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LA TRAVERASATA DELLE ALPI

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Sulle montagna calcaree della Piave superiore
Allinamento di nubi nei pressi del lago di Lugano

Quando alla fine della notte fresca, l'oscurità tende ad attenuarsi, e la pallida luce delle ultime stelle svanisce nel chiarore dell'alba, un brivido percorre la superficie del lago. Dei veli di bruma avvolgono i piedi alberati delle Prealpi, fluttuanti sopra i castagni e le terrazze di vigneti. Un forte profumo d'erba bagnata di rugiada sale nell'aria frizzante del mattino di aprile. L'aeroporto di Varese si estende nella vasta baia, silenzioso.
Quando si alza sopra l'Adriatico, il sole, che fora obliquamente la foschia della valle lombarda, illumina con un colore leggermente rosso i bordi ghiacciati del Monte Rosa. Di lontano dal Monviso sino alla catena dentellata del Vallese, una fascia di luce bianca come la neve ghiacciata si rischiara e proietta il suo splendore sui laghi e le cime lontane del Ticino.
Infine il sole raggiunge il fondo delle valli. Le nebbie svaniscono con i primi raggi caldi, si fondono in una atmosfera sempre più limpida, Allora la vista spazia poi sulle Alpi dei laghi sino al Bernina.
Questo è un giorno di volo che mi porterà lontano. Non sono che le 6 e 30. Scruto dal balcone il cielo limpido, blu pallido. Infilo nella sacca le carte e la macchina fotografica. Mille progetti di circuiti mi passano per la testa. L'esteso anticiclone mi porterà oggi una sorpresa. Le montagne poste ad ovest sono certamente non superabili, delle distese di neve di parecchi metri di altezza coprono ancora i fianchi delle Alpi del Vallese e di Berna. Ma oggi ci si deve lasciar portare all'est. Verso Vienna... ? Vedo davanti a me i contrafforti del gruppo del Catinaccio, penso al suo versante occidentale di calcare chiaro mentre si passano le Hallentores. Quando in una passeggiata a piedi in autunno, attraverso i boschi dalle ricche tinte che rivestono i versanti, ero arrivato proprio sotto a delle pareti fessurate. In quell'occasione mi ero ripromesso di sorvolare queste montagne in aliante.
I filanti alianti, sono posti gli uni contro gli altri in un ordine apparentemente inestricabile. Le ali lunghe parecchi metri, gli impennaggi ingombranti e le fusoliere di traverso, ci abbagliano nella luce mattutina. Un forte odore di vernice fluttua al di sopra del biancore delle loro luccicanti ali. Così, come dei cavalli da corsa bene addestrati, risentono della eccitazione della partenza, la gioia anticipante lo splendore indescrivibile del cielo alpino sopra la neve.
Parlo con Roberto, mentre portiamo gli alianti dai piedi di un leggero pendio, sino al punto di partenza. Uno sguardo lanciato sulla carta è sufficiente per entrambi. "A Cortina", dico io "c'è un aeroporto che non si vede sino a quando ci si arriva proprio sopra". Roberto ride, è già molto tempo che progetto un volo sino al lago di Misurina, con un ritorno lungo le Prealpi sino al lago Maggiore. Discutiamo sul punto per lo sgancio e sul percorso migliore per uscire. Lui vuole passare direttamente davanti al Generoso, sopra il lago di Como sino al Grigna, e da qui, andare nelle Alpi del Bergamasco.
Io preferisco optare per le montagne più alte del Ticino. Conveniamo quindi di tenerci in contatto radio e di ricongiungerci all'Ortler. Il sole sale più alto e scalda ora parecchio. Dopo un cenno, Aldo arriva di buon grado con lo Stinson. Il cavo è fissato. "Quale direzione ?" mi urla. Gli indico con un gesto della mano la direzione del Campo dei Fiori. "Sono di ritorno questa sera".
E' poco dopo le 10 e 30 che il traino decolla dal piccolo campo ai bordi del lago.
A 700 metri di quota lo scetticismo mi prende a proposito del mio progetto di volo in questa giornata primaverile. L'atmosfera è veramente troppo tranquilla nella valle di Lugano e la luce del sole si è indebolita. Degli spessi veli di cirri oscurano il sud delle Alpi. Ma, la prima termica sui contrafforti del Ticino, da vita ad una forte ascendenza. In qualche minuto guadagno 1700 metri.
Roberto mi chiama per radio. Per lui in questo momento le cose vanno ancora peggio sulla pedemontana alpina. "Anche tu sei basso?" - "Vieni qui dove i rilievi sono più alti, credo sia meglio a nord", gli rispondo.
Seduto, attento nella lunga cabina, piloto prudentemente e con delicatezza il grande aliante intorno alle sinuosità del versane piatto del Breno. Niente ascendenze. poco a poco, la valle si restringe ed i suoi versanti si alzano. Non è che dietro il Ceneri che il terreno scende con un pendio ripido verso il Ticino.
Riesco a passare sopra la massa rocciosa del Tamaro, sbucando così di nuovo nella luce. Qui sopra, alla Cima dell'Uomo, i sole illumina fortemente i pendii rocciosi del Ticino superiore e da vita a delle nubi chiare che si stagliano nel cielo. Avevo ragione, ci devono essere delle forti correnti ascendenti sulle più alte montagne.
Mi inclino prudentemente a sinistra, verso il crinale del costone sud del Tamaro. All'improvviso la luce del sole diviene più intensa sul dosso della montagna, ciò promette bene. Le mie speranze sono confermate. Vicinissimo a degli spacchi nelle rocce di colore bruno ruggine, i miei strumenti si mettono a vibrare. Contemporaneamente sento da sotto i glutei una graduale spinta. Sto volando così basso accanto ai piedi della montagna che posso vedere la vicina linea di cresta un po' più alta di me. Una linea ad alta tensione, spunta improvvisamente. Attraversa qui un tratto di costone, senza alcun pilone. Nella dinamica di pendio, sfioro e salto l'ostacolo costituito dal cavo, poi subito ritorno verso la montagna. Ora si tratta di spiralare e costeggiare sempre da vicino la roccia riscaldata, come fanno le gracchie. Nel nucleo della stretta ascendenza, il variometro indica 2 m/s, è di più di quello che avrei osato sperare in questo punto.
Sopra il costone, sono sull'allineamento della montagna. Ancora un istante, un albero rachitico che si trova sotto di me, subito è già lontano sotto. Potrei mettermi a ridere di gioia, giacché questo volo d'uccello lungo la parete è completamente di mio gradimento.
Con parecchie precauzioni, faccio infine salire l'aliante sopra il primo corrugamento del versante scosceso. Ora ho abbastanza spazio per effettuare una virata stretta e salgo nella corrente ascendente in rapide spirali. Il variometro salta a 3 m/s. A 1800 metri scompaio nella nebulosità.
Sotto l'aliante ammiro l'estensione del Ticino il cui lago brilla, cinto da una corona di montagne bianche di neve. Gli amici di Locarno si annunciano per radio. " Dove è Roberto ?" io domando. Sta venendo ora da noi all'atterraggio. "Ciao, provo ancora da Magadino...".
Dirigo il Kestrel verso est, e riprendo a sognare come questa mattina. Ho di nuovo tutto il volo in testa, scorgo già la linea delle Alpi Orientali. Le Dolomiti, il Kreuseck, lo Hochalmspitze.
Rapidamente, prendo la direzione di Garzirola, dove delle potenti termiche si sviluppano frequentemente a quest'ora dai pendii bassi a sud. Ma la grande nuvola è sbrindellata, informe. Devo evoluire alla ricerca di una ascendenza. La sento nello spazio di qualche secondo, poi sparisce di nuovo. Il suolo è ancora troppo umido a causa della pioggia della settimana precedente. E' un assurdo, non è qui che volevo arrivare andando ad est. Non mi resta quindi che un solo tragitto sicuro, cioè costeggiare le cime, la linea aguzza delle creste del Ticino orientale sopra il lago di Como, sino alla Valtellina. Devo sorvolare le zone alpine ancora più alte e più secche. Rimontata la valle Mesolcina. Sopra la cima degli alberi di Bellinzona, l'aliante sfiora la sua stessa ombra. Dei piccoli abeti si disperdono qua e là sulla montagna in questo punto ancora coperta di neve. Delle tracce si stendono attraverso i gruppi di alberi sino in alto al ridosso della cresta. Potrebbero essere le mie stesse tracce.
All'entrata della valle vedo alla mia destra la faglia scoscesa bianco grigia di roccia sopra il Cardinello ed allargandomi da quella parte, entro nell'aria ascendente di una parete riscaldata dal sole. Masse di detriti, mescolati alla neve grigiastra, sono rotolati lungo il pendio. E' uno spettacolo caotico ! Capito di botto su di una ascendenza. Mentre salgo in spirale, l'aspetto della montagna cambia, diviene più ripida e del colore della roccia. Il verde primaverile del lago Maggiore è ora lontano ad ovest.
A 2400 metri esco a tutta velocità dalla termica e picchio di prua. E' una sensazione d'ebbrezza fantastica filare a 150 km/h sopra a dei precipizi ed a delle ripide pareti. Sono proprio le mie, queste sottili ali bianche ? E' sempre così. Mi rilasso nell'abitacolo, tengo i comandi e sogno : in quale modo riesco a muovermi con queste ali che misurano 20 metri di lunghezza ? Ma nel giro di un'ora o due nello spazio, la sensazione non è più la stessa. Poiché ora non sono più semplicemente seduto in un aliante, ma faccio corpo con lui.
Sopra il Pizzo Martello, un costone alberato e ripido mi consente di sfruttare una nuova corrente ascendente. Prendendo velocità, imposto, e stabilizzo l'aliante in una spirale stretta, pieno di allegria e di fiducia. La spinta proveniente da una gola boscosa che si perde subito in profondità, è di 2 m/s. Quindi infine sopra i bordi del Ticino arrivo a vedere verso est, riconoscendo l'ampia Valtellina. Davanti a questa, brilla come uno specchio il lago di Como... Una larga apertura ai piedi del ripido versante montagnoso.
Attraverso rapidamente la cresta del Martello, fine come la lama di un coltello, e scivolo lungo dei pendii di montagne assolate sino al Pizzo Ledù , punto culminante della magnifica Valtellina, senza perdere un metro.
Mentre avanzo in linea retta, posso abbracciare con un colpo d'occhio tutto il lago sino a Bellagio e Como. A nord, la valle si restringe sino al passo dello Spluga. A sinistra, in basso, all'estremità della valle, scorgo Chiavenna, la località più importante di questa area. Raggiungo il Monte Spluga all'ingresso della valle di San Giacomo, bene al di sopra della sua cima. Sopra lo spigolo molto scosceso, comincio a salire nella corrente ascendente. Improvvisamente l'aria diventa turbolenta, e delle scosse violente sbattono fuori l'aliante dalla termica. I comandi rispondono a fatica. Sono a 500 metri sopra la cima, ed è qui che devo salire. E' un punto decisivo, La Valtellina tutta intera mi appartiene, se riesco adesso a salire sino al plafond. Prendendo velocità, stringo di nuovo contro lo spigolo alla cui metà avevo interrotto la salita e mi mantengo saldamente nella corrente ascendente in virata stretta. L'aliante sale di 300/400 metri, con degli impulsi irregolari. Potrebbe essere che all'est del costone, io sia sotto vento ? Livello l'apparecchio e risalgo lungo i pianori che formano la cresta, in un'aria di più in più tranquilla, sino alla cima della montagna. Un semplice otto sopra la cima piatta disseminata di detriti granitici, mi da lo spazio necessario per spiralare. Tre giri completi fanno il resto, con una ascendenza di 4, 5 m/s sino alla sottile nube.
Al mio orologio sono le 12 e 25. L'aria calda primaverile dovrebbe continuare sino verso le 5 del pomeriggio, cosicché mi permetterà di attraversare le Alpi. Qualche minuto più tardi, l'aliante fila come una freccia bianca verso est. Il fianco nord che si allunga nella valle dell'Adda mi prova una volta di più quanto sia favorevole al volo a vela. Ascendenza su ascendenza, le forti zone termiche si susseguono le une sulle altre. Perché perdere qui ancora tempo per spiralare ? Salire spinti dalla corrente ascensionale. Stringere duro e guadagnare terreno, tutto con dei leggeri movimenti sui comandi. Come una pallina da ping-pong, l'aliante danza in volo delfinato.
Meno di 15 minuti più tardi, sorvolo Sondrio che si stende nella valle piatta. A sinistra, la neve primaverile preme ancora con tutta la sua massa di metri di spessore sui versanti del Disgrazia. Dei piccoli solchi dovuti a valanghe indicano la presenza di sinclinali (strati geologici piegati, con la convessità verso il basso n.d.r.) coperti dal nevaio. Qui dietro si palesa il ghiacciaio del Tscherschen con i suoi crepacci bluastri, la chiara parete meridionale dell'imponente Bernina. La roccia è di un colore ocra, e più in basso con linea netta, risplendente di un bel verde, il versante boscoso. Quale gioco di colori penetra nel mio abitacolo ! Che poi, per parecchio tempo dopo il volo, resterà impresso nella mia memoria.
Mentre allineamenti di nubi mi servono come riferimento sulla mia rotta verso il passo del Tonale, l'Alpenkernland ed i 4000 posti tra le Puschlav ed il passo di Ofen, brillano sotto uno strato di ghiaccio e neve , esposto ad una luce a quella quota blu chiara, irreale. L'aria fredda, provocata dalla neve si mescola ora col sole che brilla nello stretto posto di pilotaggio. Respiro l'odore di roccia e di pini, così forte come se fossi seduto su di uno dei cumuli di neve, le gambe pendenti verso il basso. Il riflesso della neve rimanda raddoppiandoli i raggi di sole sul mio viso . Prendo il tubetto di crema protettiva e me ne spalmo uno spesso strato sulle labbra. Per un attimo, vedo la mia ombra filare sopra la valle della Vetta di Ron.
Mentre sorvolo la valle del lago di Poschiavo, salendo verso il Monte Masuccio, riconosco alla sua estremità la strada che si allaccia al passo del Bernina. La strada scala l'Engadina sino a 2300 metri, sopra il fondovalle della Valtellina, cioè ad una quota uguale a quella del mio volo. E le cime del Bernina più vicine, come il Palù, blu molto chiaro, mi affiancano ancora una volta alla mia quota. Volare nelle Alpi è essenzialmente giocare sulla quota che d'altronde dipende dalle condizioni di volo.Un po' più tardi, a 2700 metri, sorvolo Tirano, questa vecchia città di contrabbandieri, di montagne, lascio il passo dell'Aprica alla mia destra e mi dirigo con rotta ad est verso l'alta valle di Edolo. Da lontano scorgevo già il varco innevato del passo del Tonale da cui passare nella provincia del sud Tirolo. A nord est si mostra ora il grosso massiccio dell'Ortler, coperto di neve. Dietro il lato sud dello stretto percorso del passo di Gavia, i cumuli sono spariti. Il cielo alpino è di un blu incerto, decolorato sino a diventare estremamente chiaro, a causa della quantità di luce nell'universo delle nevi. La parte bruna di roccia si è ristretta, pertanto il sole brilla come in agosto. Troverò là ancora delle correnti ascendenti ?Passo proprio sopra alla linea irregolare dell'inizio della parte innevata, e razzolo a nord di Edolo in una ascendenza penosa. 100 metri verso l'alto, 30 metri verso il basso. E' così in parecchie riprese nel corso delle mie spirali. Stringendo al massimo, mi porto alla fine a 3200 metri, il punto più alto che ho potuto raggiungere sino ad ora. Questo mi permette quindi di sorvolare il Tonale. Come qui avviene di sovente, ci sono delle termiche blu nella parte alta della valle, tra l'Ortler e l'Adamello. Costeggio le cime che si trovano pressappoco alla mia quota, e mi dirigo verso il più alto passo. Scorgo delle sciovie e delle linee a cremagliera sotto di me. Dei punti in movimento si agitano sulle piste battute e brillanti. Apro il finestrino e lancio un richiamo a mo' di yodler, verso il basso.

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La tranquilla valle di Malta nel Radstätter Tauern
La faccia ovest della punta del Hochalm


Davanti a me all'est, c'è la Cima Mezza, mi oriento di nuovo allineandomi in transito in basso ai fianchi montagnosi che mi portano, senza spiralare, rapidamente, tranne che per il movimento del timone di profondità che ruota di qualche millimetro verso il basso.
Se voglio attraversare senza rischi la profonda valle di Bolzano per raggiungere in volo di pendio i massicci montagnosi situati dall'altra parte e molto distanti, ho bisogno di quota. Oggi non mi si può più che offrire un plafond basso di nubi cariche di umidità, tutt'intorno nella valle triangolare del sud Tirolo. Anche, sopra al passo della Mendola, metto in moto il viro sbandometro e salgo dentro una grande nube . 300 o 400 metri in più solamente mi faciliteranno oggi la traversata sino alla faccia ovest del Gruppo del Catinaccio. Già circondato dalla condensazione in sospensione, penetro spiralando nella cupola scura della base della nuvola. Ed ecco che arrivano : due grandi uccelli che si scagliano su di me a tutta velocità. Ho il fiato mozzato. Impossibile evitarli. L'aliante è così bianco che la nube che mi attornia, potrebbe impedire loro di vedermi...
La mia mano si contrae sulla cloche, mi caccio la testa sotto il braccio sinistro ed attendo l'urto. Le ali diventano enormi e... si allontanano a tutta velocità senza rumore. Un miracolo ! La coppia di aquile mi ha senza dubbio visto all'ultimo momento. Questi uccelli hanno dato un brusco colpo di ali e sono passati come delle frecce esattamente all'altezza dell'abitacolo, uno al di sopra e l'altro al di sotto.
Il tutto è durato due o tre secondi. Con il loro peso circa di 8 kg, per il fatto che andavano veloci circa come me, ma nella direzione opposta, avrebbero fatto volare in pezzi la cappottina e l'impennaggio. Non avevo mai visto questi rapaci così vicino ad una nube e già nella condensazione. Occhi d'aquila...
L'emozione non si è dissipata che lentamente mentre salivo nella nube. A 2800 metri, il termometro nel naso della fusoliera indica 0 gradi. Smetto di spiralare e lascio la nube spingendomi verso est, per evitare che una pellicola di ghiaccio si formi sulle ali.
La nuvola schiarisce, l'aliante danza nel vento : Il sole in quota picchia in cabina proprio come un fuoco. La visione è sbalorditiva. Lo sguardo spazia al di sopra di innumerevoli nuvole sino alla cresta a nord, sino all'estremità dell'Ötztaler e del Zillertaler. E davanti, esattamente come indica la carta aeronautica emergono nello splendore abbagliante del mezzogiorno, le Dolomiti. Ora la strada da percorrere in attraversamento è lunga : 30 Km senza correnti ascendenti. Mi sprofondo sul sedile, apro il finestrino ed avanzo a poco più di 100 Km/h, in una atmosfera perfettamente calma.
Da questo balcone di luce, godo della più bella vista sul Gartenland che nessuno abbia mai potuto vedere. A nord ovest, posso riconoscere Merano, la vallata a forcella di Bressanone, il Plosekopf. Frutteti, lunghi filari di alberi, è qui la prima vegetazione nelle valli, ruderi di roccaforti, villaggi vivaci, casali isolati qua e là. Intravedo il lago di Caldaro, proprio sotto di me. A sinistra, Bolzano ed il grande aeroporto di San Giacomo. C'è della foschia in fondo alla valle, che risale il corso del fiume a partire dal lago di Garda. A sud le case di Trento appaiono come dei punti. Le acque originate dalle nevi, nelle montagne, danno un colore grigio chiaro all'Etsch ed all'Isarco.Sedici minuti più tardi sorvolo le alture di Tires. Contemplo, affascinato, la roccia chiara della parete del Catinaccio che si erge di fronte a me. E' qui che io volevo arrivare oggi. Ma non ho il tempo di lasciar vagabondare i miei pensieri. E' necessario che io trovi la prossima corrente ascendente, e sempre ancora al di sopra del bosco, poiché la parete è scoscesa e fredda. Descrivo qua e là dei cerchi di ricerca, con dei prudenti movimenti di alettone. Soprattutto per non perdere più quota, altrimenti mi troverei subito al di sotto delle cime rotonde ed alberate, e così diventerebbe molto difficile trovare una corrente ascendente. Il variometro vibra, indicando una leggera ascendenza che non arriva ad 1 m/s. Ma per me, è già più che sufficiente.Inclino con precauzione l'aliante per evitare di perturbare la corrente ascendente. Un giro, poi un altro, quindi sposto lentamente la mia traiettoria ai piedi del bosco. Guadagnando ogni volta qualche metro, seguo semplicemente la termica verso una grande pietraia collocata ai piedi della montagna. La termica staccatasi da questi detriti pietrosi si mescola alla tenue corrente ascendente del bosco, presto la forza dell'ascendenza passa a 2, poi a 2,5 m/s.
Ho ora il tempo ad ogni spirale di osservare tranquillamente il versante sud ovest attiguo al Catinaccio ed alle sue pareti, d'ammirare la roccia calcarea corrosa dall'acqua. E' qui che sicuramente abitarono i folletti di re Laurino, e che le streghe inforcarono le loro lunghe scope. La leggenda potrebbe trovare una montagna più misteriosa di questa ? Qualche minuto più tardi arrivo in alto, di fianco della cima. L'ascendenza diminuisce, la nuvola è tutta stracciata.
Smetto di spiralare e scendo lungo la cima sino all'Alpe di Siusi. Poi viro verso nord est e scorgo ad un tratto le variegate Dolomiti, in tutto il loro splendore. La roccia è chiara, tirando talvolta al bruno, le pareti si slanciano verticali a partire da sbalzi arrotondati, le cime che le coronano sono piatte e fessurate, Le valli sono profondamente incassate. Un paesaggio date le numerose pareti che esige dal volovelista una grande prudenza.
Passo a qualche metro dal dente roccioso del Langkofelturn, ma le sue pareti sono anche loro fredde e senza traccia di vita. Non è che sulle gobbe arrotondate e boscose, nella Val Gardena che riesco a salire proprio sotto la cima della montagna. Ho la medesima sensazione come se stessi ora usando corda, piccozza ed un paio di ramponi da ghiaccio. L'imponente massiccio del Sella è un po' arretrato, a destra rispetto al mio campo di visione. Tutt'intorno, le strade che portano ai passi tracciano delle linee scure sui pendii innevati. Vicino a Santa Cristina, attraverso la valle per raggiungere l'Odle. Le nubi proiettano delle piccole macchie d'ombra sui versati sud. L'apice di questa giornata di volo arriva. Attraverso le Dolomiti.
Dal Gardenaccia, spiralando, osservo il centro di questo universo montagnoso, fatto di alte ondulazioni, e scorgo al di là dell'altopiano, la Marmolada, riconosco il passo Falzarego, la silhouette del Cristallo, e le guglie brillanti delle Tre Cime di Lavaredo. Ora Roberto dovrebbe essere qui per girare con me intorno al lago di Misurina.
In prossimità della Cima Dieci, la corrente ascendente si rinforza e diviene potente. Lancio uno sguardo in basso. Lunghi pendii rocciosi, solchi rocciosi già liberi dalla neve, mi danno una ascendenza di 3 - 4 m/s. A nord est, vedo formarsi delle nubi i cui contorni si stagliano regolarmente e molto nettamente.
Ora l'efficienza del mio aliante è sfruttata al massimo. L'anemometro segna 160 km/h. Ho chiuso il finestrino, mi sistemo sul sedile e filo a tutta velocità sopra le montagne. Il paesaggio scorre sotto di me, seguo col dito la mia traiettoria sulla carta, da una montagna all'altra. Sorvolo in rapida transizione le montagne della Croda rossa. Alla mia sinistra, la cresta bianca dei Tauern si Avvicina sempre più alla mia traiettoria. Proprio davanti a me si estende la valle superiore della Pusteria, poi l'incrocio del Tirolo dell'est, tra l'Isel, la Möll e la Drava. Seguendo la stessa rotta di adesso, dovrei raggiungere il crinale della valle superiore della Möll. Ma questo piano va a monte.
Dopo il rilievo della Lesache, posso spaziare nella lunga valle rettilinea, sino alla Carinzia, lontano nella valle superiore del Gail. Mi ricordo allora del primo volo che avevo intrapreso sopra le Alpi del sud partendo dall'Italia del nord, quando costeggiai questa interminabile linea di creste sino alla Yugoslavia. Un vero paradiso per il volo a vela, sono queste montagne situate tra Lienz e Villach
Sullo spigolo dell'Eggenkogel, salgo sino alla cima, sollevato dall'aria ascendente. Da qui, attraverso rapidamente la valle per arrivare al passo Gölbner, poi dopo un'ampia virata a destra mi dirigo verso il circo di Lienz seguendo un'ascendenza molto regolare sul pendio. Sopra le incrinature ed i pendii rocciosi di Zetterfeld, guadagno di nuovo quota e salgo sino alla nube, da dove raggiungo in un sol tratto il nord della valle del Nöll. Scorgo lontano in fondo gli stretti tornanti della strada del Glockner, che conduce alle cime dei Tauri, e la seguo. Dal Vogelschau, si distingue chiaramente la traccia di questa strada che sale senza fare svolte, la sua costruzione è straordinariamente bene adattata al rilievo della montagna.Sopra Kolmitz, le correnti ascendenti si alzano regolari. Spiralo nel sinclinale scistoso delle cime e seguo la rotta verso est. Tra la cima della montagna e le nubi, usufruisco di più di 600 metri. Sopra la catena centrale, il cielo freddo e blu chiaro offre un ampio panorama verso il massiccio del Gleckner, ed anche oltre, sino alla regione di Salisburgo. Il Sonnblick e l'Ankgel, le montagne nei dintorni di Gastein si stanno avvicinando. Costeggio a tutta velocità, i versanti vicino a Mallnitz, poi provo ad avvicinarmi alla chiara faccia ovest del Hochalmspitze.Provo ora a trovare una nuova corrente ascendente a sinistra ed a destra del versante che sale verso la cima. Non è che dopo qualche minuto che ne scovo una, flebile, metà all'ombra. Calma del pomeriggio. Girare e rigirare. Quante spirali ho già fatto oggi ? L'aliante va da solo. Un piccolo colpo di cloche per gli alettoni, è tutto quello serve. Quale altro mezzo straordinario, posso sognare. Un veicolo, fine, veloce. Obbedisce rapido sui comandi, sale ottimamente, come un pallone. Appena si percepisce un rumore. Proprio un leggero sibilo, quando l'anemometro passa i 150. Dalle cime scoscese dell'Hochalmspitze, la vista si estende ora al di là della cresta, nella stretta valle dei Bassi Tauri. Le catene dei massicci calcarei tra Leogangern e la Totes Gebirge delimitano ora l'orizzonte.
A qualche metro solamente sopra la cima, l'ascendenza s'indebolisce. La nuvola trasparente si disgrega. Livello l'apparecchio e miro il grosso Steinmann. E volo a tutta andatura al Hafnereck, dove una corrente ascendente regolare proveniente dal fondo della valle di Malta mi riporta di nuovo sino al plafond. Sfrutto questa ascendenza spiralando tranquillamente e prudentemente. E' l'ultima nuvola sulla mia rotta verso est.
Ho ora delle prospettive nuove sulle Alpi orientali. A sinistra, a sud est, le montagne della Gurktal, con delle piccole nuvole isolate. Sono poco meno delle 15 e 30 e l'intensità del sole e già diminuita. Là, davanti a me, si apre la larga valle della Mur superiore. Al di là a nord, scorgo la linea a zig zag delle cime dei Tauri che scende verso la valle Trieben.
Costeggio in trasferimento la linea delle creste verso est, a 3200 metri, più di 700 metri sopra le montagne. E' la spina dorsale delle Alpi che serpeggia dal lontano Vallese sino a qui, e che continua sino al Semmering. E' anche la grande barriera atmosferica d'Europa, che appare oggi come una semplice piramide montagnosa la cui roccia è grigio chiara, sotto un immenso, un infinito cielo di primavera.
La sera la luce diviene dorata. L'aria è immobile. Il mio volo perde la sua alta quota di crociera e discende in lunghi minuti silenziosi sino alle cime dei Schladminger Tauern.
La Hauchgolling si allontana alla mia destra con dietro di lui, la parete chiara di calcare del Dachstein, immerso nella luce di questo fine pomeriggio. Sotto di me, il piccolo lago della Gamskarspitze spento, nell'ombra dei sinclinali cerchiati di ghiaccio bianco azzurrognolo.
Una corrente ascendente sfiora un'ultima volta le ali dell'apparecchio. Nella valle posteriore di Sölk, capito in una ascendenza dolce e non materializzata. La sua quota mi basta per proseguire il mio percorso e mi dirigo verso le montagne di Geäuse. Qui, il sole sfiora già all'orizzonte i versanti ed ha perso la sua intensità.
Al mio orologio, sono circa le 16. Mi tolgo gli occhiali scuri e poso la carta di fianco a me. Passo sopra all'Edmont in virata stretta, e scendo così nella valle dell'Enns.
L'erba invernale del campo di Aigen è tanto compatta quanto un tappeto.

Jochen von Kalckreuth

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