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FÖHN NEL TICINO

L'aria diviene burrascosa, onde corte s'infrangono sulle rive del Lago Maggiore. Il vento del nord che soffia dalle altitudini delle Alpi, spazza sempre più forte le pareti di un giallo autunnale delle montagne tra Locarno e Varese e si precipita sulle acque nere dei grandi laghi di montagna. Le onde sono di più in più sempre più alte, già dei refoli di schiuma volano intorno agli ultimi battelli. La tempesta giunge allora tra gli alberi e le case, facendo volare tegole e rami. Il Föhn attraversa di gran carriera il Ticino.
Nel Sonnengarten sulle Alpi, il tempo e le montagne si mostrano sempre nello stesso modo quando l'attraversa il vento del nord, secco e glaciale,. L'aria che circola tra i contrafforti arrotondati e la larga corona che formano le cime bianche di neve dal Vallese all'Engadina è quindi limpida e sgombra di nubi. Il disco solare, piccolo, di un oro pallido, sembra fissare ogni roccia dal suo occhio acuto come quello di un falcone. Un intenso bagliore illumina il paesaggio sferzato dal vento. Le ombre conferiscono alla montagna un rilievo nero e spigoloso.
Ora, potrà decollare, solo chi ha tra i suoi amici un pilota trainatore !
Subito dopo un faticoso decollo, il vento di traverso turbolento spinge l'aliante che sobbalza verso i bordi della pista, ed ancora dopo, il traino e l'aliante passano tangenti sopra i grandi alberi che bordano il lago di Varese. A malapena riescono ad attraversare l'ascendenza sul bosco, per essere poi afferrati da un refolo che passa in tromba sopra l'acqua. All'estremità del cavo agitato da violente scosse, l'aliante, leggero come una piuma, è sballottato in alto ed in basso.
Infine arrivano all'altro lato del lago ribollente, ad 80 metri sopra la sua riva sud. Immobilizzandosi faccia alla bufera, l'aereo si mette a salire bruscamente, tale da proiettare il leggero aliante a parecchi metri sopra al traino stesso ed orienta i suoi impennaggi verso l'alto.
Mi devo sganciare.
Salgo a 5 metri... Poi a 7 metri/secondo. Chi è arrivato a raggiungere il Campo dei Fiori, può vantarsi di avere avuto fortuna, poiché è il trampolino ideale per guadagnare l'alto Ticino. Sul bordo alpino il vento soffia oggi ad una velocità da 70 ad 80 km/h. Con molta forza batte la scoscesa parete nord dell'Hausberg di Varese, si infrange nella serie delle cime degli abeti sul crinale scosceso e si abbatte sulla città che si stende parecchio lontana. Se per combinazione l'aliante arriva sotto vento, rischierà di precipitare tra la foresta di arbusti perdendo ogni controllo.
Ho subito tre fiaschi successivi durante le violente raffiche. Ho dovuto ogni volta ritornare alla riva sud del lago e ripartire dal basso per una nuova ascendenza.
Infine sono riuscito nel sorvolo a 1800 metri di quota venendo da sud ovest. Sono passato a qualche metro sopra la cresta, a 140 km/h, per guadagnare il lato esposto al vento. L'apparecchio fila a tutta velocità, tremulo, sale nella corrente di pendio e si trova preso nella termica brutale. Tiro sulla barra e arrampico come un jet.
Dopo aver descritto qualche 8, sono riuscito a salire da 1700 a 2300 metri e l'aliante si mantiene ora immobile nell'onda del Föhn che lo spinge.
Mi immergo bene nel fondo del seggiolino nella fusoliera stretta, larghe cinture mi trattengono solidamente, la cappottina s'apre tutt'intorno a me sul cielo limpido. Mi tolgo gli occhiali da sole e mi asciugo la faccia. Fa caldo.
Nel corso della sua danza selvaggia delle prime ore, il leggero apparecchio è stato altrettanto provato come il pilota. Le estremità affilate delle sue ali sono state scosse. Le mie braccia e le mie gambe oscillavano nella condizione di mancanza di gravità nelle cadute brutali e repentine. Forzavo le ginocchia e le gambe, le spalle e le braccia contro le rotondità dell'abitacolo per non essere proiettato contro la cappottina, per la pressione della mia mano irrigidita sulla barra, il polso ed i tendini cominciavano a farmi male.
Il vento del nord ulula intorno alla cabina, tuttavia il piccolo disco solare che scalda pesantemente attraverso la cappottina , mi brucia il volto e le mani.
Sopra le montagne la luce è smorta e si ha una visione chiara e netta verso il fondo vuoto tappezzato di boschi senza foglie, sui letti dei torrenti. Con altrettanta chiarezza che sotto una lente, distinguo le distese dei ghiacciai del Monte Rosa, la punta dell'Hauts Berner, il crinale degli Appennini, lontani a sud. Come è possibile che due occhi abbraccino con un solo sguardo tante cose ?
Spingo sulla barra e porto l'ago dell'anemometro a 150/170 km/h. Lentamente, la cresta del Campo s'allontana dietro a me. Contro una tale tempesta, non posso che avanzare faticosamente. Ma la mia quota nel corso di questo volo di pendio non è molto importante, devo di costa in costa andare dall'altro lato, verso il primo rotore, al lago di Lugano. Ma è veramente la ?
Certo, delle leggere nuvolette danzano durando qualche secondo proprio là ; turbinano come delle banderuole e si rifondono nell'atmosfera blu spassose..., ma c'è là il rotore ?
L'aliante picchia ora di muso per discendere a tutta velocità, per 15 km faccia al vento del nord che soffia tempestoso. La superficie delle acque ribollenti del lago si avvicina sempre più. Il vento forma delle onde orlate di bianco. Perché dunque non ci sono delle ascendenze ? Mai più arriverei a raggiungere il piccolo campo d'aviazione di Agno.
Ecco che la lancetta del variometro discende molto di più ancora. Questo è senza dubbio il turbine del rotore. L'aliante cade per 100/150 metri. Infine il naso della fusoliera si alza, l'anemometro risale di colpo. L'impennaggio si rialza ancora di più ora.
Sono finalmente riuscito a trovarla, questa scala invisibile, questo rotore sopra Ponte Stresa. Ora basta non uscire da questo formidabile vortice d'aria. Sono proprio sopra il lago.
Inclino l'aliante a destra e tiro sulla barra. Solo spiralando stretto mi permette di restare così su questa corrente ascendente. 5 m... 7 m... 0 m... 3 m... Il Ticino sfila a tutta birra intorno alla cabina, come in una giostra folle. Il tempo di una spirale non può superare i 10 secondi. Nessuna ascendenza è più forte o più stretta che quella di un rotore.
Ho già guadagnato 700 metri, ed il variometro oscilla tra i 3 ed i 7 metri/secondo. L'orizzonte sfila a tutta velocità davanti al naso della fusoliera che si scaglia nel blu del cielo. Mi guardo intorno, cerco delle tracce di nuvole tali da indicarmi la presenza di una corrente ascendente da sfruttare. Dove dunque si trova la testa del rotore ?
A causa di questo breve istante di disattenzione, eccomi buttato fuori dall'ascendenza, l'aliante cade senza controllo, la corrente discendente che mi contorna incombe come una cascata. Oriento di nuovo l'aliante faccia alla tempesta. Perdo 300 metri di quota prima di ritrovare il rotore. A più riprese ancora, questi mi scuote dall'alto in basso, sino a quando raggiungo 2800 metri di quota. Piccole condensazioni mi circondano e mi indicano che la testa del rotore è molto vicina. La turbolenza aumenta, con dei momenti di caduta anche. Devo continuare.
Mi oriento di nuovo faccia alla tempesta. Ma questa volta parto da più in alto. Da un vigoroso colpo di governo, lascio filare l'aliante a tutta velocità. Si avventa come un falco. Davanti a me dei nuovi nastri nuvolosi si innalzano dall'alto bacino sinclinale del Monte Tamaro, che capta l'energia solare nello specchio concavo che forma il suo anfiteatro roccioso.
Ancora una volta devo attraversare questo rotore, dirigendomi verso la lunga onda sopra la valle del Ticino, cioè a 30 km da qui.
E mentre mi sforzo per quanto possibile di avanzare, mi rendo conto ancora una volta, a qual punto la formazione dei rotori e delle onde è sconcertante. L'aria instabile del nord, che la violenta bufera in quota porta nelle Alpi del Sud, dà, con un forte insolamento, una buona termica. Queste sono soprattutto delle barbule sotto vento che si staccano dai versanti meridionali sotto l'azione di potenti correnti. Questi stretti passaggi d'aria provocano allora nell'onda del Föhn, una ascendenza simile ad un rotore. Ma capita frequentemente che le ondulazioni spariscano durante la giornata. Non è che alla sera, quando il sole declina, che diviene possibile salire nella corrente laminare che non è più a quel punto perturbata. Nel Ticino si trovano sempre le onde formarsi sotto vento delle alte montagne. Quindi anch'io così, mi dirigo verso le alte montagne del Ticino.
La linea delle cime che si stendono da nord a sud, dal Tamaro al Lema, misura parecchi chilometri di lunghezza. La sorvolo abbastanza teso, controllo molto attivamente i movimenti dell'aria intorno a me. E malgrado ciò, prima di aver potuto reagire e tenere bruscamente il governo, la corrente discendente lungo il Tamaro, invisibile nel blu perfetto del cielo, mi cattura. Cado inesorabilmente. Ero tuttavia a 900 metri sopra la cresta e pensavo di arrivare senza problemi ai riferimenti nuvolosi che vedevo davanti a me.
In qualche secondo, il paesaggio rivela un aspetto differente, le forme si mettono in movimento, è la sensazione che solo un paracadutista può conoscere. Mentre scendo, il rilievo montagnoso immobile si mette a muoversi, in tutti i sensi, si deforma e cresce di più in più intorno a se stesso. Il Ticino si avvicina a tutta velocità come un muro, di acqua, di creste, i versanti boscosi secchi turbinano venendomi incontro. Questa caduta mi precipita 1400 metri più in basso. Con una rapida virata a destra, riesco a riportare l'aliante dal versante sud est del Lema verso la valle di Lugano, mi dirigo verso i pendii situati più in basso, spinto dal vento che ho in coda. Ma per andare dove ?
Sopra Ponte Stresa cerco di nuovo disperatamente l'ascendenza inferiore del rotore. Ma non trovo che discendenze.
Comincia a fare caldo nell'abitacolo, la cappottina si copre di vapore, che mi impedisce la visibilità. Apro il finestrino e con l'incavo della mano mi ventilo la faccia con dell'aria glaciale.
Virate a sinistra e destra, spirali complete faccia al vento. A 600 metri devo sfruttare una corrente ascensionale molto debole. Quasi sopra la riva del lago, il variometro risale, progressivamente e regolarmente. Fuori, il vento dell'ascendenza ronza e fischia tra gli interstizi della cabina. Mai ancora avevo spirato così stretto, la forza centrifuga a 120 km/h mi pesa sulle braccia e le gambe, mi infossa la testa tra le spalle. Eppure il variometro resta stabile. Non è che a più di 2000 metri che allargo la spirale, ed a 2900 metri mi trovo di nuovo in cima al rotore.
Questa volta mi dirigo con più cautela verso nord, mantenendo la traiettoria ad est della linea delle creste del Lema e penetro dentro il rotore successivo, direttamente sopra il valico del Ceneri. Sul versante nord scosceso del Tamaro, il vento di pendio si alza verso la corrente ascendente, si mischia vorticosamente ai refoli della termica, e salgo sino a 3200 metri.
Grazie a larghe oscillazioni, mi ritrovo finalmente come un pesce nella corrente e controllo la mia posizione gettando brevi colpi d'occhio verso il basso, verso i solchi rocciosi che discendono dal Tamaro al lago Maggiore. Compio così dei rozzi sforzi durante più di due ore prima gi raggiungere il punto di partenza ideale per abbordare l'onda del Föhn.
Ho infine il tempo di gettare un colpo d'occhi intorno a me. A 100 km ad ovest brilla la parete di ghiaccio del Valais, le cime del Monte Rosa, la Weisskamm ed il Dom. Sempre a 100 km, ad est sopra il mare di ghiacci che lo circonda, c'è il Bernina che si erige. Il vento del nord frusta violentemente il limite opposto delle Alpi e rimbalza sino al muro di creste principale, contro la Jungfrau, il Schreckhorn ed il Tödi. Tutto il nord all'orizzonte è carico di brandelli di nuvole piatte, che filano verso sud e si disgregano poco a poco. Dappertutto davanti a me, delle nubi di rotore salgono dalle strette valli alte e si arrotolano nel cielo.Il mio termometro esterno segna ora - 9°.
La prossima attraversata della valle del Ticino dovrebbe permettermi di raggiungere il rotore più potente, la cui forza dovrebbe sollevarmi sino all'onda.
Predo i punti di riferimento.
La valle di Mesolcina a serpentina da est verso il basso, collega Bellinzona al passo del San Bernardo. Si allarga al livello della città fortificata, la vedo sotto di me, molto popolata che si stende verso ovest e scompare di nuovo nella stretta Centovalli. Così si presenta il grande asse centrale del Ticino : i versanti inferiori sono coperti di vigne e di castagni, ed i pendii superiori, scoscesi e poco alberati, sono coronati da rocce grigie. Si sente urlare la bufera sopra questi paesi di montagna, foglie secche volteggiano sino al mio aliante,
Quando poco dopo, 800 metri più in basso, salgo a 170 km/h nel nuovo vortice del rotore, mi trovo già dall'altro lato, a nord della larga valle, sopra il contrafforte meridionale della Cima dell'Uomo. Non mi sarei meglio augurato che di trovare questa corrente ascendente. L'ago del variometro è a fondo scala, l'altimetro comincia a salire.
La testa del rotore e le nuvole sopra di me brillano di un biancore di più in più splendente sulla mia ala destra, luccicante.
Accendo il virosbandometro mentre l'aliante spirala guadagnando quota. Dopo le forti raffiche e la spinta continua verso l'alto della colonna d'aria, sento chiaramente che ho a che fare con la scala che mi porta all'onda. La base grigio cupo della nube del rotore si avvicina, agitati per la bufera, dei veli nuvolosi salgono e sfilano già vicino alle mie ali. Intorno a me, la corrente ascendente si condensa formando arabeschi fantastici.
Quando improvvisamente entro nella penombra, so che sto penetrando direttamente nella nube. L'ascendenza passa ampiamente i 7 m/s, la forza di aspirazione della potente rotonda nube afferra l'aliante e l'attira nel grigiore.
Con un vigoroso colpo d'alettone, obbligo l'aliante ad uscire da questa spirale e dirigo verso il davanti della nube. L'ascendenza che mi trascina persiste e devo continuare ad avanzare, poi finalmente attraverso di sbieco le nuvole ed emergo nella luce smagliante.
Sono riuscito a salire a 3400 metri. Mi arrampico davanti al rotore con l'ala sinistra nella condensazione ribollente, costeggio così tutta la costa sopra vento della nube del rotore, che mi sovrasta ampiamente di 500 metri. Tuttavia, l'ascendenza più forte si trova all'interno della nube bianca. Descrivo una nuova spirale e penetro dentro. Il variometro a scala di 15 metri fa un balzo, l'ago si blocca in alto. L'altimetro salta a 4100 metri. Ma uno strato di brina ricopre le mie ali e mi obbliga a riportarmi davanti al rotore. Oscillo come in volo di pendio, mantenendomi saldamente faccia al vento, poiché lo scarrocciamento è forte. Rapidamente, da sopra la cresta nuvolosa, riesco a vedere in lontananza, verso sud, ho superato il rotore.

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Volo d'onda col Föhn sopra il Tessin
Rotori sull'alto Tessin


Qualche secondo più tardi, constato di essere passato nella corrente laminare pressoché improvvisamente, è la calma piatta intorno a me. Il variometro mi indica tuttavia che continuo a salire, trasportato nell'ascensione regolare di questa vasta onda.
Mi fisso rapidamente un punto di riferimento nel profondo e continuo a salire costantemente descrivendo dei larghi semicerchi. L'aliante si innalza nel cielo limpido, silenzioso, come un vascello spaziale.
Posso ora continuare la mia salita contemplando il vasto panorama, senza controllare l'altimetro. Il rilievo montagnoso spigoloso, che appariva con tanta chiarezza, in poco più di un istante, cominciava ad uniformarsi, i suoi contorni divenivano più sfumati, e si metteva ad assomigliare ad una carta geografica che si spiegava lontana sotto di me. Ho una prospettiva di più in più larga, che si stendeva dal Monte Bianco all'Ortier. Le nuvole del rotore sono sempre più piccole. E l'onda è sempre così potente.
Prendo dietro a me la maschera ad ossigeno, apro la valvola principale ed il regolatore sul cruscotto, poi passo con precauzione la cinghia d'attacco della maschera sopra la testa. Mi cambio il mio leggero cappello di tela con uno spesso berretto di lana, m'infilo i guanti di pelo destinati a riscaldarmi le dita infreddolite. Il manometro dell'impianto segna 140 atmosfere. Dispongo così certamente di 1 h ½ di volo davanti a me. Ho già passato da tempo i 5000 metri.
Poi ho superato i 6000 metri. Il Ticino diviene sempre più piccolo, i laghi non sono che dei piccoli specchi riflettenti il sole.
Un flusso d'aria fa bruscamente irruzione sopra le Alpi, sento la forza della corrente fredda. Benché, gli alti massicci della cresta principale costituiscano un ostacolo a questo assalto, e le cime ardite del Finsteraarhorn , le montagne intorno al Furka, ed al Gottardo emergono sopra il mare di nubi saldate. Cadute di neve defilano verso sud. Tuttavia, solo il passaggio fuggitivo di ombre leggere di nubi sulle distese dei nevai mi indicano quale è la forza del vento. Resto seduto, immobile, nell'aliante silenzioso, e nel contempo non ho bisogno di intervenire sui comandi. Lo spettacolo che mi si offre mi seduce completamente.
A 7800 metri, l'ago del variometro discende e si fissa ad 1 metro di caduta, poi si mantiene finalmente vicino allo zero. Ho oltrepassato l'onda. L'aliante è sospeso quindi su di una stretta cresta d'aria (fila a 100 km/h come una freccia nel cielo). Solo il mio sguardo diretto verso il basso mantiene il contatto con la terra, dove non possono probabilmente vedere neanche più questo piccolo punto bianco che è il mio aliante.
Un freddo pungente si fa sentire. Sbatto le mani e raggomitolo le dita dei piedi negli stivaletti. Il termometro indica - 25°, d'altronde la scala di gradazione non può segnare di più. A questa quota dovrebbe essere sotto i -30°. Il mio fiato forma un velo di vapore che fluttua nell'abitacolo e lascia delle tracce sulla parete vetrata. Devo tenere la ventilazione aperta al fine di tenere un po' di visibilità. Rimuovo continuamente lo strato di brina che si deposita all'interno della cappottina. Quando apro il finestrino, dell'aria polare mi arriva sulla faccia come aghi di ghiaccio. Ho gli occhi che piangono.
Aspiro profondamente nella maschera una boccata d'aria che sa di muffa, sento ora il battere sordo della mia stessa circolazione risuonare nella mia testa. Il blu del cielo scurisce poco a poco, lo spazio senza luce brilla attraverso la stratosfera molto vicina.
Ma devo staccarmi dal fascino di questa salita. L'orologio sul cruscotto segna in effetti già le 16,40. In meno di un'ora, il sole tramonterà e tuttavia non ho ancora pensato di atterrare. La bufera farà più che raddoppiare il mio rateo di discesa e potrei coprire la distanza del ritorno di 60 km in ¼ d'ora, a più di 200 km/h. Non dalla quota in cui sono, Volevo anche attraversare le onde che si trovano davanti, sino al passo del San Gottardo.
Delle ombre molto scure passano, indicandomi che il sole è in procinto di abbassarsi. Capisco adesso perché, verso est, sopra i 4000 metri del Passo del Sempione, enormi nubi d'onda si ammucchiano per centinaia di metri in numerosi strati bianco grigi. Forme stirate, che restano immobili, come delle strutture pietrificate, d'una leggerezza eterea, una meraviglia in questo cielo di Föhn.
Lo scuro solco che forma la valle di Verzasca disegna la mia rotta verso nord. Tra 120 e 160 km/h, l'aliante ondeggia dall'alto in basso, fila come un delfino verso la cresta principale delle Alpi attraversando l'aria mossa dalle onde. Poi passo la demarcazione di pendio dell'aria ascendente, affondo a 180 km/h attraverso le zone discendenti per parecchi minuti, e mi ritrovo infine, a 6400 metri, nell'onda che si trova sopra al largo versante della cresta del Monte Zucchero. Il gioco ricomincia sopra i 7000 metri, ma questa volta raggiungo il versante sud della stretta valle di Bedretto.
Nella pallida luce del crepuscolo, Airolo ed il confine meridionale della strada del San Gottardo, si stendono ora giù lontane, alla mia sinistra. Da qui, arrivo a vedere al di là di Sion, nella valle del Rhône.. Ma la massa cotonosa delle nubi blocca tappando la vista sulla valle di Andermatt ovvero su quella del Rhin anteriore.
A 7400 metri, mi ritrovo, immobile, nell'onda, a più di 3000 metri sopra il plafond bianco del muro del Föhn di nord. Ecco, la bufera strappa dei lembi di nubi a questa copertura. Inseguono le loro stesse ombre leggere, e spariscono rapidamente. Qui, la corrente ascendente dell'onda è potente e continua. Se il vento del nord continuerà a soffiare, io potrei passare tutta la giornata sopra le Alpi.

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In onda del Föhn del nord sopra il passo Nufen
Traversata dell'Ortler sulla cima Venézia


Ma le ombre che proiettano le cime s'allungano sempre più. La riserva di ossigeno anche sta finendo. Sento ora due volte più freddo, e mi libero poco a poco del fascino che esercita su di me questo volo.
Congelato e stordito, decido di fare un mezzo giro, e di ritornare in volo rettilineo sino al limitare delle Alpi, a 90 km a sud.
Ho appena necessità di abbassare l'alettone inamidato dal freddo, per fare virare l'aliante sulla sinistra. Un'ultima volta, vedo l'orizzonte sfilare sul naso della fusoliera, e con nubi intorno, il passo di Grimsel, il Schreckhorn e la Jungfrau.
Dopo queste ore di intensa concentrazione, non percepisco più che con una certa indifferenza, questo universo nascosto sotto la neve tutto intorno a me.
Viro poi di 180°. Il Föhn mi spinge in coda e raddoppia la velocità del mio ritorno.
Atterrare, devo atterrare se no ho l'impressione che i miei piedi debbano staccarsi, talmente sono freddi.
Ventidue minuti più tardi, l'aliante viene inghiottito nella depressione già immersa nell'ombra di Varese. Dove mille punti luminosi tracciano il contorno di questa città appollaiata su di una collina.
A 400 metri, distinguo vagamente le creste bianche delle onde sul lago. La manica a vento che fluttua al vento, m'invita a sorvolare la distesa d'acqua per andare a posarmi sul campo, estraggo il carrello d'atterraggio, poi gli aerofreni e devo fornire un ultimo sforzo di concentrazione per questo atterraggio corto.
A condizione che ora nel campo non sia troppa la pendenza, altrimenti la bufera soffiando da nord mi spingerà nelle canne.
L'aliante vibra e scende a tutta andatura.

Jochen von Kalckreuth

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