Immagini - Volo a vela - Alianti - Ferrara di notte - Il Palio di Ferrara - Buskers Festival Ferrara

 

Questo e-mail è stato inviato alla lista di volo a vela nel gennaio 2001 dopo l'incidente di Roberto Maggiora.

Ho sempre cercato di volare con prudenza, anche se questo non è poi stato in ogni occasione vero. Mi ricordo che a Fayence, ad un pilota abbastanza giovane cercavo di spiegare la tecnica di volo in costone, dicendogli con dovizia di particolari, cosa secondo me si doveva o non si doveva fare. Alla sera del giorno dopo, lo stesso pilota, dopo avermi visto volare sui costoni del Malay e sul costone de Lachens, mi disse che secondo lui, ero in certi momenti o troppo lento, o troppo vicino oppure mi infilavo in certi punti a quote irragionevoli. Gli evidenziai che la prima volta che avevo volato da quelle parti, ero stato più veloce, più lontano ed alto rispetto ai costoni di quanto lui non mi avesse visto quel giorno, ed aggiunsi che la conoscenza specifica di un particolare terreno è fondamentale sui successivi comportamenti. In quell'occasione non mi ero certamente messo in situazioni di pericolo, ma ecco che avevo sbagliato non sottolineando a priori a questo giovane pilota, la soggettività di certe scelte. Altro esempio è ciò che succede a piloti di un certo grado quando hanno occasione di mettersi sulla coda di un qualche campione in gara: ad un certo punto devono arrendersi ad un tipo di volo che è contrario alle loro specifiche esperienze o capacità di valutazione o resistenza allo stress. Ora viene spontaneo di chiederci se, a chi ha meno esperienza di noi, diamo sempre, seppur in buona fede, delle indicazioni corrette? E sino a che punto l'emulazione o meglio tentativi di emulazione sono un fatto positivo?
Ho seguito sulla mailing list tutte le considerazioni che sono state fatte: Andrea Ferrero ha raccontato il suo impatto con un cavo non visto, racconto che io avevo già sentito da lui personalmente, mi sono anche riletto tutte le e-mail di Roberto, per cercare di capire se e quanto poteva avere influito un determinato modo di essere. Credo di conoscere abbastanza bene il modo in cui Andrea Ferrero vola, il suo carattere veramente interessante, il modo meticoloso con cui sa pianificare un volo anche nei minimi dettagli, la sua capacità di sintesi ed autocontrollo nonostante il suo essere impetuoso. Al contrario conosco piloti a cui, ad un certo punto la soglia emotiva supera quella dell'auto controllo. Per Roberto, nonostante tutti i nostri sforzi, non abbiamo gli elementi, per sapere effettivamente cosa e come sia realmente successo. Forse noi facciamo queste analisi per cercare il limite tra la somma di componenti che possono portare ad un esito negativo sia dal punto di vista ambientale, tecnico ed umano. Di errori ne facciamo tutti, Roberto è stato particolarmente sfortunato Noi tutti oggi siamo qui, e certamente ognuno di noi ha qualche sua "avventura" da raccontare. Cosa che certamente anche in questa occasione cerchiamo di fare, ma sappiamo che non è concettualmente facile trasformare esperienze in cultura, cioè trarre degli elementi validi per tutti. Un incidente con le conseguenze tragiche ci lascia sgomenti, perdiamo l'anello di congiunzione verso quella che è la nostra speranza di potercela cavare in ogni situazione. Sappiamo che molti smettono di volare nei primi due o tre anni di attività, questa è la dimostrazione di quanto sia difficile, capire e superare tutti gli ostacoli dentro e fuori di noi che si frappongono tra un brevetto ed una consapevolezza delle proprie capacità di affrontare un determinato tipo di volo e, non ultimo quali limiti porsi.Ho sempre sostenuto che una scuola di secondo periodo sia una cosa estremamente difficile da strutturare tante sono le componenti e le variabili in gioco, vedi natura delle persone, qualità dei materiali e terreni in cui si opera. Luca Minoli, ha cercato di spiegare quanto sia necessario combinare tutti i fattori che contribuiscono ad un insieme, ci ha detto cosa si fa in altri sport, questo come stimolo per vedere cosa facciamo di analogo nel nostro sport.
Ecco che dovremmo ricercare e codificare tutti quegli elementi che sono necessari per formare in modo il più univoco possibile questa cultura di secondo periodo!

Giancarlo Bresciani

 

ritorna all'indice

Risposte significative

Andrea Ferrero:

Parole Sante Giancarlo,Lo so che è difficile comunicare, a me successe la stessa cosa qualche anno fa portando in giro un ragazzo del 2 periodo, ma dobbiamo farlo, credo per EVITARE come dicevo ieri gli incidenti perché purtroppo gestire l'emergenza è' veramente, veramente difficile; io credo praticamente impossibile da insegnare poiché se posso fare vedere che si può volare più vicino ad un costone e poi gli dico tu però incomincia dal volare più alto (mi ricordo ancora a Barcellonette le prime volte con l'istruttore me la facevo veramente sotto!!) se posso fare atterrare fuoricampo (vero non su un aviosuperficie) standomene seduto dietro tranquillo, ovviamente il campo era a me noto e lungo fin che basta :-) , lasciando pilotare quello davanti dicendogli che io di fuoricampo ne avevo già fatti mentre era lui che doveva atterrare fuori la prima volta, NON posso purtroppo tagliare un ala e vedere come ci si comporta prima di lanciarsi e qui le variabili sono veramente troppe ed imprevedibili

.Ciao Andrea

 


Sergio Capoferri:

Vi sottopongo tre esempi :

1. Due anni fa', pilota neobrevettato, esperto paracadutista, commette un grossolano errore di valutazione della giornata ( non valuta bene il vento da s-sw) ( primo errore ), prende un grosso sottovento ( secondo errore) che lo mette in serie difficoltà per il rientro a Valbrembo. Decide di seguire il fiume fin che può (terzo errore ). A questo punto complice anche l'aliante (un twin) si trova veramente troppo basso a circa 2 KM dal campo. Dopo tanti errori prende una decisione importante capendo che non può passare i fili dell'alta tensione tra lui e il campo. Per radio disse solo con estrema sicurezza : "vado nel fiume "( soluzione ... azzardata ). 180 gradi a sx da una trentina di metri di quota, l'ala impatta le piante, l'aliante ruota di altri 180 gradi ( chiudendo così un 360 ), l'altra ala impatta un'altro filare di piante in riva al Brembo, poi va giù di cod ae infine la cockpit.
Pilota illeso. Nemmeno un graffio. Paura ( per me che l'ho visto e per lui che ha vissuto l'emergenza ) tanta.
Commento mio : ha avuto molto sangue freddo, ma è stato altresì estremamente
fortunato.

2. Pilota di media esperienza ( circa 250 ore ) dopo aver preso circa 20 min di sottovento ( primo errore ) da NE lascia una zona atterrabilissima a 1200 mt di quota e 40 Km dal campo. Con la sua esperienza il rientro era IMPOSSIBILE. Decide per il rientro : non vuole affrontare il fuoricampo (secondo errore). Prende il centro valle ( terzo errore ). E compie un atterraggio ( ! ) circa 5 Km dopo in un campo di un'ottantina di metri con fili dell'alta tensione e terrapieno ( inutile precisare che è stato il campo a scegliere e non viceversa ).
Esito : aliante distrutto, pilota illeso.


Commento mio :

non era il suo momento. Inutili le chiacchiere sulla fatalità, una serie di errori del genere raramente hanno esiti così buoni.

3. Mostra di Valbrembo 2000. Due piloti decollano alle 5 con un motoaliante Grob G109 A, 80 cavalli....spompati.

Primo errore :

decollando con un filo di vento in coda e non usano tutta la pista (secondo errore ). Appena staccati compiono una ardita virata quasi sfogata verso sx ( terzo errore), complici vento e caldo, il motoaliante non prende quota. Non controllano prima del decollo i fili dell'alta tensione (quarto errore) a Ovest del campo (sono segnalati anche sulle nostre procedure di atterraggio e decollo). Per concludere la bella buffonata (forse credevano di avere in mano il pitts special ... ) si mettono con prua W/SW e sole in faccia (quinto errore). Non vedono i cavi fino all'ultimo secondo, tirano la barra in pancia stallano sui cavi dell'alta tensione, li prendono con la coda, l'aeromobile si capovolge e impatta il terreno con la cockpit. A terra non avevamo dubbi sulle loro condizioni. Visto l'impatto erano morti.


Esito :

qualche ossa rotte (niente di grave) 4 giorni di ospedale e un gran spavento. I due piloti stanno benone.

Ultimo esempio :

il povero Roberto.

Conclusione :

fate tutte le statistiche del mondo, ma nella testa della gente non ci entrerete mai. Le loro decisioni in volo sono dettate da mille fattori : il loro stato di salute, i problemi a casa, al lavoro, quello che hanno mangiato la sera prima e a tal proposito Riky Brigliadori scrisse un interessantissimo artico su volo a vela sottolineando l'importanza di una corretta alimentazione per ottimizzare le prestazioni. La paura, il panico oppure il sangue freddo e l'incoscienza. Io dico che quanto è il nostro momento, purtroppo, c'e' ben poco da fare. Sta a noi però capire dove sono i nostri limiti e rendersene conto, ora per ora, volo per volo. Sopratutto essere onesti con noi stessi e non pretendere di fare cose che altri fanno con altri parametri di sicurezza.Per concludere, io sono giovane ( ho 28 anni ), ma sono nato in aeroporto, e come Alvaro, ho visto tanti amici morire praticando questo sport e ogni incidente ha avuto la sua storia, i suoi perché e i suoi misteri. Ma alla fine ho visto anche centinaia di persone godere della bellezza del volo a vela e di quello che esso poteva offrire loro a qualsiasi livello e questo, forse, ci ripaga in qualche modo

.Ciao

 


SergioAldo Cernezzi:

Ho cercato di essere sintetico, ma alla fine tre argomenti si sono accavallati:
- l'addestramento di secondo periodo
- i comportamenti in volo
- le caratteristiche di sicurezza passiva

Da alcuni mesi mi trovo a riflettere sempre più spesso sul problema sicurezza. In particolare, la mia attenzione si è focalizzata su una serie di incidenti accaduti a piloti con meno di 150 ore di esperienza.
Non ho sotto mano statistiche di alcun tipo, è solo una mia impressione che questa tipologia di piloti sia a rischio.Potrei farvi diversi esempi personali di situazioni molto pericolose in cui mi sono trovato coinvolto in quel periodo della mia carriera volovelistica. Ne ricorderò uno solo: mentre approcciavo il costone del M Bregagno, a circa 90 Km/h, con la montagna parecchio vicina alla mia sinistra, sento la termica alzarmi l'ala destra. Barra e piede progressivamente a destra, sempre più, ma l'aliante sta virando a sinistra. Non era uno stallo con inversione dei comandi, ma una termica così forte, forse un rotore (?) che superava l'efficacia dei comandi. Pochi Km/h, forse solo 5, in più avrebbero significato maggiore autorità ed energia. Invece il mezzo si è avvicinato alla montagna mentre io potevo solo pregare che smettesse di disobbedirmi. Poi la termica è passata via, sbucciata in pieno, e l'effetto indesiderato è finito.
Fossi stato 10 metri più vicino al costone nel momento dell'approccio, non sarei ora qui a scriverne. Qualcuno avrebbe trovato briciole di vetroresina sulla montagna e si sarebbe parlato di malore in volo, di distrazione, di stallo e vite... sulla mia pelle. Invece non è successo niente. Ma io so cosa ho scampato.Io credo che sia cambiato il modo di affrontare il volo a vela. Oggi tutti i neo brevettati aspirano subito a fare i 50 e i 300 Km. Vogliono perfezionarsi in fretta. Oggi a Calcinate, in una giornata medio-buona, almeno 30 o 40 piloti vanno in Valtellina. Non sembra fosse così una volta, quando al x-country ci arrivavano in pochi e dopo molto sudore; senza contare che il "secondo periodo" era incentrato sull'educazione al fuoricampo.E' mia opinione che di questo cambiamento si debba prendere atto in pieno, incoraggiando o (forse) obbligando i piloti a frequentare corsi incentrati sulla prevenzione degli incidenti. Solo dopo si penserà ad alzare le velocità medie e la performance.
Purtroppo la realtà italiana è piccola, le risorse umane non sono abbondanti e una tale organizzazione rischia di non essere alla nostra portata.Come autocritica, la morte di Roberto mi ha fatto ricordare che negli ultimi numeri della rivista non ho inserito nessun articolo che riguardi la sicurezza: cercherò di ovviare.Prima di ogni volo è bene ricordare a se stessi che qualcosa può sempre andare male. Informarsi sulla situazione, fare tutti i controlli della macchina, concentrarsi sulla prevenzione degli incidenti (il nostro primo scopo è di volare anche domani).Sul fattore macchina...
la mia opinione è che gli alianti siano già estremamente sicuri. Ho visto gente uscire illesa da atterraggi spaventosi (uno dei quali a marcia indietro!) o impatti con le montagne! Proprio per questo, temo, ci affidiamo troppo alla "fortuna del principiante" quando mandiamo piloti con 50 ore a tentare i 50 Km in ambiente montagnoso.Ho spesso sollecitato i miei amici a scegliere mezzi che offrano una certa resistenza all'impatto, che abbiano un cockpit moderno.
Ricordo per esempio di aver citato un vantaggio di "crashworthiness" a favore di uno Speed Astir che stava per essere scartato a favore di un Libelle, quando un amico mi chiedeva consiglio su quale acquistare. Ma i fabbricanti sono concordi nell'affermare che le innovazioni di sicurezza non trovano mercato.
La DG ha progettato sistemi avanzati (tipo airbag) per agevolare l'abbandono dell'abitacolo (si chiama NOAH). Ne ha venduti pochissimi.
Il paracadute balistico c'è già: il Genesis2 (prodotto in Lituania, uno standard con la coda cortissima) è certificato per portarlo. Dei 30 esemplari venduti, ben... zero (!) sono stati gli ordini per esemplari così equipaggiati.
Streifeneder (riparatore e progettista di alianti) sta terminando la procedura di omologazione di un paracadute balistico retrofittabile: ha già fatto prove di apertura in volo con grande soddisfazione. Il costo sarà sicuramente molto elevato.
Tutti i DG, a partire dal 101 e 202, cioè i primi con la cappottinalunga, hanno il cockpit realizzato in doppio guscio molto robusto. Negli ultimi c'è addirittura un riempimento di schiuma per assorbire parte dell'energia dell'impatto.
D'altronde sul mercato sono reperibili apposite lastre di schiuma "Dynafoam" che possono ridurre anche di due terzi l'energia trasmessa alla colonna vertebrale in caso d'impatto. (per esempio da "RD Aviation" per corrispondenza e suppongo anche altri fornitori). Si incollano sul fondo dell'abitacolo, il loro uso è raccomandato dalla British Gliding Association su tutti i mezzi dei club federati.
Questo è un accorgimento che potete applicare a qualunque aliante esistente.
La Schleicher, a partire dall'ASW 24 (e 26 e 27), ha il cockpit più sicuro in termini di crashworthiness (ha vinto un premio speciale dell'OSTIV), (ma io apprezzo di più la migliore visibilità esterna dei DG); come potete vedere i piloti preferiscono sempre gli SchemppHirth.
Anche il freno a disco può valere molto in termini di sicurezza, ma chi lo ordina? (pesa qualche Kg in più del tamburo).
Questi accorgimenti (sicuramente non presenti sul Cirrus del povero Roberto) non avrebbero comunque potuto salvarlo in un impatto tanto violento.
In Germania sono in corso studi basati su impatti simulati, con i manichini già usati sulle auto. I risultati stanno dando preziose indicazioni, ma nulla si può fare se l'impatto reale sarà contro la roccia.
In ogni caso, c'è ancora strada da fare. L'incidente di Andrea Ferrero con i cavi è del tutto atipico. Non si può pensare che sia sopravvissuto perché il DG ha un longherone robusto davanti ai comandi, ma perché la dinamica della collisione non era tale da rovesciare l'aliante e il cavo non era tanto robusto. Non è una situazione ripetibile. I cavi semplicemente vanno cercati e individuati; e quando ne vedete uno cercatene altri!E poi le collisioni in volo: un pio di volte sono stato chiamato per nome da un altro pilota che non avevo visto (ciao GM, grazie); in roccolo mi capita spesso di essere tanto vicino a qualcuno da poter notare che il suo sguardo è rivolto agli strumenti. Altri avranno visto me in tale atteggiamento, non me ne stupirei troppo. Ma non è bello!
Spesso ci accontentiamo di aver notato un aliante in rotta convergente, ma è probabile che ce ne sia un secondo, un terzo...!Sulle statistiche inglesi: Sailplane+Gliding è la rivista della BGA, che ha la delega alla gestione di tutto il volo a vela inglese, compreso il rilascio dei CN e le indagini sugli incidenti. Ecco perché possono pubblicare tali interessanti rapporti.
In Italia non abbiamo accesso a questi dati. Non sappiamo neanche quanti sono i brevetti in corso di validità! Sulla rivista italiana pubblicheremo volentieri tutto ciò che vi capita, soprattutto se condensato in poche, efficaci righe.Con la speranza di vedere sempre meno incidenti,

Aldo Cernezzi

 


- CSVVA -Roberto Visonà (AVL):

Allego la traduzione in italiano di un articolo di Bruno Gantenbrink pubblicato su Soaring di Maggio 98 (reprinted da Aerokurier Feb 93 e Free Flight Feb/Mar 98.) Di alcuni paragrafi ho riassunto il contenuto per limitare le dimensioni
dell'articolo.Soaring - Maggio 98Introduzione (by Billy Singleton, Chairman of the Soaring Safety Foundation)La sicurezza nel Volo a Vela è una sfida continua. La responsabilità della Sicurezza deve essere condivisa da tutti i volovelisti
Per ciascun pilota questa responsabilità deve essere accettata incondizionatamente in ogni volo.
Quest'articolo incoraggia fortemente ogni pilota di Volo a Vela a sviluppare la sua strategia personale sulla Sicurezza, considerando i propri limiti ed eliminando i rischi inutili.


(by Bruno Gantenbrink)

"La parte più pericolosa del Volo a vela è il tragitto in auto fino all'Aeroporto"Questa è la più stupida e pericolosa affermazione sul nostro Sport

.IL VOLO A VELA IN 4 CAPITOLI.

Se si dovesse cercare di mettere insieme tutto ciò che è utile sapere del Volo a Vela, penso che lo si dovrebbe suddividere in 4 grandi capitoli:Nel primo Capitolo descriverei il fascino e la libertà del Volo a Vela. Descriverei qui la maestosità e la bellezza del volo. Dovremmo anche parlare qui di tutti quei fattori che mettono in pericolo la libertà del volo, come il proliferare di leggi e restrizioni senza senso. Includerei in questo capitolo anche il nostro rapporto con l'ambiente.Intitolerei il secondo Capitolo "Possibilità di fare Volo a Vela". Metterei qui tutti i problemi organizzativi (grandi o piccole Organizzazioni; indipendenza o no dall'Ente Centrale), questioni relative alle Licenze, agli Esami, all'insegnamento. Includerei anche considerazioni sui costi del Volo a Vela perché, dopotutto, dobbiamo essere in grado di permetterci di praticare il nostro Sport.Il terzo Capitolo dovrebbe trattare di tutte le conoscenze necessarie per volare in Aliante (aerodinamica, tecnica di pilotaggio, meteorologia, tecniche di veleggiamento, medicina, regole del volo etc.)Il materiale dei primi tre Capitoli da solo è in grado di prendere il 95% della nostra attenzione, senza menzionare la pratica dell'attività stessa. Almeno questa è la sensazione che io ho. Non rimane molto tempo, o attenzione, per il quarto Capitolo che tratta di come noi sopravviviamo al nostro Sport, e s'intitola "Sicurezza".La mia sensazione è che questi quattro Capitoli dovrebbero avere circa le stesse dimensioni, ma nella realtà non si dà per niente la stessa attenzione agli argomenti citati.
Il grado con cui è sistematicamente trascurata la Sicurezza mi fa ipotizzare che noi tutti abbiamo un problema.
Alcuni di voi penseranno: sta esagerando; sta dipingendo un quadro nero della situazione perché vuole dare un messaggio forte; quindi sta gonfiando la cosa per farla sembrare più importante. Sappiamo tutti che non c'è niente al mondo senza un certo grado di pericolo, e anche il Volo a Vela ne ha. "Ma noi tutti sappiamo che la parte più pericolosa del Volo a Vela è il tragitto in auto fino all'aeroporto."Ciascuno di noi ha detto o sentito questa frase. Ricordo la prima volta che l'ho sentita. Avevo 14 anni e mio padre mi portò ad un aeroporto di Volo a Vela. Naturalmente chiese se ci fosse qualche pericolo per suo figlio a prendere lezioni di volo, e, in mia presenza, ricevette la stessa risposta da un Istruttore.
Se quella risposta fosse vera, o solo vicino alla verità, allora non ci sarebbero problemi di Sicurezza nel Volo e non ci sarebbe alcuna ragione di approfondire oltre questo argomento. Potrei chiudere qui il mio discorso e passare ad altro.
Penso però che valga la pena di dare un'occhiata più da vicino a quell'affermazione per vedere se è vera o falsa.

STATISTICHE.

Voglio sollevare la questione della verità di questa affermazione in un modo sottile, forse un po' macabro. Tralascerò le usuali statistiche comparative espresse in termini di incidenti per 1,000 decolli oppure di morti per 1,000 ore di volo, che sono pubblicate dalla FAA (o equivalenti Enti europei). Queste statistiche non ci dicono molto. Non ci dicono cosa è troppo o cosa è troppo poco. Quante morti per 100,000 decolli sono troppe? Quale numero sarebbe accettabile?
Questi numeri non sono confrontabili con l'esperienza personale di ciascuno di noi.
Non posso colpirvi con questi numeri.Vorrei invece valutare la frase: "La parte più pericolosa del Volo a Vela è il tragitto in auto fino all'aeroporto" confrontandola con la mia personale esperienza.
Per fare questo ho preparato tre elenchi:
Il primo elenco contiene il nome degli amici morti in incidenti di volo.
Il secondo elenco contiene il nome degli amici morti in incidente d'auto (o di moto o d'altro) nel tragitto fino all'Aeroporto. E in ultimo l'elenco degli amici piloti di Volo a Vela morti in incidente d'auto in genere.La prima lista di amici persi in volo contiene circa trenta nomi. Citerò solo i più noti.
Recentemente in Germania sono morti: Helmuth Reichmann, Ernst Peter, Hans Glockl, George Eckle, Horst Kall e circa un anno dopo sua moglie Marlis Kall. In Austria: Rudi Gobel e Alf Shubert. In Belgio il Prof. Sander. In Francia Sidot e Daniel Quemere (Istruttori a St. Auban). In Olanda; Kees Muster. In Sud Africa Heini Heiriss.
Come ho detto questi sono solo alcuni tra i più noti.Ora la seconda lista: non c'è nessuno; nessun amico morto nel tragitto fino all'Aeroporto.E sono rimasto sorpreso di costatare che anche la mia terza lista (amici piloti morti in incidente d'auto) è vuota.Negli ultimi 20 anni abbiamo perso 3 Campioni del mondo (includendo Harro Wödle anche se non lo conoscevo personalmente) su un totale di circa 30 Campioni del Mondo.
Negli ultimi 10 anni abbiamo perso 3 Campioni nazionali tedeschi su un totale di meno di 30.La mia personale statistica mi porta a credere che il Volo a Vela sia almeno 30 volte più pericoloso di guidare un'auto. E poiché ogni pilota ha anche la patente d'auto, il Volo a Vela è 1000 volte più pericoloso di guidare l'auto fino all'Aeroporto.Ammetto che esistono differenti dati statistici per i differenti tipi di volo. Penso che la fase di apprendimento iniziale sai la meno pericolosa; il cross-country poco di più. La fase più pericolosa è il volo in gara.
Ma tutto ciò è relativo, in quanto l'apprendimento è un periodo temporaneo sulla strada verso il cross-country e le gare.Considerando tutto ciò che conosco e capisco sul Volo a Vela, io penso che la frase: "La parte più pericolosa del Volo a Vela è il tragitto in auto fino all'aeroporto" sia la cosa più stupida e ignorante che sia mai stata detta sul nostro Sport (o, usando il linguaggio un po' più colorito dei miei figli, "gliding is bloody dangerous").
Chi usa questa frase è semplicemente male informato. Chi ha conoscenze più esatte, ma la usa per rassicurare l'uditorio e/o la stampa, è un pericoloso avventato.
In realtà è vero esattamente l'opposto: il Volo a Vela è più pericoloso di qualunque altra cosa io faccia nella mia vita.
Perché non smetto allora? Una buona domanda. Una ragione per cui non smetto è perché mi procura più divertimento e gioia pura di qualunque altra cosa io possa immaginare.
C'è anche una seconda ragione, che è anche più decisiva, ed è la ragione per cui sto scrivendo questo articolo.
E' il modo in cui è praticato che lo rende così pericoloso. Potrebbe essere molto meno pericoloso se tutti noi fossimo più consapevoli della sua pericolosità e ci comportassimo di conseguenza. Malauguratamente non ci comportiamo così.
Personalmente sono molto consapevole di quanto sia pericoloso il Volo a Velae mi sforzo di comportarmi di conseguenza e spero di battere le statistiche.
Se non avessi questa speranza, se credessi che il Volo a Vela è così pericoloso come appare dalle statistiche, allora smetterei immediatamente.

ATTEGGIAMENTI MENTALI E STRATEGIE.

Quasi tutti i gli amici del Volo a Vela che ho perso sono stati uccisi da errori di pilotaggio. Alcuni di questi errori sono stati piccole stupide cose, semplici piccole disattenzioni con conseguenze fatali.
Essi sono morti perché, nel momento critico, qualcos'altro è stato più importante della sicurezza.
Se il Volo a Vela vuole diventare più sicuro di quanto lo sia oggi, prendere solamente alcune precauzioni non farà cambiare nulla.
Deve cambiare l'atteggiamento di base verso la sicurezza. E l'atteggiamento può cambiare solo se realisticamente valutiamo il pericolo ogni volta che voliamo.
Questo è il motivo per cui combatto contro il detto: "La parte più pericolosa del Volo a Vela è il tragitto in auto fino all'aeroporto."
Chiunque cominci a volare con questa filosofia non capisce il pericolo in cui sta entrando. Chi crede in una frase simile non deve preoccuparsi più. L'ignoranza del problema uccide la consapevolezza della sicurezza.
L'atteggiamento prevalente è quello di rassicurante fiducia, di ignoranza del pericolo.
Inconsciamente tu sai che qualcosa di pericoloso c'è, ma ti rifiuti di pensare e di valutare quanto pericoloso sia.
Perché è così importante la consapevolezza realistica del rischio? Perché la nostra strategia nei confronti del pericolo dipende direttamente da come noi lo valutiamo.Non c'è attività senza pericolo. Ci sono due tipi fondamentalmente diversi di pericoli: quelli associati alle attività di tutti i giorni (camminare per strada, fare le scale etc.) e quelli veramente ad alto rischio.
La gente si comporta in modo totalmente diverso in funzione di quale dei due tipi di pericolo crede di stare affrontando. Ci sono pericoli a casa, negli sport, nei giochi etc.
Per esempio tutti sanno che ogni anno un certo numero di persone muore schiacciato da alberi che cadono; eppure ogni giorno la gente passeggia vicino agli alberi senza paura. Non è necessario impegnarsi molto per evitare i pericoli di tutti giorni: non è questione di fortuna; semplicemente la probabilità è molto bassa: è estremamente raro essere colpiti da un albero che cade. D'altra parte ci sono eventi più probabili e realmente pericolosi.
La strategia per evitare che queste cose realmente pericolose accadano non può essere: "non può succedere proprio a me".
La strategia deve essere quella di evitare queste cose fin dal principio o, poiché questo non è possibile al 100%, minimizzarle ad un livello accettabile.
E' necessario capire che le situazioni pericolose nel nostro Sport non sono infrequenti, al contrario sono molto probabili.
Il pericolo nel Volo a Vela è relativamente elevato, come ho illustrato nella mia macabra statistica. Dobbiamo usare tutta la nostra attenzione per sopravvivere nel nostro Sport.
Spesso ho invece l'impressione che il Volo a Vela venga messo nella stessa categoria dei pericoli delle attività di tutti i giorni.
La frase idiota "La parte più pericolosa del Volo a Vela è il tragitto in
auto fino all'aeroporto" chiarisce questa mia impressione.
La nostra consapevolezza del pericolo è insufficiente. Non pensiamo che qualcosa possa realmente accadere a noi; agli altri si, ma non a noi. Ci sono i Progettisti, gli Ispettori, gli Esperti che pensano alla Sicurezza e che ci sollevano dal doverci pensare noi stessi. Noi possiamo pensare ad altri aspetti del volo.
Dobbiamo cambiare questa mentalità. Dobbiamo sentirci costantemente e pienamente coinvolti nei problemi della Sicurezza.

UN'ESPERIENZA PERSONALE.

Non sono certamente una persona che predica sulla Sicurezza in ogni momento. Conosco i miei limiti, ma so anche di cosa sto parlando.
Sono riuscito a sopravvivere a 20 anni di Volo a Vela con molta fortuna. Normalmente l'80% delle persone che hanno avuto il tipo di incidente che io ho avuto sono morte; più della meta del restante 20% sono rimaste ferite così gravemente che la vita non potrà più dare loro molta gioia.
Tanta fortuna difficilmente capita due volte. Dal momento del mio incidente cerco di essere attento. Credo che il mio atteggiamento sia profondamente cambiato. Se non lo credessi, smetterei di volare immediatamente, per la mia famiglia, il mio lavoro e me stesso.
Chi ha volato con me in gara sa che ci sono certe cose che io non farò mai. Ricordo una situazione durante i Mondiali del 1985 a Rieti quando stavo volando con Klaus Holighaus . Lui era un po' più alto di me ed eravamo in una situazione critica. Nella valle dove stavamo volando c'era pioggia leggera e lui riuscì a uscire dalla valle scavalcando il passo con un forte vento turbolento al traverso. Non si capiva bene la direzione del vento e avremmo potuto trovarci in sottovento vicino al passo. Avevamo circa 60-70 m sul passo e circa 1 o 2 km per arrivarci. Anche se il passaggio sembrava possibile e Holighaus era già praticamente passato, io feci un 180° e ritornai nella valle piovigginosa.In quel momento diedi un saluto al gruppo di piloti che si potevano seriamente considerare in lotta per il titolo mondiale. Tuttavia non mi sono mai pentito di quella decisione. C'era il 99% di probabilità che sarei riuscito a superare il passo. Klaus era un po' più alto di me. Ce l'avrei fatta se non fosse successo niente di imprevisto. Tuttavia, sarebbe bastato che solo la più piccola cosa fosse
andata storta, come volare un po' più a sinistra o a destra del percorso fatto da Klaus. Anche cose così piccole possono fare la differenza in una situazione delicata come quella in cui io mi trovavo, e allora mi sarei trovato incastrato sopra una zona inatterrabile e senza via di scampo.Sono abbastanza abituato a correre dei rischi durante un volo normale, e dei rischi anche più grandi durante una gara. A prima vista questa mia affermazione potrebbe confondere. Ma se uno non accetta di prendersi qualche rischio in gara, allora può smettere di volare dato che non volare è più sicuro di volare.
Se sono disposto ad accettare i rischi del volo a vela normale, perché non accettare anche quelli aggiuntivi di una gara?
Quello che è importante è qualcosa di diverso. Ed esattamente è importante stabilire (ciascuno per la propria situazione) se quello che si sceglie di fare vale il rischio associato.
Qual è il grado di rischio?
Che cosa posso fare per minimizzare questo rischio?
La semplice conclusione è che ognuno si deve interrogare sul fatto che ci si espone al rischio dell'attività di volo in generale, incluso il tragitto fino all'aeroporto. Tutto è più o meno pericoloso, inclusi gli altri sport.

CONCLUSIONI.

E allora cosa si deve fare?
Ognuno deve sviluppare la sua personale strategia. La cosa più semplice è eliminare i rischi che sono completamente inutili, come spiralare in roccoli sovraffollati se non è assolutamente necessario.
Inoltre dobbiamo essere consapevoli dei rischi che affrontiamo e cercare di eliminarli il più possibile.
Ognuno deve fissare dei limiti per se stesso, e non superarli mai.
Bisogna essere continuamente attenti e vigili. Chi è attento e controlla sempre anche le piccole cose può evitare la catastrofe.
In ogni caso, costruirsi una personale e consapevole strategia verso la sicurezza è sicuramente un metodo più vincente per sopravvivere che non semplicemente sperare di avere più fortuna del tuo amico.Bruno GantenbrinkLorenzo AllegriniIl problema più grosso del volo a vela di questi anni è senza dubbio:

L'EMULAZIONE

Quante volte è capitato a tutti noi di trovarci nella situazione di pensare "ma se quello và, perchè no ci posso andare anche io?".Questo pensiero è legittimo farlo, ma va sempre confrontato con le proprie capacità, con una personale valutazione della situazione e dei pericoli.Non vi è mai capitato (come è successo a me) di vedere un altro aliante, magari parecchio più basso di voi, che vi passa sotto proseguendo dritto imperterrito e vi fa sentire degli imbecilli perché siete li fermi sul metrino?
Che ci faccio qui, vado anch'io, e dopo pochi chilometri lo vedete puntare verso la pianura (eravamo in pedemontana) ed estrarre la "termica di riserva"? In questo caso il rischio era limitato, ma se fosse stato in mezzo alle montagne?Gli alianti che usiamo oggi sono delle macchine talmente perfette che ci perdonano tanti errori di valutazione e ci portano spesso a casa.
Quante volte ho letto di voli da cardiopalma fatti a costone senza atterrabilità con quote ridicole, voli fatti con atto di fede sulla brezzolina che se dovesse venire a mancare anche solo per pochi km.................E legittimo pensare che qualcuno possa mal valutare la situazione ed emulare?????Oggi sopratutto il neobrevettato sente parlare di tanti bei voli fatti nelle più diverse situazioni e condizioni. E' naturale che si senta emotivamente portato a fare quelle cose che lo facciano considerare dagli altri un pilota non da "pollaio", ma che in un certo senso ci sa fare, che ha le palle.Qui diventa importante l'opera dei piloti esperti che devono essere in grado di seguire, di valutare, di capire che cosa sta facendo o potrebbe fare quel pilota che ha voglia di crescere e che è alla evidente ricerca di nuovi orizzonti.E' bello vedere gente nuova che si avvicina con entusiasmo al nostro sport, ma sarebbe altrettanto bello sapere che potranno raggiungere la "maturità" volovelistica in sicurezza.Il nostro sport in definitiva è pericoloso in modo direttamente proporzionale alla superficialità con cui viene affrontato.E' dovere di noi tutti quindi fare cultura in questo senso senza ne demonizzare, ne spaventare, ma far crescere di pari passo all'entusiasmo la coscienza dei reali pericoli del ns. sport.Lorenzo Allegrini
Sempre di Lorenzo AllegriniOgni pilota quando comincia a volare da solo dopo il brevetto ha a bordo 2 cestini:
Il primo colmo di fortuneIl secondo vuoto di esperienzeAd ogni volo piano piano si svuota il cestino delle fortunee si riempie quello delle esperienze.L'importante è arrivare ad avere il cestino delle esperienze pieno prima di aver svuotato quello delle fortune.E chiaro che tutto ciò non è affidato al caso e che il pilota può e deve agire in modo da riempire nel più breve tempo possibile il suo cesto di eperienze, con l'aiuto di tutti i piloti che gli possono far maturare "esperienze" conservando le "fortune".

CiaoLorenzo Allegrini

 


Jean-Marie Clement

Quanti piloti hanno perso la vita o comunque hanno avuto incidenti gravi in gara ?Questo é un altro punto dolente che ci si guarda bene da affrontare con soluzioni radicali. Tutti i tentativi a livello FAI sono stati più o meno svuotate dalla loro finalità. Ho visto anch'io troppi morti in queste situazioni, anche quello particolarmente sfortunato che dopo essersi lanciato, ha visto un pezzo della sua ala tranciare in due il suo paracadute, venendo poi a morire a fianco dell'amico più fortunato il cui paracadute era rimasto integro. E dopo questa scena allucinante, abbiamo tutti continuato la gara (era un campionato nazionale, dove i sentimenti rimangono a terra).Dopo aver visto morire cosi Caudrelier, poi Loulou Abeille, poi Alain Delille, poi Jacques Brepson, senza parlare dei miracolati di nome Walter Vergani, Luciano Avanzini, Vittorio Colombo e tanti altri, ho deciso, per questo e per altri motivi, non solo di non più fare gare sistematicamente, ma anche di andare a volare in posti e su temi dove ho la minor probabilità di incontrare un aeroplano. Ed ho riscoperto l'immenso piacere della solitudine nei cieli più belli d'Europa, laddove ci vogliono tre ore di volo a 50 km/h di media per arrivare. E stranamente dove si fanno anche 1000 km in 7 ore a dicembre con in tutto 3 alianti in volo su tutto il percorso.... In somma, un altro volo a vela.Ma nessuno ha mai pubblicato una statistica degli incidenti durante le gare?

Jean-Marie Clement

 

"Galetto dice"

http://www.yankee-yankee.com/