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il perché seconda parte

La risposta si ha solamente a seguito di un sollecito, realizzato mediante l'invio di un segnale sonda specifico, il quale provoca il processo di reminiscenza, ovverosia il ritorno a livello cosciente di una certa quantità di informazioni precedentemente immagazzinate, inerenti al significato del segnale sonda. A volte la risposta risponde ad un richiamo diretto, altre ad un richiamo indiretto.
E' esperienza comune, ad esempio, che non ricordando un volto od un nome, è talvolta sufficiente ricordare una circostanza concomitante, quale il luogo od il motivo dell'ultimo incontro, per ricordare il nome od il volto desiderato. Il segnale sonda viene selezionato mediante l'attenzione, la quale si trova quindi ad avere un altro utente. Ciò non implica, tuttavia, che il processo di rievocazione richieda continuamente la scelta di un segnale sonda, quando un uomo, il pilota, sta controllando una
sequenza di eventi, avviene che una serie di dati entrano in continuazione nella sua sfera di coscienza e sono questi stessi dati a fungere da segnali sonda per la rievocazione di altri dati il cui utilizzo, in relazione alla sequenza in evoluzione,
risulti utile o probabile.
In questo processo l'attenzione è continuamente impegnata. Tuttavia questa fase particolare ha sollevato non poche perplessità nei ricercatori, che si ponevano la domanda: se, istante per istante, un solo impulso, o dato, si
trova ad essere a livello cosciente, come può avvenire che l'uomo riesca ad individuare il nesso che leghi eventualmente due dati, quando uno solo di essi si trovi per l'appunto presente?
Una serie di ricerche ha consentito di mettere a punto un modello, verificato sperimentalmente, di cui una parte è costituita da una specie di serbato-filtro dove confluiscono e vengono memorizzati per brevissimi periodi di tempo sia impulsi e dati via via trasmessi dal fuoco e dal margine dell'attenzione, che impulsi provenienti dalla memoria; quest'ultima per quanto attiene ai dati
dell'apprendimento e dell'esperienza.
Cosi il cervello ha a disposizione contemporaneamente tutti gli elementi e può analizzare gli impulsi, scoprirne i nessi logici, procedere alla comparazione con i dati dell'esperienza e definire alla fine i migliori processi di adattamento e controllo.
Da quanto fin qui svolto è possibile trarre elementi che ci consentono di individuare un pericolo connesso a questo tipo di funzionamento della memoria, pericolo maggiormente preoccupante se riferito al lavoro del pilota: una volta che questi sia
coinvolto nel controllo di una certa catena "A" di eventi, i segnali che sono via via presenti a livello cosciente saranno tali da richiamare alla memoria dal serbatoio filtro dati di esperienza omogenei, coerenti con la catena "A" in evoluzione; se nel
frattempo, per un qualsiasi motivo, nasce la necessità che il pilota debba analizzare una catena "NON A"; sarà necessario che egli in qualche modo stacchi l'attenzione dalla catena "A" per portarla ad analizzare stimoli relativi alla catena "NON A".
Provocare tale spostamento d'attenzione è il compito affidato ai vari segnali di allarme che giacciono costantemente sul fondo, e le cui variazioni di forma, di suono o di intensità luminosa eventualmente captate dal margine, hanno appunto la funzione di richiamare su di sé il fuoco dell'attenzione altrimenti impegnata. La possibilità e la probabilità che lo spostamento si attui è tuttavia legata alla disponibilità del potenziale di impiego del fuoco: se la catena "A" di eventi ha caratteristiche tali da saturare e trattenere l'attenzione in modo sufficientemente tenace, lo spostamento di attenzione verso la catena "NON A" non avverrà.
(Queste considerazioni sono forse in grado di spiegare il comportamento apparentemente incoerente di taluni piloti coinvolti in incidenti gravi).
Caratteristiche di sequenza capaci di trattenere tenacemente l'attenzione ve ne sono di vario tipo e due di esse ci interessano particolarmente poiché, se concomitanti, possono costituire un'autentica trappola. La prima è costituita dalla velocità di sequenza, la seconda dal fascino della sequenza.
In che cosa consista la prima è presto detto: si è assunto che il pilota lavori normalmente al limite delle tre focalizzazioni al secondo, e ciò gli consente di rilevare ed analizzare un certo numero di letture. Egli potrebbe trovarsi coinvolto in una delle seguenti circostanze:
trovarsi improvvisamente a dover fronteggiare una catena di eventi il cui controllo richiede un numero di letture minime superiori a tre al secondo; per effetto della alterazione del suo stato emotivo, la sua capacità di "lettura"
viene a scadere al di sotto di tale valore; in entrambi i casi la sua capacità di intervento può facilmente divenire insufficiente,
dando luogo a quella particolare situazione nota in gergo aeronautico come "volare dietro l'aeroplano".
Ogni tentativo di recupero di controllo della sequenza sarà impedito dallo stato di saturazione dell'attenzione.
In questo caso la reazione di difesa che avviene spontaneamente si realizza nel seguente modo: un crescente numero di stimoli, letture, viene progressivamente abbandonato. La sola difesa possibile infatti è che a livello serbatoio-filtro
vengano "passate" quantità sempre più limitate di impulsi da sottoporre ad analisi, e ciò nel tentativo di ristabilire al più presto condizioni di compatibilità tra le esigenze di controllo della sequenza e la capacità di computo esistente al
momento nell'uomo, in questo caso il pilota. E' intuitivo che tale quantità può rivelarsi del tutto insufficiente rispetto alle
esigenze minime necessarie per il controllo della sequenza in sviluppo. Questo processo così lungo da descrivere, nella realtà concreta del volo precipita in un batter d'occhio. Parlando di una trappola in cui può cadere il pilota, avevo accennato a due condizioni concomitanti, la velocità di evoluzione dell'evento ed il suo fascino.Il fascino della sequenza è determinato dalla motivazione che induce il comportamento. Anche questo è un qualcosa che opera a livello serbatoio-filtro.
Qui abbiamo detto che convengono dati, impulsi provenienti dal fuoco e dal margine dell'attenzione, nonché dalla memoria per quanto riguarda i dati dell'apprendimento e delle precedenti esperienze analoghe, ora bisogna aggiungere anche gli stimoli derivanti dalla motivazione, che è costituita dalla volontà o desiderio di conseguire un risultato gratificante.
Debbo ricordare, ed è punto importante, che della quantità imponente di impulsi che raggiungono il serbatoio-filtro in un dato istante, solo una parte assai modesta viene passata a livello cosciente per le opportune analisi. Esiste una fase
preliminare di selezione degli stimoli, ed è per questo che questa parte del modello è stata chiamata serbatoio-filtro, un filtraggio che avviene prima e fuori della sfera di consapevolezza, a livello subliminale, e che condiziona e limita ovviamente
la successiva analisi a livello cosciente. La domanda che ci possiamo porre è: con quale criterio, con quale diritto, in vista
di quale fine viene eseguita questa preselezione, in cui dati importanti possono benissimo venire bloccati e non raggiungere quindi il livello cosciente, dove avverrà di conseguenza una analisi incompleta? Questo è il campo di indagine prediletto ed amato di autentica passione da filosofi, etnologi, psicologi delle varie scuole, antropologi, etologi, religiosi, storici, sociologi,
linguisti, epistemologi. Fanno eccezione i soli ideologi di vario colore, i quali partendo dalla presunzione di avere individuato formule semplici entro cui sia sufficiente imprigionare l'infinita ricchezza della personalità umana per liberarla con
tratto taumaturgico dal travaglio e dalla sofferenza, si ritengono con ciò dispensati da ogni ulteriore approfondimento sulla rispondenza della loro formula alle intime esigenze dell'uomo.
Ai fini di questa relazione, si può pensare alla motivazione come una spinta, un "drive", una sollecitazione esercitata da una massa amorfa di energie interiori che trovano le loro radici in fattori di ordine bio-psicologico e culturale molto complessi
e continuamente varianti. In essa agiscono fattori derivanti da circostanze come l'appartenenza ad un
particolare gruppo etnico, gruppo sociale, l'educazione, l'esperienza specifica, le doti di carattere, le conferme, le frustrazioni, le aspirazioni, le paure presenti e future.
Queste forze insieme a numerose altre che è impossibile menzionare, fungono da massa di spinta che induce l'uomo ad agire, ad assumere comportamenti. Le varie componenti entrano a comporre un insieme che agisce come un tutt'uno, ma che
nel suo interno è sottoposto ad incessanti rivolgimenti sotto lo stimolo di sollecitazioni endogene ed esogene. Ciò fa sì che una, od una miscela di alcune di esse, assuma di volta in volta un peso prevalente determinando la nota dominante
della motivazione, che dura fin tanto che permangono le circostanze che l'hanno chiamata alla ribalta.
Tutto questo non serve solo a fare le grandi cose, come la guerra e l'amore, ma entra costantemente nelle più piccole, come scegliere un piatto per la cena od un paio di calzini.
Si deve tener presente che la motivazione è dominata da passioni e che sembra ormai accertato che queste dominino sempre l'intelligenza, nonostante che diffusamente si ritenga l'inverso.
In ogni modo anche coloro che per disciplina di carattere siano riusciti ad acquistare una maggior capacità di controllo sulle proprie motivazioni sono sottoposti alla legge per cui se vogliono modificare una motivazione in un'altra, devono ricorrere
all'uso dell'attenzione, poiché solo la constatazione che le condizioni sono ora cambiate, può portare a mutare motivazione ed atteggiamento.
La motivazione prevalente fornisce il fascino della sequenza, e vincola l'energia al conseguimento dei suoi obiettivi.
Tra le motivazioni capaci di fascino ho citato: l'amore che è uno dei più ovvi, ma altre componenti possono interferire ed inibire quelle professionali. Il desiderio di confermarsi abile, l'aspirazione alla superiorità, il timore di perdere la
stima del gruppo sociale, la paura di sanzioni, il desiderio di conseguire premi, per citarne alcuni.
La motivazione, intesa come la somma delle esperienze e delle aspirazioni di un pilota, occupa una parte assai importante nella struttura del carattere. ll difetto di questa proposta sta nel fatto che non esistono, che io sappia, modelli ideali di motivazione cui ispirarsi, ed inoltre che la motivazione cambia continuamente col procedere dell'esperienza e col mutare della età. I modi di funzionamento della motivazione sono particolarmente insidiosi, e presentano due pericoli particolari: il primo consiste nella via, che definirei spregiudicata, che segue per conseguire i propri fini; tende cioè a sopravvalutare la
importanza dei segnali che la servono e, parallelamente, a svalutare quelli che la inibiscono, fino a deviarne il significato o addirittura a bloccarli a livello serbatoio filtro.
Così l'amore diviene veramente cieco: un innamorato che abbia bisogno della fedeltà o dell'amore della sua donna, la trasfigura letteralmente. L'avviso di un amico su una realtà diversa getta ombre sulla consistenza dell'amicizia e aggiunge il fascino del martirio alla donna amata, anche se questa batte a poco prezzo al quadrivio.
Fenomeno analogo avviene agli ideologi il cui amore per la loro stessa ideologia impedisce loro di vederne difetti evidenti.
Il secondo pericolo potenziale è costituito dalla proprietà, cui ho già accennato, per cui le motivazioni tendono ad affondare le loro radici prevalentemente nelle passioni, e, per autodifesa, sono capaci di invenzioni straordinarie pur di combattere e respingere ogni assalto del razionale alla loro esistenza. Una di queste straordinarie invenzioni è la questione di principio. E' noto in aeronautica militare l'episodio di quel pilota, che chiamerò "Nando", che invitato dalla torre a riattaccare perché si stava avvicinando in modo nettamente sbagliato, replicò con la storica frase: "Nando non riattacca mai!", andandosi a sfracellare nel bosco a fondo di pista, salvando la pelle, ma perdendo aeroplano e reputazione. Non ho mai avuto l'occasione di chiedergli la sua opinione aggiornata sulla questione di principio. Spero che sia sufficientemente chiara la genesi e la tendenza all'auto conservazione della motivazione dominante, e di come essa possa dar luogo a quel particolare rapporto uomo-sequenza in sviluppo, che più sopra ho indicato con fascino della sequenza. Quando la velocità di evoluzione di sequenza si sposi col
fascino, come può ben capitare nel mestiere di pilota, si determina l'insorgenza di un pericolo assai grave, che egli continui, una volta assunta, a proseguire su una linea di azione dalle tragiche conseguenze, senza che se ne renda conto, nonostante esistano numerosi segnali che lo dovrebbero rendere avvertito del pericolo.

 

d. Analisi
L'analisi consiste nel cogliere il contenuto d'informazione degli stimoli, nello scoprire i nessi che li leghino e concorrano a formare una struttura; nello scoprire le differenze tra l'attuale struttura e le strutture di eventi analoghi di cui si abbia memoria. Queste differenze dovranno poi essere annullate mediante adeguati comportamenti di adattamento. Il tutto deve permettere di conseguire quel fine dettato dalla motivazione prevalente.
Questi complicati processi sono resi semplici da una straordinaria struttura nervosa che fa capo, è il caso di dirlo, al cervello. L'attenzione anche qui gioca un ruolo necessario, ma per periodi di tempo così bassi da non essere percettibili. La percezione fisica del segnale corrisponde alla identificazione del suo contenuto d'informazione, il nesso tra due segnali viene immediatamente colto, quando coincida esattamente con le attese; quello stesso nesso, che si avvicina alla
conoscenza del significato, costituisce il segnale sonda per il richiamo dei modelli omogenei d'esperienza, che sono forniti pressoché contemporaneamente, in "real time". L'attenzione lavora a livelli minimi: il pilota se interrogato, dirà che agisce
d'istinto.
Le difficoltà nascono quando il segnale divenga ambiguo, la sua manifestazione fisica non ben differenziata, se appartenga alla catena di eventi sotto controllo o ad altra catena. Ognuno di questi fattori comporta che si compiano analisi più complesse che richiamano e trattengono su di sé l'attenzione per quantità di tempi che possono divenire antieconomiche, ai fini della sicurezza, poiché per tutto il tempo in cui l'attenzione è trattenuta a compiere le analisi, il processo di esplorazione dell'ambiente viene sospeso, con le intuibili pericolose conseguenze.


e. Definizione ed esecuzione dei processi di adattamento.
Ovverosia pilotaggio, nel nostro caso. E' il momento che concretizza tutto il lavoro svolto nelle fasi precedenti.
L'attenzione in un pilota esperto viene coinvolta normalmente solo per il suo margine, data la grande familiarità che egli ha con le manovre necessarie.
Ho già accennato tuttavia in precedenza, come il margine dell'attenzione divenga via via inadeguato in rapporto al progressivo aumento della difficoltà di manovra che si determini in seguito all'intervento di fattori di disturbo.
Esiste un singolare pericolo a cui più di ogni altro si trova esposto il pilota. Si verifica quando egli si trovi nella condizione di dovere effettuare contemporaneamente più di un intervento, ognuno dei quali di pari importanza, in una situazione di estrema carenza di tempo. L'uomo in queste circostanze segue l'esempio dell'asino di Buridano, che, come noto, non sapendo se prima bere o mangiare, morì, non si sa bene se di sete o di fame. Ne risulta cioè una paralisi di
comportamento, anche questa sospettabile in un certo numero di incidenti. Questo fenomeno è già stato rilevato da Lorenz, il quale in un suo noto saggio invita il lettore a tentare la cattura di un uccello in una gabbia ove ve ne siano molti, il risultato sarà un girare a vuoto delle mani, finché non se ne sia preso di mira uno con precisione, ignorando gli altri."

 

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Aver letto e riflettuto sugli argomenti trattati da Brunet e De Rosa, deve necessariamente condurci ad un riesame sulle nostre certezze, riportandoci, per quanto possibile alla nostra dimensione umana con tutti i limiti del caso, per contro con una maggior conoscenza di noi stessi certamente avremo una maggiore capacità nel riconoscere e correggere certi nostri comportamenti.
Quando cerchiamo performance importanti, teniamo conto dei nostri limiti, non si deve raggiungerle ad ogni costo.
Ma è più logico essere corsaioli? Sentirsi sempre in competizione? Oppure restare sul cielo campo? Chi corre più rischi?
Domande ovviamente senza risposta, ognuno vola come più gli aggrada ed è giusto che sia così, ma in nome della sicurezza, dove si sbaglia è nell'ordine delle priorità. Come dice Juillot, La sicurezza non è una costrizione, tutt'al più può diventare una molto buona abitudine !

Giancarlo Bresciani

 

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