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MISTERIOSA PIRAMIDE

Al disopra delle cime infinite delle Alpi Occidentali, una moltitudine di punte scure e creste cariche di ghiaccio, si erigono tutte intorno, silhouette di 4000 metri.
Il volovelista che effettua un volo di lunga distanza, si arrischia sulla rotta che porta a queste cime, che rappresentano la motivazione della sua avventura. Senza tregua gli sguardi del pilota si rivolgono verso di loro, cercando inconsciamente di valutare la propria quota rispetto a queste che tutto dominano, incombendo sul percorso che segue il leggero aliante vicino a loro, che esercitano una attrazione magica sul pilota. Niente più della loro vista, provoca la sfida che spinge ad avvicinarsi, a scalarle : lo stesso inesplicabile slancio che anima l'alpinista.
Al di sotto di questo reame di orizzonti alpini, del gigantesco Monte Bianco, della cima del Monte Rosa, del Berner coperto da un guscio di neve e del Bernina brillante di ghiaccio, si erige, isolata e bella, come un monumento spigoloso imponente, stupendo ed invincibile. La misteriosa piramide del Cervino.
La roccia primitiva grigio argento squarcia il cielo come un ferro di lancia. La linea delle sue creste, ad est si slancia con un tratto vigoroso e vitreo del ghiacciaio del Theodul sino a più di 4500 metri.
E' la montagna magica dell'alpinismo, il masso più regolare di tutti, la roccia un tempo sollevata da violente forze tettoniche. Come una piramide, custodisce il segreto della legge che ha forgiato il nostro pianeta milioni d'anni fa. Chi la contempla da Zermatt, dalla cresta del Gorner, o da Cervinia, questa struttura montagnosa non la si può dimenticare per il suo fascino.
Quale tentazione, avvicinarvisi in aliante ! La corona delle vette del Vallese è elevata. Ghiacciai e costoni coperti da nevai, aria immobile e senza ascendenze racchiude la montagna, tra Lyskamm e Dufourspitze, Dom e la Dent Blanche, tra il Mont Collon ed il Grand Combin. Dal Rhône o dalle montagne d'Aosta, il pilota che arriva in aliante non può che scorgere una lontana silhouette.
E' stato durante una bella giornata di fine primavera che riuscii il mio primo avvicinamento. Avevo vinto le montagne boscose del Ticino, sorvolato il largo bacino del lago Maggiore, e trovate sui pendii sud est della Val di Sesia delle forti correnti ascendenti raggiunsi una quote utile.
Molto alte nel cielo, c'erano delle nubi così leggere come un velo, stazionarie ma danzanti in un leggero vento da nord ovest. Rapidamente l'aliante passò i 3000 metri ed attraversò il vapore delle nubi verso ovest.
Il flusso d'aria generato dalla velocità s'infiltra ora, glaciale, in cabina. Prendo, dietro di me, il mio berretto di lana ed i miei guanti. Il mio respirare disegna volute, come di fumo, nell'abitacolo. Davanti a me, cresce sempre più vicina e più alta la massa rocciosa del Monte Rosa. La lunghezza della sua facciata è di parecchi chilometri ed è coperta di ghiaccio, l'ammiriamo frequentemente dai lontani confini alpini del Ticino, ora scintilla davanti a me. Ora prossimo alla base delle nubi , posso rendermi conto che cosa rappresentano veramente 4.600 metri di roccia. L'estensione di questa parete di ghiaccio, la più alta delle Alpi, è smisurata.
Mi dirigo dirittamente verso la cresta meridionale dell'angusto circo di Macugnaga, spiralo e guadagno un po' di quota lungo i contrafforti ancora coperti di neve, abbastanza alto per avvicinarmi tranquillamente planando alla parete piena di faglie. 1.200 sopra di me si ergono i zig zag stretti delle cime, la corona di ghiaccio del gigante. Dei veli nuvolosi così sottili come fumi fluttuano alla mia quota, intorno a dei bordi ghiacciati ed a degli spacchi rocciosi aguzzi. Le macchie provocate dalle loro ombre si stagliano tranquillamente sulla parete. La montagna risplende di tutti i giochi di colore prodotti dai riflessi del ghiaccio.

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Il crinale nord del Monte Rosa
Il Matterhorn si erige sotto il manto nevoso del Cervin


Mi inclino allora sopra la cresta e attraverso l'anfiteatro bianco della faccia est. La bufera ed il ghiaccio hanno lasciato dietro loro le tracce del loro furore. Lo strato bianco bluastro della montagna è scavato da solchi, da faglie e pieghe. Detriti di ghiaccio e di valanghe hanno scavato lungo il loro percorso per centinaia di metri sulla neve. Delle pieghe rocciose sostengono degli ammassi di ghiaccio alti come delle case, che si sfiammano come se fossero ritagliati in mille linee di stratificazione. Fantastiche venature si stagliano negli spigoli infiniti di neve.
Ma io voglio andare più lontano, voglio passare a sud di Lyskamm e raggiungere la Valle d 'Aosta. E di là, guadagnare il Monte Bianco passando al di sopra del Gran San Bernardo. Ma nel mio profondo, non penso che ad una montagna, al mio primo sguardo lanciato al centro del mondo delle alpi del Vallese.
Il mio "M100" bianco si impenna e sobbalza nella potente termica che sale da delle rocce riscaldate nel circo di Alagna. Il leggero aliante viene sollevato sempre più in alto. Le ali vigorose si estendono su 15 metri di apertura, e tra di loro si trova la fusoliera con la stretta cabina del pilota, e gli impennaggi fissi con le efficaci superfici mobili. La lunga barra a manico di scopa, sottile e maneggevole, è il centro vitale di questo corpo. Con piccoli spostamenti è capace di mettere l'aliante in tutte le posizioni di volo, di mantenerlo in spirale stretta nella corrente ascendente. Obbliga l'aliante ad avanzare a tutta velocità, di portarlo d'un tratto sopra le creste e le cime rocciose. Qui non posso volare altro a condizione di essere su di un aliante che obbedisce con precisione ad ogni movimento di barra. Che permette di sfiorare i pendii della montagna scaldata dal sole, di virare rapidamente nella turbolenza dell'ascendenza.
Intorno a me, l'inverno nevoso non è ancora finito. Arrivo a vedere i primi colori verde chiaro della vegetazione nel Ticino e non sono abituato a questa trasparenza abbagliante. I riflessi luminosi e smaglianti della neve ghiacciata sotto il sole di mezzogiorno, mi fanno male agli occhi. Ho guadagnato 3600 metri di quota, In trasferimento rapido vado all'assalto dello spigolo sud del Monte Rosa e continuo sulla mia rotta, guardando con attenzione la carta delle Alpi. A sinistra si ergono le scure punte delle cime del Gran Paradiso, e davanti, in lontananza, ecco l'estremità della valle di Gressoney. Poi, il mio sguardo si rivolge verso la lunga e profonda vallata d'Aosta, riconosco l'uscita della Val Tournanche, proprio davanti il prolungamento del muso dell'aliante. La strada verso cervinia, verso il Cervino.
Al livello degli ammassi ghiacciati incappuccianti la cresta del Lys, l'aria è fredda ed immobile. Faccio una virata verso sud ovest, passo il Breithorn esattamente mantenendo la mia quota lungo le pareti scoscese a sud del Platon Rosà.
Il Vallese del sud è inghiottito sotto la neve sino nel fondo valle. Non è che a Tournalin che ritrovo una incerta corrente ascensionale. Lentamente, spiralando durante minuti interminabili, riprendo una quota di 3300 metri. Guardo allora verso nord ovest. Sopra il profilo del Theodul si erige una cima triangolare, attraversata da una linea di creste scoscese, tra l'ombra e la luce : la misteriosa piramide.
Smetto di spiralare cambiando di direzione, penetro nel vasto circo di Cervinia, attirato e stregato da questa meravigliosa montagna. La pienezza della luce sul suo versante sud, tutto bianco, il riverbero in quota, mi bruciano come attraverso una lente ; molto massiccio , il Cervino si eleva dalla Skyarena di Cervinia, anche se incufffiato da una calotta scoscesa di cime. Una spessa massa di nuvole si stende alla sua base ad est. Direttamente ad ovest della montagna sopra la cresta si eleva la punta del Dente Bianco. Sopra questa il cielo è di un chiarore trasparente, pieno dei raggi che riflettono le superfici infinite della neve. La misteriosa piramide si bagna in questa luce.
Qualche anno più tardi, vi arrivai in un volo venendo da nord.
Avevo faticosamente attraversato il Texin superiore, in un cielo senza nubi, trovai un'ascendenza parecchio forte solo al livello del passo del Sempione, e volai alla fine del Monte Leone sino alle montagne confinanti la valle del Rhône. Qui l'atmosfera cambiò, divenne trasparente e turbolenta tra la valle e la linea delle nubi. Un lungo traversone mi portò ai piedi del ghiacciaio dell'Aletsch. Sui costoni assolati della Weintal, mi arrampicai spiralando sino alla nubi piatte delle cime e volai per un'ora sopra lo splendore dei Géants du Berner, tra la valle Lötschen e la Finsteraarhorn. Ma ecco che i miei pensieri vanno di nuovo al Cervino, penso già al percorso risalendo la Mattertal.
Faccio una virata verso sud ed attraverso la valle piena di foschia sopra Brig, e mi dirigo verso il massiccio del Mischabel. Le montagne che fiancheggiano ad ovest il Dom, producono una forte corrente ascensionale, le rocce ricoperte di grandi placche di neve apparivano, qua e la, color bruno ruggine. L'aria del sud permette qui la formazione di grandi nuvole grigio bianche. A 3600 metri di quota, giro nelle filappere al plafond quando la parete ghiacciata occidentale del grande massiccio si eleva ancora parecchio sopra di me.
Evito le nubi, mi dirigo verso sud ovest, nella chiaro, e scorgo allora in distanza, la stretta incavatura della valle di Visp, le case di Zermatt, e di sopra, la base della piramide coperta di ghiaccio. Delle nubi mi impediscono ancora di vedere bene. Sopra il versante orientale di Zinalrothorn, spiralo nella seconda ascendenza, e salgo nell'ombra di un grande cumulo. A 3800 metri di quota, mantengo la rotta a sud, verso il cielo blu, e mi dirigo dritto su di un letto glaciale grigio, nella depresione situata tra il Dente Bianco ed il Cervino. Il solco di pietra si stende in un paesaggio immobile, sotto dei detriti di ghiaccio, come un fiume in secca, con delle rive dai bordi sopraelevati e taglienti. Sopra il circo di Zermatt, un'ascendenza mi solleva sino ad una grande nube. Con più di tre metri al secondo in salita spiralo sino alla base e più in alto. Ancora una volta sfrutto la nube, e salendo via via meno, arrivo a 4100 metri. So in questo momento che la montagna tutta mi appartiene.
Quando riemergo dal grigiore nel chiaro, l'Horn mi squadra dalla sua imponenza. La roccia, a volte scura o bianca di neve, si porta sino alla cima audace. Delle tracce di nubi salgono dalle sue creste nel vento in quota.. Sopra alla faccia nord, pressoché verticale, dei larghi saracchi gravano con tutto il loro peso di ghiaccio tutt'intorno ai piedi della montagna. Nei numerosi spigoli di granito, gli scuri ed i chiari si alternano in violento contrasto. Volando più da vicino, mi rendo conto che l'edificio montagnoso nasconde una grande parte del cielo, e che attenua l'irraggiamento della luce in quota. Quando raggiungo la buia parete nord e la mia ala destra punta direttamente sulle fessure nella roccia, percepisco improvvisamente dentro di me il soffio di ghiaccio del gigante. E, cosa che ancora non mi era successa volando, provo una leggera vertigine alla vista del precipizio senza fondo rispetto al mi punto.

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Sotto la faccia nord del Matterhorn
La misteriosa piramide


In più riprese, visto che la mia quota me lo permette, avvicino l'aliante alla parete. Col fiato mozzato, contemplo gli strati di roccia coronati di neve, ocre frammischiati d'argento, valuto ad occhio in questi blocchi rocciosi i punti, tra cui i più erti portano al cielo, quelli che gli alpinisti cercano. Si, per me stesso, è come se mi trovassi su di un balcone roccioso e che dovessi inerpicarmi sulle pietre e sui solchi verticali per i 700 metri che mi separano dalla cima. Il racconto della traversata in solitario ed in inverno di Bonatti della parete nord mi ritorna in mente. Che forza ha dovuto spingerlo !
Devo quindi lasciare il piede della parete, mi dirigo verso est e riprendo quota a partire dal versante roccioso del Gornergrant. Prima di andare verso il Texin, scruto con un largo cerchio sino a Hörnlingrant, e lancio l'ultimo sguardo indietro. Ho ora la vista più completa della montagna, della piramide in mezzo alle nubi. Le facce nord est formano due piani scoscesi perfettamente riportati uno sull'altro. La cima della montagna s'orienta verso sud est, in un movimento armonioso. Questa rotazione di pietra conferisce alla piramide il suo strano fascino. Una banderuola di nubi indica dalla sua punta il sud.
Nella direzione del Monte Rosa, la montagna ritrova la sua forma simbolica, si libera di nuovo dalla goffaggine minerale. Custodisce il segreto della sua forma.

Jochen von Kalckreuth

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