento della partenza. L'alaggio non fu facile, comunque si riuscì facilmente a rinforzarlo nelle fessure poco innevate del ghiacciaio. Riedel si incaricò di comandare la partenza. A causa del freddo, ero talmente infagottato che riuscii a malapena ad entrare nel posto di pilotaggio del "Fafnir". Feci il segno di "pronto al decollo". Al comando "tirate", la squadra di partenza si mosse ed incominciò a tendersi l'elastico. All'ordine "correte", tirarono con tutte le loro forze. Ma improvvisamente il "Fafnir" coperto di ghiaccio s'incagliò nella neve. La squadra di tenuta, in coda, fu colta di sorpresa dallo scossone.
Le "Fafnir" scappa loro brutalmente di mano e si mette a rullare a grande velocità, ma non abbastanza veloce ciononostante per poter decollare prima del bordo del precipizio. La squadra di partenza si getta a terra a pancia in giù ed io passo come un razzo, le ali sfiorando quasi le loro teste. Impossibile fermarsi. Il muso dell'aliante urta un mucchio di neve indurita, a tal punto che il compensato si sfonda. Subito, l'apparecchio ruota sul bordo del precipizio e cade nel vuoto. Malgrado la grande velocità, il timone di profondità non agisce. Il comando è duro, deve avere qualche cosa di rotto o danneggiato. Dopo circa cento metri di volo in picchiata, l'apparecchio si raddrizza da solo. Provo ancora una volta tutti i comandi, ma di già l'aliante picchia di naso, sprofonda di altri ottanta metri prima di raddrizzarsi - Aiutandomi con il timone di direzione, allontano prima di tutto il "Fafnir" dalle rocce. Non posso spiegarmi cosa è successo. Impossibile anche uscire con la testa dal piccolo finestrino per guardare all'indietro.
Mi rimetto alla sorte, dirigendomi verso Interlaken, e mi prometto di lanciarmi col paracadute al più tardi a 500 metri di quota. Scendo sempre più, e sempre a " scala", ma finisco malgrado tutto col arrivare sopra ad Interlaken. In tutti gli assetti di volo, provo di comandare almeno un po' la direzione del "Fafnir". Ma invano, l'altimetro sfiora i 500 metri. Controllo il vento e valuto il luogo approssimativo dove dovrei lanciarmi, per atterrare su di un piccolo spiazzo vicino ad Interlaken. Sblocco la cappottina e prendendo la mia Leica, sono pronto a scattare, per fissare sulla pellicola l'ultimo volo del "Fafnir". Ma eccomi a 500 metri. Quando devo aprire la cappottina, non mi decido. Mi è penoso abbandonare puramente e semplicemente il "Fafnir" così a mal partito. Penso al volo di Kaaden ed alla prossima competizione della Rhön, per cui ho imperativamente bisogno di lui. A 300 metri posso ancora saltare. Provo una nuova volta. Improvvisamente, mentre il "Fafnir" è in picchiata, tiro la barra. L'aliante rimane in picchiata e la velocità lo fa fischiare. Lascio allora la barra ritornare lentamente sino al momento in cui sento che il controllo dell'aliante riprende. Mi avvicino rapidamente al suolo con una forte pendenza, ad una velocità ben superiore ai 100 Km/h. E' il momento in cui si gioca il tutto per tutto : o l'aliante mantiene il suo assetto, o c'è il crash. Il terreno si avvicina, passo al di sopra di qualche albero, e quando devo fare la retta sul suolo, abbassa il muso da solo, urto per terra e l'impatto fa imbardare di 90° per poi terminare la corsa con una scivolata laterale di circa una ventina di metri, nell'erba alta un metro. Sono atterrato senza danni !
Avevo impiegato 58 minuti dal colle della Jungfrau sino all'atterraggio, abbastanza per farmi diventare dei capelli grigi. Qui in basso, fa veramente caldo, soprattutto a causa del mio ingombrante infagottamento. Discendo dall'aliante e constato con grande stupore che la metà del timone di profondità manca. Mi tolgo la mia tuta di volo e mi stendo un attimo sull'erba fresca per riposarmi un po'. Prendo a prestito da uno arrivato lì una bicicletta e così il più veloce possibile vado al telefono più vicino. Noto la gioia dei miei compagni quando apprendono che sono sano e salvo. Dopo chiamo la gente della Wasserkuppe ed ordino loro un nuovo timone di profondità. Durante il pomeriggio, la mia squadra arriva con il rimorchio e riportiamo l'uccello sulla strada del colle della Jungfrau. La sera ci riuniamo per festeggiare la mia "nuova nascita". Per gli spettatori, questa partenza "fallita" è stata almeno così impressionante che per me. Avevano visto, così come mi fu riferito, come la fusoliera dell'apparecchio aveva strisciato di traverso e nello stesso tempo, per fortuna, solamente la metà del timone di profondità si era strappata ed aveva seguito l'apparecchio nella sua caduta. Sono rimasti là pietrificati, attendendo il fracasso dell'impatto. Ma, per miracolo, pur in una strana situazione di volo, ero riapparso nel loro campo visivo.Due giorni più tardi, avevamo già il timone di profondità rimpiazzato al colle della Jungfrau ed il "Fafnir" era di nuovo pronto al decollo. Feci un volo interessante sotto gli occhi di M. Harth. Per un istante, planai lungo il versante scosceso del colle : spettacolo magnifico ! Sopra di me si stendeva il grande ghiacciaio Guggi ed ai suoi piedi, la stazione del ghiacciaio dell'Eiger. Sulla cima del massiccio roccioso c'erano sporgenze ; troneggiante, isolato, il rifugio del Guggi. Sorvolai le cime piatte e nude del Männlichen e del Schynige, poi la valle di Lauterbrunnen e riapparsi sopra Interlaken, questa volta più rilassato. Interlaken si trova tra due catene di montagne , e tra i laghi di Brienz e di Thun Su di una montagna vicina alla città, nel suo punto più elevato si erge un piccolo grazioso albergo. Gli girai intorno diverse volte e salutai i clienti che mi risposero con delle grida. Passai ancora una volta proprio sopra la città. Tutto era tranquillo in giro, poi atterrai di nuovo sul prato che mi era famigliare.
Passò qualche giorno, Là alto al colle, avevamo un tempo splendido, ma a 2000 metri d'altitudine, c'era un mare di nubi che cominciavano, portando il maltempo in basso. La sera, "infossiamo" completamente il "Fafnir" nella neve, per proteggerlo da una eventuale tempesta improvvisa. Al mattino, lo riscopriamo di nuovo e lo lasciamo all'esposizione del sole perché si asciughi. In capo a qualche giorno, il tempo ritorna favorevole per un nuovo volo. Ci muoviamo, come nei due voli precedenti, in direzione nord.
"tirate... correte !" ma proprio nel momento in cui l'ordine "In avanti" viene dato, qualcosa si rompe. I due pedali del timone direzionale, sui quali poggio i piedi, cedono su se stessi ed il "Fafnir" fa un balzo in aria. Ancora un'avaria ! Cerco subito di proiettare il "Fafnir" nella neve, ma constato che se il timone di profondità risponde ancora, il comando direzionale, è fuori uso. E' difficile volare così, ma molto più facile che con il timone di profondità inutilizzabile. Mi ritrovo talvolta in una situazione critica, ma finisco per atterrare una nuova volta senza danni sul mio campo, ad Interlaken. Salto fuori dall'aliante, furioso per questo nuovo incidente, e mi rendo conto che il direzionale si è strappato dalla deriva ed ha ruotato all'indietro nell'apparecchio come una elica di propulsione, attaccato solo per i cavi di comando. Come i miei colleghi di squadra mi hanno raccontato in seguito, il blocco di legno a cui era fissato il cavo di ritenuta si era staccato dalla fusoliera sotto lo sforzo della trazione del cavo elastico. Sfortunatamente, il direzionale era pure fissato su questo blocco ed è stato strappato nel medesimo tempo.
Deluso per questo nuovo incidente, teniamo un consulto su che cosa noi dobbiamo fare oramai. Constatiamo che questa rottura si sarebbe potuta verificare sulla Wasserkuppe. Durante la notte, ed il giorno seguente, il danno viene riparato per ripartire dal colle. Siccome le nostre risorse finanziarie si erano nettamente ridotte, accettammo un invito per una giornata di volo a Berna, affinché si potesse finanziare qualche giorno di permanenza in più.
Ma ancora una volta dovetti essere aiutato dalla sorte. Avevo promesso di atterrare sul campo di Berna, il pomeriggio del sabato, partendo dal colle della Jungfrau. Il sabato mattina, vento da sud e grossa concentrazione di nubi compatte. Nel momento in cui venne urgente partire, esaminai ancora la situazione meteorologica al colle allungandomi di qualche metro verso nord, lo strato di nubi si dissipò ed, attraverso un buco nella foschia, scorsi il cielo di un limpido blu.. All'hotel della Jungfrau, la mobilitazione fu rapida poiché tutto il personale era divenuto esperto. La partenza si svolse così bene come se fossi alla Wasserkuppe, Attraversai una forte discendenza e sprofondai da 4 a 6 m/s. Ma questa zona di correnti discendenti era molto stretta. Presto, sorvolai di nuovo tranquillamente le belle montagne. Passai molto alto sopra Interlaken, sfruttai l'ascendenza lungo i pendii che fiancheggiano il lago di Thun, e mi avvicinai al piano. Dietro Thun, arrivai ad agganciare un cumulo ed a riguadagnare un po' di quota. Costeggiando il versante poco elevato, scorsi Berna, ed un po' lontano davanti, le piste di atterraggio. Mi ritrovai ancora con 300 metri di quota quando passai sopra gli hangar. Tutti uscirono correndo, salutandomi con grandi gesti, e la sirena di partenza m'accolse col suo ululato sonoro.
Fu l'ultimo volo che ho potuto intraprendere partendo dal colle della Jungfrau. Abbiamo accumulato diverse esperienze, ma non abbiamo terminato il lavoro che ci eravamo prefissati. Dovremmo assolutamente ripetere delle operazioni di questo genere, al fine di chiarire tutti i problemi che esistono là in alto".
Qualche giorno più tardi, il pilota svizzero Willi Farner arriva al colle, si fa anche lui lanciare con l'elastico e vola per più di un 'ora sopra La Kleine Scheidegg ed il Lauberhorn. Poi partendo molto alto raggiunge e passa attraversandolo il bordo delle Alpi raggiungendo Stans lontano 80 chilometri, dopo aver a più riprese guadagnato in altitudine nelle ascendenze termiche. Il volo di distanza alpino era nato.
Durante le estati 1932, 34, e 36, si organizzarono dei campi di volo a vela al bordo del lago di Chiemsee e presso Garmisch-Partenkirschen. Peter Riedel volò al di sopra delle Prealpi di Chiemgau ed Heini Dittmar verso Zugspitze e nella regione di Wetterstein.
All'inizio del settembre 1935, dei piloti svizzeri organizzarono sotto la direzione di Krebser-Thun la prima competizione nelle Alte Alpi. Decisero di scegliere come campo di partenza quello da dove Groenhoff e Farner erano partiti per salire nel cielo delle Alpi 4 anni prima, il colle della Jungfrau. Scelsero il periodo di bel tempo dell'ultima settimana dell'estate, con lo scopo di essere meno disturbati dalle nubi nei pressi degli alti massicci di Berna, e nello stesso tempo per trovare in arrivo la prima neve fresca sul nevaio del colle, punto di partenza degli alianti. Il giornalista aeronautico e pilota Georg Brütting riassume nel suo racconto che cosa preoccupava i meteorologi ed i piloti prima di questa gara.
(Der Segelflieger, n° 11 dell'anno 1935) :
"Oggi noi conosciamo la maggioranza dei movimenti dell'aria sopra le pianure, le città, le medie montagne e la regione delle Prealpi. Tutte le possibilità meteorologiche sono state esplorate da dei piloti di volo a vela. Ma che cosa ci riserva l'alta montagna ? Che effetto producono gli enormi contrasti di temperatura e pressione atmosferica, così come le barriere rocciose impongono elevandosi, scoscese, a migliaia di metri al di sopra delle pianure ? Quale è l'influenza dei bruschi contrasti tra le rocce e la neve sulla formazione delle termiche ?
Queste sono le questioni che preoccupano noi piloti di volo a vela da diversi anni."
Quindici piloti originari della Svizzera, dell'Austria, della Yugoslavia e della Germania si diedero appuntamento in questa audace competizione. Tra loro, Ernest Udet, Heini Dittmar, Peter Riedel e Ludwig Hoffmann. Erano là i piloti da gara più sperimentati dell'epoca. Durante i primi giorni, dopo una partenza alla fune elastica, evoluivano a 1000 metri sopra il punto di partenza e facevano senza sosta dei lunghi voli planati verso Interlaken, per Thun e Berna. Gli ingombranti alianti smontati, continuavano ad essere trasportati non senza difficoltà da Lauterbrunnen sino alla strada ferrata della Jungfrau, poi sino in alto, a 3500 metri di altitudine, per il tunnel di montagna lungo 11 km.
Lo svizzero Baroni intraprende il primo volo verso sud. Sorvola il ghiacciaio dell'Aletsch ed atterra dopo 37 km a Leuk, nella valle del Rodano. Quindi Dittmar, che dopo essere salito all'interno delle nubi, fila sino al campo di Lucerna, a 61 km dalla partenza. Qualche giorno più tardi, all'austriaco Gumbert è conferita la coppa d'argento grazie ad un volo di quattro ore e 48 minuti nelle correnti ascendenti delle cime vicine, guadagnando 1006 metri di quota. Nello stesso momento Dittmar con il suo Condor attraversa il massiccio della Jungfrau ed atterra alla fine del pomeriggio, nei pressi di Visp, nel Vallese, dopo un tentativo mancato di poco, per sorvolare anche il colle del Sempione.

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Traversata delle Alpi ad est del Zillertaler
Nel cuore dell'imponente massa ghiacciata del Bernina


I più bei voli sono realizzati l'ultimo giorno della competizione. Riedel vola sino a Benau, presso Einsiedeln (88 km), il re della distanza Ludwig Hoffmann sorvola ugualmente il lago di Zurigo ed atterra nei pressi di Wald (108 km) dopo aver realizzato in tutti i casi, il volo più lungo. Il vincitore finale della competizione è Dittmar. Piloti ed alianti senza danni.
Durante i giorni di volo in cui partivano dal colle, al pilota svizzero bene allenato, Hermann Schreiber, riuscì l'attraversata delle Alpi nel senso nord sud. Decollando dal campo di Thun, il 7 settembre, si era fatto trainare a 3650 metri, direttamente di fronte al colle e volò 2 ore e 30 sopra il massiccio. In questa occasione, salì a 4750 metri ed invece di atterrare, dove fu visto più alto, in un campo di neve ghiacciata, si lasciò attirare dal bel tempo. Passò per Breit Horn, Bietsch Horn, Visp, il Sempione, Domodossola, Locarno ed atterrò dopo 5 ore e 47 minuti all'aeroporto di Bellinzona, con il Tessin. La distanza percorsa di 145 km, con 90 km in linea retta.
Con questo volo, Hermann Schreiber sorprese non solo i partecipanti alla competizione, ma l'universo volovelista tutto intero. Nel 1936 una medaglia d'oro ricompensò questa performance eccezionale di un pioniere del volo a vela. Ecco il racconto della prima attraversata aerea delle Alpi in aliante.
Dopo il decollo da Thun, l'aereo trainatore e l'aliante salgono in spirale ad una velocità normale sino allo strato di nubi che poi attraversiamo in un varco sulla verticale di Steffisburg. Sopra la copertura di nubi, l'aria è molto calma. Nella zona di Morgenberg Horn, sento una leggera ascendenza. Mi sgancio davanti al passo e cerco l'ascendenza. Sopra il ghiacciaio Guggi, il "Condor" (Questo è il tipo d'aliante), dopo una breve ricerca, comincia a salire. Prima in un 0.5 m/s, poi di più in più regolarmente sino a 2 m/s. Al traverso, raggiungo la cima del Mönch. Mi precipito nel passaggio tra l'Eiger ed il Mönch, guadagnando senza sosta di quota. Nello stesso tempo la forza del vento contrario è talmente aumentata che devo spingere il condor a 70 km/h. Riesco a rimontare il vento. Sorvolo il colle della Jungfrau lasciandolo leggermente di lato. Sopra il Schwarzmönch, sento la presenza di onda che esploro e che mi permette di raggiungere la quota massima di questo volo. Resto per due ore e 30 davanti al colle della Jungfrau, dove localizzo una ascendenza regolare, senza turbolenza. Frattanto delle termiche hanno incominciato a formarsi nel Vallese. In lontananza al Cervino (Matterhorn) noto una piccola striscia nuvolosa che mi rivela una direzione di vento favorevole e mi da il segnale di partenza. Rimanendo prima delle Alpi di Berna, vado sino a davanti al Breit Horn e riesco a conservare la mia quota. Delle grosse masse nuvolose cariche di acqua si spostano nella Lötschental passando sopra alla Petersgrat. Grazie ai vortici di nubi, posso valutare la direzione del vento nella Lötschental. Concludo che sopra della zona dei vortici a Bietsch Horn ci devono essere delle ascendenze di pendio. Al Breit Horn casco circa 6 m/s. Arrivo all'altro lato della valle un po' sotto il bordo del costone, ma trovo subito una ascendenza, molto vicina alla parete rocciosa. La zona ascendente è molto stretta ed incollata al pendio. A capo di un attimo riesco infine a riprendere quota, e mi metto in rotta in direzione ovest, verso Bietsch Horn. Qui riesco a recuperare la mia quota di prima. Aggiro il Bietsch Horn ed attraverso la valle del Rodano in direzione di Visp. Dopo aver lasciato l'ascendenza del costone del Bietsch Horn, cado in una corrente discendente clamorosa, che tuttavia s'interrompe fortunatamente di netto a metà strada sopra la valle del Rodano, grazie a delle bolle di termiche isolate. Spero di trovare una ascendenza verso i contrafforti del Fletsch Horn ad est di Visp, ma sono deluso nelle mie speranze. Ciononostante delle bolle termiche mi permettono di allungare un po' il mio percorso. Attacco il passo del Sempione a 500 sopra il terreno. Ora sono arrivato ad un punto critico di questo lungo traversone. Se non trovo qui delle correnti ascendenti, sarò obbligato di volare verso il campo di Brig. Scorgo le Hübsch Horn, contrafforte occidentale del monte Leone, che qui a questa ora del giorno è fortemente battuta dal sole ; in collegamento con il vento che generalmente soffia da ovest dal Vallese, penso subito di aspettarmi di trovare una corrente ascendente al Hübsch Horn. Mi avvicino allora il più vicino al pendio roccioso e sento le scosse bene conosciute di quando si entra in una corrente termica. Dopo avere un po' cercato nei paraggi, scopro una bella bolla termica nella quale mi avvolgo in una spirale relativamente larga con un giro in 18 secondi. Presto, circa in un 2,5 m/s, supero il Hübsch Horn. La bolla termica si muove verso sud est e si trova ora sulla faccia posteriore della montagna. Nel momento in cui la termica arriva in cima, l'aria diventa agitata ed una brusca discendenza di 4 m/s fa perdere al Condor la sua stabilità. La quota a cui mi trovo mi permette quindi di dirigermi a grande velocità verso sud est. A Camozel Horn, a nord del passo di Moncera, sfrutto di nuovo durante il corso di un istante una potente termica, che lascio presto raddrizzando la mia spirale. Faccio ora rotta su Domodossola. Qui sarà la parte più sgradevole del volo. Il grosso "Condor" è sballottato in tutti i sensi per le forti raffiche e balla come un guscio di noce sopra dei pendii ripidi e stretti incuneati al sud del Pizzo d'Albana. Qui l'apparecchio cade inesorabilmente a circa 3 m/s. A 2000 metri di quota sorvolo Domodossola. Voglio prima di tutto dirigermi verso sud. La colonna di fumo che si innalza da una fabbrica vicino a Palanzeno mi segnala che qui il vento soffia risalendo la valle. Attraverso la valle d'Ossola effettuando una larga virata , provo di scoprire una termica lungo i pendii della valle ; ma non trovo che una regolare corrente discendente, e scendo circa a 2 m/s. Grazie all'esperienza acquisita nel corso dei miei voli verso Frutigen, so che posso ora aspettarmi di trovare delle ascendenze sui costoni della Centovalli. A poco più di 200 metri al di sopra della linea del pendio, mi dirigo verso nord della valle e penetro in una depressione effettuando una virata. Qui pure c'è uno strato di aria ascendente. Secondo la regola abituale del volo in pendio, descrivo i miei 8, ma sono presto obbligato a constatare che perdo la quota che penosamente ho guadagnato a causa delle incessanti virate all'esterno e, continuando così non salgo che molto lentamente.Da questo lato della valle, il versante è scosceso ed il vento è abbastanza regolare. Adotto ora una nuova tattica e descrivo delle virate più strette negli incavi della montagna. Siccome il vento soffia parallelamente al suo fianco e poi trovandomi ancora al di sopra della cresta, non ho più da temere di chiudere. Mi dispiacerebbe francamente di virare a caso, ed ottengo, così alla fine, i risultati sperati. Mi avvicino sino a 20 metri alla Tannenspitze e posso così, continuando a spiralare, salire in una zona ascendente assai stretta. In capo di un momento sono riuscito a sormontare i primi ostacoli e posso così valutare con una maggiore tranquillità la distanza nelle mie virate.Questa corrente ascendente, proprio contro il versante è certamente legata ad una termica. Ma gli impulsi di aria calda si succedono abbastanza lentamente, con una intensità comparabile a quella di una termica di fine giornata. Riesco in questa maniera a sollevarmi nella depressione della montagna a circa 100 metri sopra la sommità del pendio, infine mi dirigo poi in traversone sino alla prossima vallata e qui provare di guadagnare ancora quota. Seguo allora tutta la linea delle creste in direzione est. Ho individuato. In tutti i casi, un campo di atterraggio a Santa Maria Maggiore, E' dentro uno stretto circo roccioso, a nord di Craveggia, ma trovo infine una eccellente termica. Il sole in effetti riscalda questo circo come un forno. In una ascendenza regolare di 2,5 m/s mi risollevo di nuovo. Qui, sopra il circo incontro tutt'a un tratto due poiane che salgono in spirale contemporaneamente a me e che poi scompaiono all'improvviso. A questa bella quota, sono ora certo di poter riguadagnare il suolo svizzero e di arrivare almeno a Locarno. Costeggio ora le Centovalli ed arrivo al Pizzo di Ruscalda, giusto all'altezza della sua cima. Alcuni turisti che si trovano in quel momento sulla cima sono certamente molto sorpresi di vedere apparire il mio "Condor". Mi lancio verso il costone che domina Orselina. Sopra delle foreste di castagni, mi aspetto una termica serale, ma la sua forza mi delude. Arrivo a fatica a serbare la mia quota spiralando con precauzione, di modo che non mi attardo più sopra Locarno, ma utilizzando ogni metro che mi resta, mi dirigo verso Bellinzona. Mi tengo sempre vicino ai versanti montagnosi, per sfruttare così la benché minima corrente ascendente. Che se ne dica, questa parte del volo è per me molto snervante poiché sono obbligato a guardare costantemente con gli occhi fissi sul numero inverosimile di teleferiche alle quali devo evitare di impigliarmi. Queste famose teleferiche, che sono appena visibili e che niente permette di individuarle, possono essere fatali per un velivolo che costeggia da vicino il pendio. Scendo di più in più e mi metto già alla ricerca di un campo dove atterrare, nel caso non potessi raggiungere Bellinzona, ed un istante dopo intravedo l'hangar ed il campo a 200 metri sotto di me : Con il po' di quota che mi resta, arrivo ancora a planare sino al castello di Schwyz ed anche effettuare cinque spirali sopra delle case della città grazie ad una termica, con una perdita minima di quota. Poi ritorno ed atterro davanti all'hangar...".Di ritorno dalla Svizzera, il comitato tedesco di ricerca per il volo a vela di Darmstad sfrutta queste numerose osservazioni ed esperienze di volo. Peter Riedel va all'essenziale dichiarando che il vero volo alpino comincia in valle e che le stesse quote di rimorchio della pianura sono sufficienti per superare poi le montagne.
A partire da ciò, il comitato tedesco di ricerca per il volo a vela si trasferisce e istalla la sua base nel 1936 dal 10 al 15 agosto a Prien, al bordo del Chiemsee, Dei volovelisti dell'akafliegs di Berlino, Monaco e Darmstad si ritrovano con Heini Dittmar in Alta Baviera, sotto la direzione del professor Georgii. Ai primi voli di ricognizione effettuati nelle montagne vicine al bordo alpino succedettero presto due voli nelle Alte Alpi. Tre piloti, Ziegler, Osann e Müller, atterrarono nel Zillertaler. Il 19 agosto, Dittmar si fece rimorchiare a 500 metri e raggiunse in termica gli Alti Tauri. A 3600 metri, sorvola la muraglia montagnosa ed atterra dall'altro lato della cresta, a Villabassa, nella Pusteria. Questo audace volo segna il punto di partenza dei grandi voli di distanza attraverso le Alpi, a partire da una quota di partenza poco elevata.
Nel 1937, il mondo intero rizza le orecchie apprendendo che non meno di sei volovelisti tedeschi sono riusciti ad effettuare la traversata completa delle Alpi orientali. Trenta piloti di sei nazioni differenti si erano ritrovati in occasione della riunione della Commissione Internazionale di studi di volo senza motore durante l'ultima settimana di maggio, sull'aeroporto di Salzburg. Dopo numerosi voli effettuati lontano all'interno delle Alpi di Salzburg e di Steyr, cinque piloti giunsero, il 30 maggio sino al confine sud delle Dolomiti, nella pianura Adriatica. Un aliante atterrò a Lienz, a sud del Grossglockner. Ecco i nomi di quelli che realizzarono questi voli, e le traiettorie che percorsero in questo giorno memorabile di volo a vela alpino : Karsch e Klein coprirono la più grande distanza con il loro biposto Mü-10, avvicinandosi a Farra d'Alpago, a sud di Belluno (cioè 195 km) ; Karcht con il suo "Rheinland" fece 175 km sino ad Osoppo, a nord di Udine ; Hanna Reitsch, Ziegler e Ruthardt si posarono a Pieve di Cadore (cioè 160 km) infine Heini Dittmar raggiunse l'obbiettivo che si era prefissato : L'aeroporto di Lienz ai bordi della Drave. L'indomani, c'era stato anche il volo di Osann, a bordo del suo "Windspiel" guadagnando Udine (180 km). Hanna Reitsch ha descritto questo volo in maniera accattivante nel suo libro intitolato "Volare, la mia vita". Ecco qualche estratto del suo racconto :
"Si era nel maggio 1937. A Salisburgo si era insediata la commissione internazionale di studi del volo senza motore (ISTUS), sotto la presidenza del professor Georgii, Nel medesimo tempo aveva luogo un incontro internazionale di volovelisti. Dovevamo realizzare dei voli a meta prefissata, dei voli di distanza libera ed altri di quota, in una gara, e questo, se umanamente possibile, penetrando nelle Alte Alpi. Eravamo muniti di viveri, razzi di segnalazione, di sirene e soprattutto di ciò che poteva servire alla sopravvivenza in caso di atterraggio forzato in alta montagna.
La competizione cominciò con le migliori condizioni meteorologiche possibili. Il cielo era di un blu profondo, il sole brillava già presto al mattino e scaldava i versanti e le pareti rocciose scoscese dei contrafforti. Sopra le cime e le creste più elevate, delle piccole nuvole bianche e rotonde cominciavano a formarsi lentamente partendo da un leggero velo, testimoniando la presenza di correnti ascendenti. Non c'era una bava di vento, l'ideale dunque per tentare una avanzata nel cuore di questo universo di montagne.
Ogni partecipante doveva sganciarsi a 500 metri sopra l'aeroporto di Salisburgo. Verso le dieci del mattino, era il mio turno per partire. Subito dopo essermi sganciata, mi sono diretta verso la parte orientale dell'Untersberg, che aveva dovuto immagazzinare il massimo del calore solare. Non trovai all'inizio nessuna corrente ascensionale. Non perdevo di vista il campo che si trovava lateralmente dietro me e volai, in modo di poter in ogni momento raggiungerlo in volo planato nel caso che non avessi trovato nessuna corrente ascensionale.
Allorquando fui sul punto di dover fare un dietro front all'Untersberg, lo "Sperber" cominciò a vibrare. Il variometro salì - appena sopra lo zero - e si fermò tra 10 e 20 centimetri al secondo. Virai con attenzione, con lo scopo di non perdere questa flebile zona d'ascendenza. Ebbi fortuna, salii di più in più, da prima a 0,5 m/s, poi ad 1 m. Un cumulo si formò sopra di me, ingrossandosi molto rapidamente a vista d'occhio, sembrando che mi attirasse. Spiralai con ostinazione e salii, salii sino ad aver raggiunto la parte inferiore di questa nube a circa 2000 m. di quota. Ora l'Untersberg si stendeva sotto di me. Ero l'unica in aria con lo "Sperber". I miei altri colleghi, che avevano decollato con me, erano ritornati verso l'aeroporto dove erano riatterrati. Era ancora troppo presto, le correnti ascendenti erano deboli ed isolate. Non avevo altro obiettivo per la giornata che di prendere contatto con le montagne ed avere una visione d'insieme, giacché il loro aspetto era per me, viste dall'alto, completamente nuovo. E' totalmente differente da quello che all'alpinista si rivela, perché il paesaggio resta per lui un intasamento di cime le une dentro le altre. Per l'occhio del pilota invece, le montagne sono in perpetuo movimento, sembrano aprirsi e fermarsi, salutare e minacciare. Per quelli che volano, cambiano costantemente di luogo, ora illuminate, ora immerse nell'ombra.
Adesso, alla mia quota, arrivo a spingere il mio sguardo parecchio lontano nell'universo delle montagne. In lontananza, brillano sotto le nevi eterne il Grossglockner ed il Grossvenediger. Sopra di me, il vapore si solleva dalle valli. Le foschie salgono all'assalto dei versanti boscosi. Davanti a me, a sud, scintilla il Watzmann coperto di neve, di una bellezza maestosa, ed al suo est, emergente da veli di nebbia che si dissipano, brilla il Königssee. Osservo la formazione di una grande nuvola sopra il Watzmann, che mi attira. Posso raggiungere la zona di ascendenze che si trova là disopra ? Costeggio il Lattengebirge mettendomi in rotta per quella direzione ; ma non appena lascio la cresta della montagna, precipito in una discendenza. Mi fa cadere a 4, 5, 6 m/s. Sento assalirmi da una inquietudine che mi spinge a zigzagare a destra e sinistra, per scappare da questa zona di corrente discendente. Ma per il momento non c'è che una cosa da fare : raggiungere in linea retta la prossima montagna.Ho rapidamente perduto la mia quota altera. Sono già a meno di 1000 metri. I boschi, i villaggi, il Königssee si ingrossa di più in più e si avvicina a me. Dove vado a posare il mio "Junior", se non riesco a liberarmi di questa corrente discendente ? E' necessario in questo momento non perdere il mio sangue freddo. Sono già arrivata ai piedi del Watzmann, alla quota dell'estremità della foresta. Le cime degli alberi sono proprio sotto di me. Devo interrompere il volo e provare a posare lo "Sperber Junior" su di un prato ? Un secondo per decidermi ! E' allora che mi sento improvvisamente sollevare. Da prima dolcemente, poi di più in più forte e di più veloce, il variometro sale ad un metro, poi a 2, poi a 3 m/s. Spiralo in virata stretta molto vicino al costone, esattamente come se dovessi sfiorare gli alberi con le estremità delle ali. Siamo salvi. Sembra che tanto il mio aliante ed io proviamo la stessa gioia. Giro sempre nella stessa colonna ascendente, il cui il diametro si allarga man mano che la quota aumenta, così da poter spiralare meno inclinata. Il mio "Sperber Junior" traccia il suo sentiero di fianco alla vetta del Watzmann.

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Sotto il Bietschhorn
Sopra le pareti scoscese del Gosaugerge


Ora sono al livello della cima, continuo a spiralare : la base del cumulo si estende lungo la sua cresta, 2750 m.,2800 m., 2900 m., 3000m., attraverso le prime filappere,. Ma l'ascendenza è debole. La nuvola non mi tira più a se. Ho il tempo di lanciare uno sguardo dietro a me. Sotto risplende e scintilla il Watzmann coperto di neve. Potrei facilmente raggiungere in linea retta, verso nord, l'aeroporto di Salisburgo, anche se non è più in vista. Ma non voglio pensare al ritorno. Il mondo dei ghiacciai mi attira e sembra chiamarmi. Se provassi a spingermi sino a loro ? A metà strada si erge ancora un ostacolo : La catena scoscesa della Steinernes Meer. Ma sono già in rotta per là. Ho appena lasciato il Watzmann, che mi metto a cadere da 4 a 5 m/s. Le correnti discendenti non demordono. Ogni secondo diviene sempre più opprimente. La fortuna straordinaria che ho avuto di riguadagnare la mia precedente quota è come spazzata in un baleno. Dopo poco, la cresta della Steinernes Meer domina, me ed il mio aliante, ed in ogni istante, siccome non mi fermo di scendere, si ingrandisce davanti a me, sempre più scoscesa, sempre più minacciante. Ora sono completamente accerchiata dalle montagne ed un senso di paura aumenta in me. Che impressione terribile, vedere le pareti montagnose senza tregua ingrandirsi davanti a te ! Sotto non vedo alcuna possibilità di posare l'aliante senza danni ! L'ombra beffarda del mio "Sperber Junior" si disegna già sul terreno roccioso che sfila sotto di me. La paura mi serra la gola. All'improvviso scorgo, ad una trentina di metri appena, due gracchie che spiralano vicino alla parete della montagna. Mi avvicino il più possibile a loro, Così vicino che credo fortemente di graffiare le rocce con le mie ali. E' allora che mi sento sollevare. Molto prudentemente, inizio una spirale, aspettandomi in ogni istante di dover far fare al mio "Sperber" un immelmann, nel caso che una forte raffica di vento mi chiudesse troppo vicino alla parete. Non tralascio di guardare le gracchie. Salgono velocemente, sono già sopra di me, ma per loro è più facile. Mi piazzo nella loro scia, come farei con un altro pilota. E' là, o qui dove i corrugamenti rocciosi s'orientano più verticalmente, che sembrano guadagnare di quota più rapidamente. Io le seguo in spirale. Dopo una faticosa mezz'ora, sorvolo a 2670 metri di quota la cima scintillante di neve della Steinernes Meer. Ho perso di vista i miei due amici, ma ora, c'è uno spettacolo straordinario che si offre al mio sguardo. I Hohe Tauern, le Zillertaler. Le Alpi dell'Ötztaler, cime contro cime, infilate sotto la neve ed il ghiaccio. Le strutture silenziose di roccia e neve ghiacciata si erigono alte e possenti. Sotto a me, si stende la valle della Salzach, verso sud. Lì vicino, brilla il Grossglockner, fiero e maestoso.
Sopra alla Steinernes Meer, salto da un cumulo all'altro, per sfruttare la parte migliore delle correnti ascendenti. Sul Hochköning, un cumulo mi porta a 3500 metri di quota. Questo dunque che avevo osato appena sognare sta per realizzarsi. Mi dirigo allora verso le Hohe Tauern. Il lago di Zell brilla molto lontano su di me , minuscolo. Sorvolo in attraversamento il Pinzgau. Un piccola strada di nubi mi aiuta a riguadagnare la quota che avevo perso. La lascio nei pressi dei 4000 metri di quota.
Avevo dimenticato il concorso e l'obiettivo da raggiungere, anche che per l'emozione, non avevo notato che con i miei pantaloni di lino e senza guanti, in questo freddo glaciale, ero veramente congelata. Quando sono uscita dal mio sogno, mi sono accorta che battevo i denti, a causa del freddo, e che i miei piedi e le mani erano talmente doloranti che riuscivo malamente a servirmi della barra e della pedaliera. Non avevo previsto questo nuovo pericolo che incombeva. Ma il più difficile era stato fatto, ora non avevo più il diritto d'abbandonare a causa del freddo. Dovevo pensare allo scopo della gara e così diressi il mio aliante verso sud, qui dove le punte e le creste frastagliate delle Dolomiti si innalzavano verso di me. Le mie mani erano completamente irrigidite dal freddo. Non potevo muovere la barra che con il palmo. Il dolore delle membra si mostrava insopportabile. Ma tenevo duro. Non potevo più afferrare la carta con le mie mani intorpidite. Comunque non mi sarebbe ugualmente servita, dato che finiva a sud del Grossglockner, non avevo previsto, che sarei arrivata a spingermi così lontano, e questo durante la prima prova.
Viste dalla mia quota, le Dolomiti producevano un effetto tremendo ; completamente come se volessero infilzarmi. Lo stesso le correnti ascendenti al di sopra di esse, erano difficilmente sfruttabili a causa della loro strettezza. A sud ovest in rapporto alla mia posizione, verso la Marmolada, brillavano dei ghiacciai blu verdi. A causa del freddo mordente, riuscivo appena ad approfittare della bellezza del paesaggio. Alla mia sinistra, uno strato di nubi arrivando da sud est ed avanzando rapidamente si stendeva sempre più, minacciando di coprirmi il sole. Davanti a me si apriva la valle del Piave. Ora costeggiavo in traversone il letto sabbioso e pietroso del Piave. A destra ed a sinistra, si stendevano numerosi campi bordati di ulivi. Non deve essere gradevole atterrare qui. Intanto perdo molto velocemente quota. Lo strato di nubi si è rapidamente sviluppato e trasformato in un muro di pioggia, che mi sbarra il passaggio verso sud. Non ho la più pallida idea della località in cui mi trovo. Delle gocce di pioggia martellano già le mie ali. La valle diventa di più in più stretta. Non ho molta voglia di atterrare nel letto del fiume. Faccio un dietro front e provo di raggiungere l'ultima località che avevo sorvolato. Si tratta di Pieve di Cadore. Ma allora lo ignoravo . Ho visto con mia grande sorpresa, che non c'erano dei prati per atterrare. In questo luogo scorsi una caserma, con un cortile attorniato da costruzioni su tre lati e sul lato aperto dava su di un campo di calcio. Là doveva bastare per atterrare ! Anche se una fila pioppi che contornava il campo poteva essere un ostacolo per il mio atterraggio. Dovevo passare sopra in corto finale. Proprio nel momento in cui mi trovai davanti a loro, fui presa da una raffica discendente e proiettata verso terra. Ero già più bassa delle cime degli alberi. L'aliante sembrava perduto. Subito dovetti pensare alla mia incolumità. Discesi molto velocemente molto vicino al suolo, per passare a tutta andatura tra due alberi. Speravo che le ali si strappassero e che la fusoliera potesse scivolare a terra con me all'interno. Eppure, proprio davanti agli alberi sentii un refolo ascendente, Utilizzai contemporaneamente il mio eccesso di velocità e feci risalire il mio aliante, quasi in verticale alla velocità del lampo. Sfiorò leggermente la cima degli alberi, ne ricadde giusto dietro e rimbalzò assai brutalmente, ma intatto sul suolo. Credo che restai molto tempo seduta dentro il mio aliante, rendendo solamente grazie a Dio nel silenzio. Il brusio delle voci dei soldati Italiani che erano accorsi mi fecero uscire dal mio torpore. Intirizzita dal freddo, ero incapace di pronunciare una parola, né nello stesso tempo di scendere da sola dall'aliante. Gli italiani mi tirarono fuori. Quanto al mio aliante, lo portarono in un gioioso trionfo sulle loro spalle, sino davanti alla caserma". L'anno successivo, nel 1938, il congresso dell'ISTUB si tenne a Berlino. Sul campo di Belpmoos, dal 23 al 29 maggio, si ritrovarono i volovelisti di numerosi paesi, al fine di proseguire l'esplorazione del volo alpino. Eppure le alte montagne situate all'ovest rendevano difficile la penetrazione nelle valli delle Alpi interne , favorevoli al volo. Così la maggior parte dei percorsi si facevano sul bordo delle Prealpi. Solo l'equipaggio Karch/Klein, una volta ancora a bordo del biposto Mü-10, riuscirono a muoversi sopra i massicci più elevati. Sorvolarono il lago di Thun e l'Haslital verso il colle di Grimsel attraverso il Rodano superiore, in seguito il passo di Gries penetrando nella stretta Val Formazza ed atterrando a Pallanza, sulle rive del lago Maggiore. La distanza percorsa di 175 km, di cui 156 in linea retta. Heini Dittmar partì dall'Oberalp raggiunse Chur dopo aver percorso 155 km.
Nel 1939, la DFS inizia a studiare sistematicamente l'onda del Föhn alpino ed i suoi fenomeni ascendenti, partendo dagli aeroporti bavaresi. Il fondatore della meteorologia per il volo a vela, il professor Walter Georgii, corona l'opera della sua vita con questo lungo lavoro. Dopo numerosi voli sopra le Alpi del Tirolo e del Salzbourg, voli di misura e di rimorchi in quota con un aliante equipaggiato con apparecchiature scientifiche, di una cabina pressurizzata e di ossigeno, è Erich Klöckner che realizza una salita storica sopra gli Hohe Tauern con l'onda del Föhn, a 11.460 m., l'11 ottobre 1941. Raggiungendo il limite della stratosfera.
Nel 1943, i volovelisti svizzeri svilupparono il volo alpino di performance partendo dal campo di Samedan, nell'alta Engadina, regione particolarmente favorevole. Quell'anno il campionato nazionale si svolse per la prima volta su di un campo di alta montagna, anche se dei voli alpini erano già stati effettuati partendo da Flims, Arosa, Davos e Montana.
Nel 1946, i giovani svizzeri Maurer e Schachenmann realizzarono dei voli di lunga distanza, sopra le alte Alpi occidentali, dopo avere decollato successivamente da Berna, Lermatt, Samedan e Locarno. E' da questi aeroporti che Sigbert Maurer decollò il 21 aprile sorvolando tutte le Alpi, per la prima volta nel senso sud nord. Attraverso la Svizzera, sino a Mythen passando sopra al Gottardo e posandosi, dopo 5 ore di volo, sull'aeroporto di Basilea, Birsfelden.Durante il primo campionato nazionale, dopo la fine della guerra, dal 19 al 31 luglio 1948, a Samedan, si notano per la prima volta dei tragitti più lunghi, con delle prove di velocità e di distanza a meta prefissata nelle alte Alpi. 8 paesi europei inviarono i loro 28 campioni alla grande festa del volo a vela, al Bernina. Maurer stabilì un record del mondo chiudendo un triangolo di 100 km a 70 km/h. Il 26 luglio, lo svedese Axel Persson migliorò infine numerose performance di distanza e velocità con un notevole volo a meta prefissata di 293 km sino a Ginevra, ed è proclamato vincitore. E' questa la più lunga distanza riuscita lungo le Alpi nel corso di quegli anni, ed è stato un volovelista tanto esperto quanto riflessivo a realizzarlo, e che poi di nuovo venne proclamato vice campione del mondo in classe standard, 20 anni più tardi, ai campionati del mondo del 1968, a Leszno. Ecco l'impressionante racconto del suo volo :"Decollai con il mio Weihe verso le 10 e 20 circa. All'inizio ebbi qualche difficoltà a guadagnare la quota necessaria per abbandonare l'Engadina. E' solo sopra al Piz Ot che trovai una nuvola propizia con cui riuscii a salire a 4000 m. di quota. Verso le 12 e 30, raggiunsi il gruppo delle cime del Piz d'Err dopo aver lasciato la mia nube al suo punto culminante mettendo la prua all'ovest. Ma fui presto costretto indirizzarmi a nord ovest, per uno strato di nubi compatte formatesi ad ovest, proprio sopra le cime. Volai di nuovo verso la valle di Hinterrhein conservando la visibilità sul suolo. Disopra la parte superiore della valle, verso Bärenhorn, fui attirato da un superbo cumulo, molto promettente. Effettivamente, arrivai sufficientemente presto alla sua base e salii per la prima volta a 5000 m. di quota. Mettendo la prua a nord tutto costantemente in discendenza. Lasciai alle spalle la mia nube, ed a 2800 m. di quota scrutai disperatamente l'orrizzonte per trovare l'ascendenza successiva. Sopra il Piz Sezner, penetrai in una potente strada di nubi, dopo essermi assicurato che nessuna cima vi si nascondesse. Qui salii quindi magnificamente a 12 m/s. a 5000 m. di quota, mi misi la maschera dell'ossigeno, ed a 5700 m., abbandonai l'ascendenza per dirigermi verso Oberalp-Furka. Sopra la regione dove il Rodano nasce. Incontrai i due svizzeri Maurer e Kuhn, che affiancai sino a Fiesch, Qui decisi di rivolare in nube, poiché perdevo costantemente e indubitabilmente quota. Salii di nuovo a 4800 m. e potei proseguire il mio volo lungo il versante sud delle Alpi bernesi. Una possibilità insperata mi si offrì sopra al Six Noir, ero intanto sceso a 3100 m. dove un cumulo era in procinto di formarsi. Cominciai a salire nella nube ma a 4000 m. l'aliante si ricoperse di una pellicola di ghiaccio, che si ispessiva rapidamente sino a 2 o 3 cm alle estremità alari. La cappottina era ugualmente coperta da uno strato di ghiaccio e non avevo più visibilità se non attraverso i finestrini laterali. A 5300 m. raggiunsi la sommità della nube e rimisi la prua verso ovest. A causa dello strato di ghiaccio e dell'aumento indesiderato di peso, perdevo rapidamente di quota, poiché il ghiaccio non si fuse sino a circa la quota di 3500. Comunque arrivai a 2900 m. nella regione di St-Maurice, e qui decisi di proseguire il mio volo sopra le Alpi della Savoia, poiché la situazione là mi sembrava favorevole. Guadagnai una buona quota sopra la punta della Grange ed avanzai assai facilmente sino alla riva francese del lago Lemano. Le condizioni ascendenti erano così buone che raggiunsi Ginevra, la città del Rodano, ad una quota di 3000 m.. La domanda seguente che mi si pose dunque : devo continuare il volo o tranquillamente atterrare sull'aeroporto che rappresentava il mio obiettivo ? Per le regole di gara, se fossi atterrato a Ginevra, significava un abbuono di punti del 30%. Per ottenerne altrettanti in un semplice volo di distanza, avrei dovuto percorrere 90 km in più. Ma un recupero per strada da Ginevra a Samedan rappresentava in tutti i modi sufficienti difficoltà per la mia squadra di recupero, e siccome il ritorno nell'Engadina poteva eventualmente essere più lungo di quanto sperato, rischiavo di mancare ad alcune delle prove seguenti. Decisi quindi di atterrare.""A partire dagli anni 50, dei giovani piloti fecero parlare di loro con delle nuove performance di distanza. Sono stati i primi a superare le distanze classiche dei 300 e dei 500 km, performance necessarie per ottenere le più alte insegne sportive della FAI. Hans Resch, riuscì, da Zell-am-see, in alta montagna, a fare i primi voli validi per le prove dei diamanti a bordo del suo L. Spatz. Con i suoi compatrioti Siegfrid Kier, Harro Wödl e Johann Fritz, inaugurò tra il 1955 ed il 1965 una nuova scala di valori dei voli di distanza nelle Alpi. In particolare il pilota di Innsbruck, Kier, che acquisì una larga conoscenza della meteorologia durante i suoi voli di esplorazione sopra le Alpi centrali ed occidentali. Divenne il maestro del triangolo alpino.Appena gli alleati restituirono al volo a vela la sua libertà, Ludwig Karch, che aveva già esperienza di montagna, riprese la sua attività con i suoi amici piloti di Monaco, partendo dagli aeroporti di Prien ai bordi del Chiemsee e dell'Unterwössen. Nel 1955, organizza la prima settimana di volo alpino e realizza in questo anno e l'anno successivo numerosi voli di distanza a bordo del suo biposto Mü-10 nelle Alpi di Salisburgo e sino alle Hohe Tauern. Nel 1957, il 30 giugno ed il 7 luglio, riuscì in altre due traversate delle Alpi in biposto, da Prien a Maniago ed Udine (sono 210 km.), nella pianura veneta. Nel 1958, numerosi piloti sotto le sue ali, si prepararono per il primo volo in aliante di distanza alpina. Karch, con un passeggero, collegò Samedan nell'alta Engadina a Zell-am-see (Blaues Band), e stabilì il record della Germania. Il giovane Kunz realizzò il 24 maggio un volo a meta prefissata, da Samedan ad Aigen nella valle dell'Enns, più di 340 km. Il 1959 costituì in seguito la seconda tappa del volo di distanza nelle Alpi. Per la prima volta Karch portò un gruppo di giovani piloti con diversi alianti sulle grandi distanze nelle Alpi. Nel suo volo a meta prefissata Prien - Samedan (250 km), quattro alianti lo seguirono, poi due solamente da là a Sion (nel Vallese) e di nuovo tre, più lontano, verso Bad-Ragaz. Nel corso della terza settimana di volo a vela di distanza nelle Alpi nel 1960, "lo squadrone Karch" (costituito da 5 alianti) collegò Samedan a Bolzano nel sud Tirolo, intraprendendo là numerosi voli di esplorazione nelle vicine Dolomiti. Karch fece il racconto dettagliato di queste imprese altamente sportive dove un franco cameratismo regnava tra i volovelisti. Vediamo come il volo a vela si svolgeva nel 1959 :"I voli di distanza cominciarono a Prien nel 1958, dove la situazione meteorologica ci costrinse a muoverci per strada, prima sino a Bolzano passando per Achse, con lo scopo di approfittare del bel tempo che regnava là.. Percorremmo poi nello stesso modo la seconda tappa in direzione di Samedan. Infine i voli cominciarono : a partire da Samedan andando nello stesso giorno in diverse direzioni, verso Innsbruck, Zell-am-see ed Aigen. Il giorno dopo, poi tornammo tutti a Prien in volo.Questo successo ci rinfrancò nella nostra determinazione di esplorare anche nel 1959 dei nuovi percorsi nelle Alpi. Cominciammo i preparativi assai presto. Malgrado questo, ci provocarono parecchio lavoro, infatti il telex ed il telefono non si fermarono mai un istante sino a quando i due Do 27 che ancora questa volta il BMVTG mise a nostra disposizione, non arrivarono a Prien con i loro 2 piloti, Horten e Wernicke.
Questa volta c'erano 6 alianti : un Mü-10, un Mü-22, un Mü-13d, uno Spatz dell'Akaflieg di Monaco, il D 34 dell'Akaflieg di Darmstadt ed il Zugvogel della D.F.S..

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Ad ovest del doppia cima del Glockner
Nel Valais la scoscesa Val d'Hérens


Il 17 maggio, un sabato, noi ci mettemmo in moto, pronti ad effettuare dei voli nella regione di Prien per esercitarci un po' ai collegamenti radio tra tanti alianti, e soprattutto per allenarci a volare insieme nelle strette ascendenze di montagna.
Il giorno seguente, che ci portò un flebile vento da est, avemmo l'occasione di sorvolare il paese. Questa volta avevamo fissato obiettivi molto lontani per il nostro volo : Volevamo recarci nella valle del Rodano sino a Sion e ritornare. Originariamente il tragitto doveva portare a Sion passando sopra Innsbruck, Samedan e Locarno, e ritornare da là risorvolando Innsbruck. Ma il nostro Do-17 non aveva dall'Austria che l'autorizzazione di sorvolare e non di atterrare, dovemmo quindi pertanto il più possibile evitare un atterraggio in territorio austriaco.
La prima tappa è stata di conseguenza Prien - Samedan, Innsbruck poteva servire in caso di necessità da punto intermedio di atterraggio per i nostri alianti. I decolli cominciarono alle 9. Subito tutti ci ritrovammo lungo la parete del Kampen. Cominciai a radunare il mio gregge. Walter Kung pilotava il Mü-22 e fungeva da esploratore. Aveva decollato per primo e si annunciò al Kaisergebirge, che logicamente a quell'ora era ancora sgombro da nubi. La partenza sino al Kaisergebirge era difficile, le termiche ancora flebili e strette, la base delle nubi non era che a 2200 m., niente che valesse per il veloce D 34, che scendeva verso Unterwössen. Tutti gli altri alianti arrivando al Kaiser trovarono i punti che sono così familiari al colle di Stripsen, le "termiche di servizio", che si elevavano a 2400 m. sino al plafond.
La Wilde Kaiser si ergeva come un muro davanti a noi, a sud. Aggirare questa muraglia di 10 km. di lunghezza, rappresentava una troppo grande perdita di tempo, mentre noi ci trovavamo circa a metà. Così passai attraverso la stretta breccia dell'Ellmauer Törls. Lo Spatz che volava in testa a sud annunciò "la termica" del Guadeamus, di 3 m/s. Il Mü-13 con a bordo Dieter Seyffer mi seguiva, quanto allo Zugvogel, era troppo basso ed aggirò il Kaiser ad est. Alla termica di Gaudeamus, salii al plafond e mi lanciai all'inseguimento dello Spatz che frattanto era avanzato sino all'Hohe Salve e mi aspettava là.
Durante questo tempo, io potevo riflettere al seguito del volo. Kurz si annunciò con il suo Mü-22 a Rofan, a nord della valle dell'Inn, dove era arrivato volando in nube ad una quota di 3000 m.. Là le termiche sembravano perfette vista la forma delle nubi, mentre parevano parecchio flebili a sud della valle dell'Inn, nelle Alpi di Kitzbühl. Attraversai la valle.
Mi decisi quindi, malgrado le difficoltà che potevano implicare la traversata di una larga valle quando il plafond è basso, e volai verso nord, fissando per radio come punto di incontro Il Pendling. Lo Spatz si mise ugualmente in rotta per quella direzione. Il Mü-13 seguiva, e veniva direttamente dallo stesso Kaiser, anche lo Zugvogel dopo aver ripreso quota alla termica di Gaudeamus. Frattanto. Il D 34 si era di nuovo fatto trainare in aria ad Unterwössen, facendo io venire direttamente il trainatore a Pendling per non perdere troppo tempo attendendolo.
Tutto marciava come da copione, tutti arrivammo sul pendio di Pendling dove si trovò un'ascendenza di circa 1 m/s. Arrivati al plafond, mi misi subito in rotta per sud ovest e costeggiai con una linea retta il massiccio del Pendling sino a Kienberg. Gli altri quattro seguivano a poca distanza. A Kienberg feci l'appello : c'eravamo tutti e continuammo, volando la maggior parte del tempo in linea retta, sino a Rofan. Al colle d'Ebner, trovai ancora un'ascendenza da 3 a 4 m/s. Salii al plafond che era di 3000 m., mentre gli altri serravano i ranghi. Senza troppe deviazioni, pressoché in linea retta, noi sorvolammo i contrafforti del Karwendelgebirge, il colle di Stanser, la Hochnirsl Spitze, sino al Grossen Bettelwurfspitze. Innsbruck emergeva allora dalla bruma della valle dell'Inn. Nel frattempo, Kunz era arrivato alla catena del Mieming con una visibilità nulla ad una quota di 3800 m. e segnalava una buona ascendenza e delle condizioni favorevoli in una zona visibile verso ovest. Inutile domandarci se noi volevamo continuare il volo sino a Samedan, poiché era solamente passato mezzogiorno.
A partire dalla Bettelwurfspitze, il tragitto costeggiava un po' più ad ovest la catena a nord di Innsbruck. Segnalai per radio all'aeroporto di Innsbruck il passaggio dei 6 alianti in direzione di Samedan e li pregai di informare le nostre squadre di recupero che noi proseguivamo nel nostro volo. L'aeroporto di Innsbruck si stendeva sotto di noi.
Tra le nubi scorsi all'improvviso un aliante che non era uno dei nostri. Era un Weihe austriaco, partito da Zell-am-See in direzione di Innsbruck durante i campionati nazionali austriaci. Avvertii i miei amici della presenza di altri alianti nelle nubi e ci disimpegnammo rapidamente verso ovest. Il plafond si abbassava un po' e dovemmo in quel punto attraversare le nubi. La radio si rivelò inutile perché noi conoscevamo in ogni momento le posizioni, la quota e la direzione del volo degli uni rispetto gli altri. Attraversammo con una perdita di quota insignificante il grande varco di Seefeld tra la catena nord e la catena del Miemingen, dove le termiche ci accolsero di nuovo al livello dell'Hohe Munde. Raggiungemmo in un attimo, l'estremità occidentale della catena del Mieming a Wanneck.
Mentre sino a quel momento c'era stato vento da est, che ci era in favore, ho dovuto poi dedurre dopo aver osservato, che ora soffiava un sud. Mi è sembrato poco indicato proseguire il volo nelle Alpi Lechtaler, poiché avremmo dovuto attraversare la larga valle di Stanzer situata tra le Alpi Lechtaler ed il massiccio di Samnau con un vento contrario. Frattanto Kunz si annunciò di fianco al Pfunds e parlò di rovesci, di cielo coperto e di termiche deboli. Giudicai quindi preferibile di scegliere la strada che conoscevo, che passa sopra il Tschirgant e Venetberg, lungo la valle dell'Inn. In attesa dell'arrivo del Mü-13 e del DR 34, lo Spatz era partito verso le Heiterwand nelle Lechtalern, passando sopra il Fernpass ; durante questo tempo, lo Zugvogel guadagnava il Tschirgant. Con il Mü-13 ed il DR 34 pure partiti e lo Spatz ci riunimmo attraversando la valle. Subito raggiungemmo il plafond a 3000 m. e partii verso Venetberg, allargando molto verso sud per vedere quali fossero le condizioni a sud della valle. Siccome sembravano veramente brutte a causa di cadute di neve, indirizzai gli altri direttamente a Venetberg. Ci ricongiungemmo uno vicino all'altro là e trovammo la più forte ascendenza della giornata, un circa 8 m/s, che ci aspirò nostro malgrado dentro la nube. A 3600 m., ritrovai la visibilità e sorvolai il massiccio di Somnau senza sapere di esserci.
Quanto a Kunz, nessuna notizia, non rispondeva più.
Durante questo tempo, ero arrivato con lo Zugvogel, senza esseri visti, a Pfunds. Al colle di Kreuz, lo Zugvogel segnalò una ascendenza. Ma non trovai niente e proseguii il mio volo sopra il Finstermünz sino a Nauders.
A sud si estendeva il colle di Reschen, con i suoi due laghi. Riflettei proseguendo il volo. Le nubi non mi dicevano niente che valesse particolarmente, né a nord né a sud, dei rovesci sussistevano lontani in fondo della valle in cui le possibilità di atterraggio erano più che cattive. Avevamo ora a che fare con la parte più difficile del volo.Costeggiando il versante occidentale del Reschenpass Sion all'Offenpass e seguendo la frontiera svizzera sarebbe stato possibile in se, ma il plafond non era abbastanza alto per permettere il sorvolo delle cime. Non volevo uscire più di tanto dalla valle dell'Inn perché gli altri essendo ancora indietro, i collegamenti radio sarebbero stati impediti a causa dell'ostacolo alto 3000 che ci avrebbe separato. Mi diressi quindi verso il sud della valle del Piz Schalambert sino a Schuls, senza trovare da nessuna parte una ascendenza da sfruttare. Come lo Zugvogel riuscì a mantenere la quota a nord, attraversai la valle vicino a Schuls e continuai a costeggiare il versante meridionale di nord, ma qui all'inizio, non trovai più niente. Presto divenne urgente riprendere quota. Lo stesso per il Mü-13 e lo Spatz, che avevano dei problemi a proseguire seppur lentamente la loro strada.
Riposi tutte le mie speranze nel vento che soffiava dal colle di Maloja verso nord est sino a Zernez, e che da qui, è certamente deviato verso nord, in direzione di Susch. Qui, la valle si estende di nuovo piegando a destra verso est in tal modo che l'angolo situato vicino a Susch doveva a colpo sicuro dare delle ascendenze.
Arrivai sopra di Susch a 300 m. di quota e mi diressi verso un pendio il cui orientamento era sicuramente favorevole. Ci fu una scossa, inclinai il "Milan" e lanciai uno sguardo sul variometro : 3 m/s positivo ! Indicai subito questo punto al Mü-13. Al D 34 ed allo Spatz.
Presto , mi ritrovai al plafond. A partire da questo punto, il volo ai miei occhi non rappresentava più alcun problema.
Frattanto, lo Zugvogel aveva preso ad avanzare poiché aveva potuto oltrepassare sufficientemente in maniera agevole il punto difficile ed aveva in vista Samedan. Durante questo tempo ero arrivato al P. Arpiglias, a nord di Zernez. I suoi 3000 m. non mi impressionarono più di tanto, poiché la valle si stendeva a 1700 m di quota. Non c'erano che 25 km da Zernez a Samedan, ma il vento contrario poteva soffiare sino a 40 km/h e questa quota non sarebbe più bastata per un arrivo in diretta.
Volai quindi nella scia dello Zugvogel, che era già arrivato sopra Samedan. Durante il mio percorso, sentii all'improvviso una conversazione tra il Mü-13 ed il Mü-22. Che era riapparso al Piz Nuna e Kunz aveva quindi ristabilito il contatto radio interrotto.
Era già arrivato a Zernez, non ci aveva più sentiti da quando noi eravamo nei paraggi di Finstermünz, ed era ritornato sui suoi passi per venirci in aiuto. Era stato lui stesso sul punto di "infognarsi" ed era stato felice di capitare poi sulla termica di servizio, al traverso di Susch. Ora il Mü-22 ed il Mü-13 si trovavano nei pressi di Zernez, lo Spatz li precedeva di un po' così come il D 34. Mentre i tre alianti di Monaco riuscivano a fare quota, il D 34 non riusciva più a trovare dei pendii favorevoli. Scendeva e cercava di raggiungere Samedan. Ma finì a Madulein, prima dell'aeroporto, e dovette atterrare in un prato. Sfortunatamente avendo dei danni materiali.
Frattanto ero arrivato anch'io su Samedan, festosamente salutato per radio dal capo pilota Risch. Fu non poco sorpreso nell'apprendere che non solamente lo Zugvogel ed il "Milan, ma anche tre altri alianti stavano arrivando. Lo Spatz era rimasto un po' indietro ed il Mü-22 come lo Zugvogel ritornarono ancora una volta indietro per andare a cercarlo. Arrivarono in formazione ed atterrarono in diretta.
Cinque alianti erano atterrati senza problemi, dopo 250 km di volo, un altro era a 10 km dall'aeroporto. Sfortunatamente il D 34 non partecipò al seguito del volo, poiché i danni erano troppo importanti per essere in poco tempo riparati.
Le autovetture di recupero ci avevano raggiunto tardi nella sera, montammo subito le tende e presto il silenzio regnò... Il giorno dopo fu dedicato a dei voli a Samedan, nella regione del Ghiacciaio del Bernina e nelle immediate vicinanze di Samedan.
Il mercoledì, noi dovevamo continuare verso Locarno. Avevamo stabilito dei tragitti sia aerei che stradali. Gli alianti erano pronti per decollare. Avemmo ancora una breve attesa a causa di caccia a reazione svizzeri che si esercitavano a decolli ed atterraggi. Infine ci mettemmo in moto tra le 11 e le 12.
Mentre si aveva la migliore visibilità possibile sino a 3200, una cattiva sorpresa ci attendeva in seguito. Il sud ovest si annunciava niente buono. Il plafond era basso al di sopra del passo Maloja, e più a sud, si scorgeva uno strato di nubi compatte. Mi accordai per radio con Walter Kunz, e decidemmo di abbandonare l'idea di Locarno e di andare direttamente verso Sion sorvolando la regione dell'Albula, la valle del Reno, il passo della Furka e la valle del Rodano. Avevamo davanti a noi 200 km in luogo dei 120 km sino a Locarno. Ci demmo appuntamento per radio per il punto di incontro al Grasta Mons a nord di Samedan. E tutti partimmo per quella direzione.
Con il Mü-22 presi la testa alle 12 e 10, costeggiando il nord della valle dell'Albula. Sopra il Piz Uertsch, ed il Piz Platta ed il Buhlenhorn, avanzammo rapidamente sino alle cime poste a sud di Arosa. Qui le termiche erano brutte, e non fu che a Lenzerhorn, verso le 12 e 50 che ritrovai con il Mü-22 una ascendenza sfruttabile. Comunicai agli altri circa il tragitto da seguire e proseguii sulla mia strada verso il Piz Danis, passando sopra alla Lenzerheide. Sotto di me si stendevano la Via Mala ed il Reno posteriore, a nord intravedevo il versante nord della valle del Reno anteriore, che noi dovevamo costeggiare.
A partire da ora, le cose si fecero scabrose, poiché solo Kunz ed io avevamo le carte di queste regioni. Dovevamo quindi guidare gli altri gli altri tre. Descrivevo il più precisamente possibile il tragitto e comunicai loro la rotta. Numeravamo le nubi all'uscita della valle del Reno ed indicavamo agli amici verso quale si dovevano dirigere. Percorremmo così 40 km poco lontani.
Frattanto però, avevamo perduto lo Spatz, Alla nostra chiamata, lanciò una imprecazione, diceva che ignorava dove era, e che non voleva essere d'impiccio. Questo significava che stava perdendo quota e che rischiava un atterraggio forzato. Lo pregai di chiamarci di nuovo quando sarebbe riuscito a togliersi d'impaccio.
A sud della valle del Reno, volammo verso ovest, ad una quota massima di 3200 m.. Come capita costantemente in questa zona di valli da attraversare e dove la nostra quota di volo è a malapena sufficiente, avanzammo da prima lentamente, con lo scopo di arrivare dall'altra parte della valle, direttamente all'ovest dove c'erano ancora delle termiche. Al Piz Mundaun, a sud di Hauns, ritrovai il Mü-22, che aveva senza dubbio preso una scorciatoia, ma non era andato avanti più di tanto.

Riflettemmo sul come dovevamo proseguire il volo, e decidemmo di attraversare la valle del Reno e di seguire il versante meridionale a nord della valle. Arrivato al plafond partii e con una perdita di quota di soli 400 m., arrivai da Hausstock a Muttenstock verso le 14 e vi trovai detto fatto un'ascendenza di 1 m/s. Domandai a Kunz dove si trovava e lo sentii rispondermi con mia grande sorpresa, che aveva deciso diversamente, essendo rimasto a sud e che voleva tentare una nube al nostro ovest.

Immagini - Volo a vela - Alianti - Storia del volo
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Volo d'onda sulla cima del Tauern
Faccia alla distesa del ghiacciaio del Fisteraarhorn


Restai così qui dove salii sino al plafond. Che non era più alto qui che a sud, ma per contro le montagne erano molto più alte e la maggioranza delle cime erano dentro le nubi. Costeggiai lentamente i pendii trasferendomi sino a Tödi e guidai di valle in valle il Mü-13 D e lo Zugvogel rimasto dietro a noi. Il Mü-22 entrò in nube al Piz Lad e salì senza visibilità sino a 3800 m.. Così, per Kunz, il seguito del percorso sino al passo della Furka non rappresento più alcun problema.
Siccome dovetti perdere un po' di tempo a causa degli altri che mi seguivano, ho potuto accontentare caméraman effettuando qualche virata supplementare per permettergli di filmare. Lentamente passammo Tödi per dirigerci verso l'Oberalpstock, Kunz annunciò l'Urserntal proprio davanti al passo della Furka a nord, una buona ascendenza che era molto rassicurante.
La regione che stavamo attraversando pareva poco fertile, raggiungemmo la valle del Reno dal colle di Oberalp. Indicai ancora una volta la mia rotta al Mü-13 D ed allo Zugvogel, alfine che nessuno venisse inghiottito per errore in valli sbagliate. A nord apparve il lago di Vierwaldstatt. Andermatt si stendeva sotto di noi ed una linea ad alta tensione attraversava come noi la Reusstal. Mi resi allora conto improvvisamente che non avevo più notizie dello Spatz. Lo chiamai ed ottenni subito una risposta : annunciava 3800 m. di quota. Posizione ? Chur ! Non era possibile, che fosse là ? Ma era così. In luogo di volare verso nord ovest, si era diretto verso nord est e si trovava a 60 km dietro a noi : era impossibile aspettarlo, poiché altrimenti noi avremmo corso il rischio di non arrivare più. Gli potemmo dare qualche indicazione sulle condizioni del percorso, poi L'Oberalpstock si interpose fra di noi e la comunicazione fu interrotta.
Volavamo lungo delle pareti rocciose a nord della valle dell'Urseren, trasferendoci verso il passo della Furka. Come uno scenario teatrale, i punte nere del Dammstock e del Rhonestock si stringevano le une didietro alle altre, spettacolo inedito per quanto mi riguardava. Non avevo gran che da fare, bastava andare dritti. Kunz, si annunciò dopo la valle del Rodano e ci informò che avanzava molto bene. Ci stavamo davvero riuscendo : io avevo un pessimo ricordo dell'estremità superiore della valle del Rodano, poiché 20 anni prima durante un volo con partenza da Berna, ero terribilmente sceso, a tal punto che la mia quota fu di soli 700 m. suolo. Alle 15 e 10 raggiungemmo il Furka, il Mü-13 ed lo Zugvogel si trovavano al colle dell'Oberalp dandoci le ultime notizie, poiché la scarsa quota di 2700 m. lasciava presagire ad una nuova interruzione dei contatti radio.
Il ghiaccio del Rodano se trovava davanti a me a destra e nella mia direzione di volo scorsi nella valle due piste in asfalto, visione simpatica in una alta valle alpina. Proseguimmo a nord della valle. Il plafond risalì di nuovo a 3000 m.. A nord sbucavano dalle nubi i giganti del Berner Oberland, il Schreckhorn, il Finsteraarhorn ed il Mönch. Alla volta del Münster, lo Zugvogel mi riprese, il Mü-22 era già a Brig, il Mü-13 D aveva sorvolato il colle dell'Oberalp dopo un vano tentativo, e si trovò ad Andermatt.Proseguivamo per la nostra rotta alla base delle nubi. Verso le 16 sorvolammo l'Aletschgletscher, il più grande ghiacciaio d'Europa, e raggiungemmo Brig. Avevamo ancora 50 km da percorrere e la nostra quota poteva essere sufficiente per un arrivo in diretta. Ma il Mü-13 D era ancora lontano indietro rispetto a noi e il collegamento radio non era molto buono. Inoltre, quando lo abbiamo fatto parte della nostra volontà di recarci a Sion, il capo pilota, Risch, aveva telefonato in seguito là ed aveva detto a quelli di Sion "Si, si, sono sempre assieme e stanno arrivando". Di fronte a questa invasione, a Sion presero paura a causa del traffico degli aerei a reazione, e ci fecero comunicare di non atterrare prima delle 17. Io lo promisi. Potevamo e dovevamo di conseguenza fare tutto con calma.
Al Bietschlorn, spiralai alle 16 sino al plafond in una termica certamente potente ma terribilmente turbolenta. Senza interruzione era sempre fortemente turbolenta. Ebbi la stessa impressione come l'avevo avuta a nord della valle del Rodano in un posto orientato sotto vento. Arrivai così tranquillamente a Leuk. Sotto di me si stendeva ancora un'altra pista in cemento. Ricaddi di nuovo in una forte discendenza ed allora abbandonai il versante inospitale di nord per volare in mezzo alla valle. Frattanto il Mü-13 D era arrivato sino a Brig. Gli ricordai di fare attenzione nei pressi di Leuk e di volare nel centro della valle, poiché da quelle parti si discendeva sodo. Effettuammo un tratto veramente gradevole verso Leuk con un tasso di caduta flebile od in parte nullo. Sion apparve. A sud si palesava maestoso il Matterhorn. Sorvolammo Sierre. Kunz era già arrivato a costeggiare a nord del nostro obiettivo, i versanti della valle. Lo Zugvogel era già lì ed attendeva il momento in cui avremo potuto atterrare.
Pregai Kunz di sostituirmi nei collegamenti radio con il Mü-13 D che era fuori della mia portata, e di continuare a guidarlo. A nord di Sion, mi mantenni sui pendii, ma ciò non bastava più per guadagnare quota.
Apprendemmo del Mü-13 D che si trovava proprio davanti a Leuk e che la sua quota avrebbe dovuto bastare per raggiungere Sion. Ripetei ancora una volta a Kunz di trasmettere l'ordine di "volare in mezzo alla valle" e mi apprestai ad atterrare. Appena fui giù, Kunz mi comunicò che il Mü-13 D si era "infognato" vicino a Leuk. Era finito in una potente corrente discendente, e malgrado la sua quota non era riuscito a sfuggirla. Non avrebbe neanche più raggiunto l'aeroporto di Turmann che si trovava a 6 km da Leuk.
Eravamo quindi rimasti in tre, e la direzione di volo militare ci domandò con tono di rimprovero, perché gli altri due non erano anche loro lì. Risch aveva detto che noi saremmo arrivati in 5. Ma lo Spatz sfortunatamente non era andato più lontano del colle dell'Oberalp ed aveva atterrato a Sedrun, nella valle anteriore al Reno. Restammo una settimana a Sion, ospitati dal pilata dei ghiacciai Geiger. Il nostro progetto di sorvolare i 4000 m. del Velais restò "impigliato alle nubi" poiché queste non ci fecero il favore di salire a più di 3300 m.. Così non riuscimmo a vedere il Matterhorn che di sfuggita attraverso le nubi, poi di nuovo al nostro ritorno, finalmente in tutta la sua altezza ma da lontano.
Il ritorno in volo cominciò mercoledì 27 maggio. Avevamo previsto Bad-Ragaz come prima tappa, per costeggiare e fare da qui il lato nord delle Alpi sino a Prien utilizzando gli aeroporti tedeschi. Il volo più interessante sopra l'Austria non ebbe luogo, poiché il nostro traino DO. non aveva diritto in alcuno dei campi di atterraggio intermedi sino ad Innsbruck. La maggior parte della nostra strada passò di conseguenza sopra un percorso conosciuto. Come i giorni precedenti, fummo sganciati a nord della valle del Rodano tra le 10 e le 11 ed a delle quote di 2000 metri sopra il terreno, con lo scopo di attraversare più facilmente la parte orientata sotto vento a nord. Per parecchi giorni il Föhn, collegato ad una corrente discendente soffiò a nord come a sud della valle del Rodano, ma il nord presentava da una parte una migliore insolazione, d'altro canto invece il versante più chiuso : era pertanto inutile attraversare la valle alla scarsa quota di 3000 m., che del resto non avrebbe rappresentato che una perdita di tempo.
Mi diressi lentamente verso la regione di Montana, a nord di Sierre, ed attesi lo Spatz ed il Mü-13 D (Lo Zugvogel era nel frattempo rientrato), Kunz era già in rotta con il Mü-22 vicino a Leuk. Poco dopo Leuk, mentre noi ci ricongiungevamo, la discendenza bene conosciuta ci accolse. Per contro, sopra la valle presso Leukebard, trovammo una bella nube che ci aspirò sino alla sua base. Un'ora era trascorsa dopo la nostra partenza, e fu presto tempo di sbrigarsi. Constatai che circa a 2 o 3 km a nord ai piedi del versante, le correnti discendenti sotto vento avevano meno influenza, e che le termiche sotto i cumuli permettevano di volare pressoché in linea retta. Volavamo così, ad 1 km di distanza gli uni dagli altri, e passammo alle 11 e 40 sopra Brig, al ghiacciaio d'Aletsch ed arrivammo vicino a Münster, proprio davanti all'estremità della valle del Rodano. Il Mü-13 D era rimasto lontano indietro : come arrivò un po' più tardi dopo noi, non trovò più la maggior parte delle ascendenze che io stesso e lo Spatz avevamo sfruttato.Durante questo tempo Kunz aveva tentato con il Mü-22 di attraversare il Furka, ma era caduto su di una potente corrente discendente ed aveva perduto quota. E provava di riguadagnarla sopra Münster, Mi diressi quindi verso nord passando su Aargrat, uscii dalla valle del Rodano e mi recai al passo di Grimsel. Da qui mi diressi con decisione a sud ovest, verso un pendio esposto a nord, proprio davanti al passo della Furka, dove trovai pure l'ascendenza che speravo. Ma salii solamente a 2700 m. QNH circa, poi ci fu una caduta improvvisa. Smisi di spiralare, e deciso affrontai subito il Furka - 12 e 40 - Trasmisi ancora per radio delle indicazioni per lo Spatz, il Dora ed il Mü-22. Quanto a me, mi ritrovai, passatolo, al livello del Furka, ero troppo basso e non riuscivo a riprendere quota. Sino ad Andermatt la situazione non migliorò. Perdevo di più in più quota e ad Andermatt, a causa di una forte discendenza, mi ritrovai a non più di 750 m., poi a 300 sopra il suolo. Avevo appreso dello Spatz che aveva sorvolato il Furka.. e che il Mü-13 non l'aveva ancora raggiunto. Sopra Andermatt non c'era più niente da fare, la mia scarsa quota non bastava nemmeno per sondare. Non mi restava che andare verso nord in direzione del lago di Vierwaldstatt passando per la valle di Reusstal per riguadagnare quota. Non dovevo dimenticarmi la linea ad alta tensione : che sorse all'improvviso proprio davanti a me e dovetti decidere di oltrepassarla passando o sopra o sotto. Preferii passare sopra. Di soli 5 m.. La valle di Reuss era veramente detestabile : vento contrario, discendenze brutali e sotto di noi, un terreno da fare fremere.
Feci così 8 buoni chilometri verso nord, prima di trovare finalmente a 900 m., 600 m. suolo, un piccolo 0 m/s che passò a 0,2 m/s. Mi arrampicai così penosamente per 200 m in 20 minuti, poi di più in più lentamente passai dall'altra parte della valle, qui dove dovevano esserci delle correnti ascendenti, stando a come soffiava il vento. Trovai in effetti una ascendenza di 1 m/s, che mi fece salire per prima a 1700 m. di quota. Era ora più facile spostarsi altrove e mi riversai nella valle di Maderanere, ad est di Bristen, dove salii lentamente ma con sicurezza sino al plafond. Le 14 : dopo più di un'ora di salite penose, ho passato il peggio. Adesso, non dovevo altro che entrare nella valle del Reno. Dopo avere rifatto due volte la carica, sgusciai a 5 m. sopra una cresta del Massif dell'Oberalp e mi ritrovai nella valle del Reno.
La prima cosa che feci, fu di informarmi degli altri per radio. Il Mü-22 rispose subito, con mia grande sorpresa a sud di Disentis. Che era molto vicino a dove mi trovavo. Kunz m'informò che anche il suo secondo tentativo per passare il Furka era fallito, e che non era passato che alla terza volta. Lo Spatz comunicò di essere a 3000 m. a sud di Ilanz, precedendoci dunque di 16 km, 1000 m più alto di noi. Sfortunatamente il Mü-13 D, dietro lo Spatz era rimasto un po' indietro al livello di Brig ed arrivo al Furka quando Kunz, aveva già fatto il suo terzo tentativo. Mentre Kunz superava il Furka, il Dora per evitare una forte discendenza, fece un dietro front ma non riuscì a raggiungere la "stazione di servizio" vicino a Münster. Atterrò sull'aeroporto posto dietro al gran ghiacciai del Rodano.
Con lo Spatz, verso le 14 e 35 mi misi alla ricerca di una corrente ascendente e sfruttatala poi, ci siamo diretti a sud della valle sotto un cielo parecchio coperto verso est. Molto velocemente, alle 16, mi trovai già sopra di Chur, intanto che lo Spatz sorvolava Bad Ragaz e cercava il campo di atterraggio, avevo fatto una piccola deviazione per sincerarmi della situazione meteorologica verso est. Sembrava cattiva, il plafond era a 2200 m. alla Silvretta un varco verso est non lasciava granché da sperare. Frattanto il Mü-22 era arrivato a Bad Ragaz, ed anche lui non trovava il campo.Accelerai a 120 km/h (che è molto per il Milan) verso Ragaz ed anch'io non trovai il campo. Per fortuna tutta la regione era ricca di termiche, deboli, è vero, ma ci permisero di restare in aria, Infine allo scadere di 20 minuti, ho intravisto il campo poi una manica a vento. Ma questa era stesa in una direzione completamente incredibile. La discesa che seguì fu difficile ; tre volte mi apprestai ad atterrare e rinunciai. Infine riuscii. Dopo 5 ore abbondanti di volo, ritrovammo la terra ferma. Ci precipitammo al telefono per chiamare Geiger. Fu lietissimo che fossimo arrivati ; non l'avrebbe mai creduto. Appresi da lui che il Mü-13 sarebbe ritornato con il traino, una sorprendente attenzione delle autorità militari svizzere, che ci risparmiò parecchi chilometri di automobile, poiché la valle superiore del Rodano era ancora completamente bloccata ed i veicoli dovevano aggirare sino al lago Lemano.
Avevo appena finito di telefonare, quando il DO. 27 arrivò, ma senza il Dora. Era stato perso alla fine proprio prima di Bad Ragaz, poiché il cavo di rimorchio che lo tirava si era sganciato dal DO. Ci siamo precipitati alla radio per dare le indicazioni al Dora. Arrivò in diretta, sganciò il cavo in un vivaio ed atterrò di misura in campo. Ci ritrovammo così tutti assieme, anche il Piper aveva superato il temporale che il Dora aveva subito al rimorchio. Sul posto cercammo un alloggio, dato che le vetture non avrebbero potuto arrivare che nel mezzo della notte. Il giorno seguente apprendemmo dispiaciuti del mal tempo che andava peggiorando sempre più, di conseguenza non ci restava che effettuare il resto del tragitto in automobile."
Dopo gli inizi degli anni 60, dei raduni aeronautici regionali e dei grandi campionati nazionali portarono sempre più dei piloti sui lunghi percorsi alpini. Dei nuovi centri di volo a vela si impiantarono allora nel sud della Francia, in Italia al nord, nel Sud Tirolo e nella regione delle Alpi tedesche ed austriache. Cominciando ad esplorare sistematicamente l'alta montagna tra Ginevra e Vienna, a scoprire dei nuovi percorsi più energetici con una meticolosità da alpinista. La conoscenza del paesaggio alpino e delle sue infinite varietà, dei suoi elementi geologici e meteorologici riguardanti il volo di distanza e di altitudine, si estendeva sempre più. Gli alianti in plastica più rapidi permisero a partire dal 1966 di migliorare le performance, grazie ad una efficienza sempre migliore. Il volo delfinato, molto veloce, viene ugualmente fatto con successo in prove in alta montagna. Oggi, i triangoli più esigenti dal punto di vista della tecnica del volo si sviluppano su più di 600 km, le andate e ritorno passano gli 800 km e lo stesso limite dei 1000 km non costituisce più una frontiera insormontabile per il volo alpino di performance.Non solo per i volovelisti o per chi non sogna altro che il volo a vela, questo libro è stato scritto. Tutti quelli che amano la montagna che sono alpinisti temprati o semplici escursionisti, proveranno piacere nel partecipare a questa scoperta del paesaggio delle Alpi. Come lo vede il volovelista nel corso di volo, tra le rocce e le nubi. Anche loro resteranno incantati nel sapere come l'uomo può volare senza l'aiuto del motore, unicamente con le forze naturali che si trovano in montagna.
Il volo a vela è uno sport che richiede tutto ad un pilota. Esige concentrazione, una capacità di decisione rapida e sicura, una utilizzazione precisa degli strumenti. Ecco perché è necessaria una formazione di base, una buona assimilazione della teoria e parecchie ore di allenamento sul campo sono indispensabili prima di effettuare il primo volo di distanza tra le montagne. Allora il pilota avrà conquistato più di un semplice "hobby", più di ciò che gli potrà apportare un'impresa sportiva che avrà duramente compiuto. In mezzo all'austera natura delle Alpi, proverà la dimensione indescrivibile della libertà umana.

Jochen von Kalckreuth

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