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3 Gli sfortunati progetti nazionali: lo SCA 2 e 3, il TM 2, l'AL 12 e LM 02.

Quello di ricorrere a macchine di produzione tedesca era tuttavia, per il momento, una scelta inevitabile; l'industria nazionale non aveva infatti ancora sviluppato a pieno nessun progetto. Del resto il primo concorso riguardante alianti da trasporto e d'assalto fu bandito soltanto nell'ottobre del '41 dallo Stato Maggiore per gli Armamenti Aerei, a sua volta sollecitato, nel maggio dello stesso anno, non da un militare della Regia Aeronautica (e ciò è ancora una volta dimostrazione dello scarso interesse riposto dall'Arma Aerea nella nuova specialità) ma dal gen. del Regio Esercito Del Lupo comandante di Esercitavia. Le risposte elaborate dall'industria nazionale si concretizzarono in tre diverse macchine: lo Stabilimento Costruzioni Aeronautiche di Guidonia SCA 2 dell'ing. Sergio Stefanutti, il Costruzioni Aeronautiche Taliedo CAT TM 2 dell'ing. e ten.coll. G.A.r.i. Sergio Del Prosto, e l'Aeronautica Lombarda AL 12 P dell'ing. Ermenegildo Preti.

Ermenegildo Preti

La prima macchina di questa terna risente fortemente dell'influenza del tedesco DFS 230: medesima è l'apertura alare di 21 m., eguale la larghezza della fusoliera di appena 70 cm., identica la disposizione interna dei 9 soldati ospitati in fila indiana a cavalcioni di una lunga panca. Numerose però le migliorie rispetto all'originale tedesco: la struttura non è in tubi saldati ma in legno così da garantire una tenuta stagna che permetterebbe ammaraggi sotto costa [nota 7..Che un aliante possedesse caratteristiche anfibie non era una novità assoluta, diremo anzi che l'Italia vantava nel campo degli idroalianti una certa esperienza. Già a partire dal 1934, Plinio Rovesti aveva condotto con successo esperimenti di volo librato su apparecchi anfibi che, lanciati attraverso cavo elastico dalla località Campo dei Fiori, si posavano nei pressi dello scalo della Macchi di Schiranna, sul lago di Varese. Successivamente, sul Lago Maggiore, furono provati anche decolli al traino di un motoscafo, laddove il problema offerto dalla resistenza prodotta dal lungo cavo di rimorchio immerso nell'acqua fu superato montando sul natante un verricello che permetteva di tenere inizialmente "corta" la cima per "filarla" progressivamente una volta che l'aliante s'alzava in volo. Gli esperimenti di alianti anfibi erano proseguiti in Italia, nel periodo prebellico, anche grazie all'impegno dell'infaticabile Bonomi che aveva fatto ammarare il suo "Biancone" sul Lago di Como. A questi primi tentativi in campo sportivo sarebbero seguiti, durante la guerra, alcuni studi per esemplari bellici quali l'SCA 2, di cui appunto stiamo trattando, e l'AVIA LM 02, la cui storia avremo modo fra breve di affrontare. E' comunque da sottolineare come la Regia Aeronautica non fosse l'unica forza armata belligerante ad interessarsi all'aliante da assalto anfibio: negli Stati Uniti, l'Ufficio Aeronautico della U.S. Navy promosse lo sviluppo dell'aliante a scafo Bristol XLRQ-1 destinato al trasporto di 10 marines, mentre in Germania, dove già nel periodo prebellico era stato realizzato un aliante anfibio immatricolato Lufthansa D-4610, si procedette, come vedremo, all' "anfibizzazione" di un Gotha 242. Cfr. M. SETTI, Gli alianti anfibi,in "Storia Militare" 95 (2001) pp. 37-45]; inoltre, dal momento che ogni sforzo è scaricato sulla parte inferiore della fusoliera, tutta la parte superiore di questa è sganciabile così da permettere un rapidissimo abbandono del mezzo da parte della squadra di incursori. Questo intelligente progetto non ha però alcun seguito produttivo: Stefanutti avvia infatti una collaborazione con Preti che si concretizzerà nel progetto del SCA 3, un velivolo dal peso di 1.800 Kg., pressoché doppio rispetto a quello del suo predecessore, e destinato non all'assalto ma al trasporto di ben 2.500 Kg. di carico rappresentati finanche da un autocarro completo in ordine di marcia che trova collocazione su un pianale inferiore che, nuovamente, assolve ogni compito strutturale. La costruzione viene avviata ma procede assai lentamente tanto che alla data armistiziale il prototipo è pronto solo al 70%.
Un'analoga infelice sorte toccherà anche al TM 2, progettato da Del Prosto in seno a quelle Costruzioni Aeronautiche Taliedo che già avevano offerto all'Italia gli indimenticabili alianti CAT 20 e CAT 28, derivati dal Condor tedesco, e sui quali Ettore Cattaneo, Andriano Mantelli e Carlo Deslex [nota 8..Nel 1939, volando su Cat 28 Adriano Mantelli stabiliva due successivi record di distanza, 107 Km il primo, 120 il secondo; nello stesso anno, e con un aliante dello stesso modello, Deslex conquistava il record italiano di quota raggiungendo i 5.050 m.]erano riusciti a stabilire vari primati distanza, durata, altezza e guadagno di quota. Anche nel TM 2 tutto lo sforzo strutturale è demandato al pianale di carico coadiuvato però anche dal soffitto della fusoliera laddove i fianchi di questa sono occupati da amplissimi portelloni per un agevole carico che può variare da 10 uomini totalmente equipaggiati per un totale di 1.100 Kg. fino ad un massimo di 1.300 kg. rappresentato da due mortai da 45 più le relative munizioni. L'apertura alare è di 22, 80 m., la lunghezza totale di 13, 07 m., il peso a vuoto di 1.700 Kg.

Il CAT TM 2 conservato presso il Museo della Scienza e della Tecnica
di Milano. Irrispettosamente appeso al soffitto come un salame, il
CAT TM 2 è qui presentato in volo grazie…ad un piccolo ritocco fotografico


Il primo prototipo del TM 2 (M.M. 510) è pronto nel gennaio del '43 ad iniziare il ciclo di collaudi affidati a Nello Raimondo, notaio dalla notevole esperienza volovelistica, già collaudatore di un altro aliante italiano da guerra, LM 02, del quale tra breve parleremo. Il 22 febbraio viene eseguito il primo volo al traino di un FIAT CR 42. Il giorno dopo a bordo dell'aliante trovano posto Raimondo e lo stesso ing. Del Prosto. Il decollo avviene regolarmente, ma ad una quota di appena 50 m. il cavo si sgancia dalla coda del CR 42; l'aliante, ancora a bassa velocità, è in forte assetto cabrato: la manovra di rimessa di Raimondo non riesce ed il TM 2 rovina al suolo uccidendo i due occupanti. La DGCA blocca immediatamente lo sviluppo dell'aliante CAT, del quale è già stato costruito il secondo prototipo [nota 9..Oggi conservato presso il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano], avviando un'inchiesta atta ad accertare che la mancata rimessa in linea di volo non sia dovuta ad un cattivo centraggio del mezzo.

Trittico del TM 2 MM 510. Si possono intuire le ampie aperture
laterali rese possibili dalla particolare conformazione strutturale del velivolo


La morte di Del Prosto blocca del resto non solo lo sviluppo del TM 2 ma anche quello di un altro progetto, il CAT TM 3, bitrave simile al Gotha 242, con carico utile di 2.500 Kg. la cui costruzione era appena iniziata.


Più fortunato dei tre alianti risulta così l'AL 12 P di Ermenegildo Preti, non ancora laureato in ingegneria quando disegna la sua pulitissima macchina ma già valente progettista essendo il padre della famiglia degli alianti sportivi CVV che tanto lustro avevano e avrebbero dato al volovelismo italiano.


Ermenegildo Preti posa a bordo della sua creatura: l'AL 12 P

Monoplano ad ala alta di 21, 30 m., lungo 14,00, dal peso a vuoto di 1.500 kg., l'AL 12 P è dotato di una fusoliera lignea con struttura a guscio caratterizzata da un muso incernierato sul lato destro, apribile per facilitare il carico che può arrivare ad essere pari a 14 m3 di materiale, per un totale di 1.200 kg. o 18 soldati totalmente armati.

Foto di fabbrica dell'AL 12 P MM 508 che ne esalta l'elegantissima linea. Si
notino i particolari costruttivi che caratterizzano la versione da trasporto
dell'aliante di Preti: il carrello carenato anteriore e la piccola ruota posteriore

Il primo prototipo M.M. 508, pilotato da Nello Valzania, decolla il 16 settembre 1942 dalla pista di Venegono al traino di un FIAT CR 42 con ai comandi il cap. Erardo Fruet dimostrando subito un ottimo comportamento in aria che permette peraltro a Valzania di risolvere senza alcuna difficoltà una situazione analoga a quella che, sul TM 2, era risultata fatale a Raimondo e Del Prosto. I voli proseguono nei mesi successivi: il 6 ottobre del '42 viene percorso al traino il tragitto Venegono-Piacenza-Pisa, il 7 Pisa-Tarquinia, l'8 Tarquina-Guidonia dove il mezzo è comparato in volo con il DFS 230 dimostrandosene aerodinamicamente assai superiore.

L'AL 12 P MM 508 in costruzione presso le officine di Cantù. La sezione di muso non ancora rivestita è quella apribile realizzata in tubi metallici blandamente visibili sotto le centine lignee. Il resto della fusoliera è in legno ed ha una struttura a guscio lavorante ben diversa da quelle del TM 2 che, al contrario, demanda i problemi di struttura a travi poste sotto il pavimento e sopra il soffitto

 

Primo prototipo dell'AL 12 P MM508 pronto per il traino. Un particolare porta a
ritenere possibile la realizzazione di una lieve modifica: sotto al muso, nel centro
della fusoliera, si intravede quello che potrebbe essere un piccolo pattino, assente
nelle foto di fabbrica che ritraggono l'MM 508

 

Un'altra foto dell'AL 12 P MM 508 ripreso durante il periodo in cui esso fu
assegnato al NAVSM. Sul ventre del muso non compare alcun piccolo pattino

I lunghi voli al traino cui il velivolo italiano è sottoposto non devono stupire: esso infatti, a differenza dello SCA 2 che è velivolo da assalto, ma similmente allo SCA 3 ed al TM 2, è progettato per svolgere la funzione di aerotrasporto tattico, laddove per il ruolo assalto si è provveduto a progettare un ulteriore prototipo (M.M. 509) in tutto eguale al primo tranne che nel carrello anteriore, non più fisso ma sganciabile dopo il decollo ed integrato da un grosso pattino per l'atterraggio, nel ruotino di coda, sostituito da un più economico balestrino, e nella diversa disposizione del portello in fusoliera.

Nella sua versione d'assalto l'AL 12 P ha alcune caratteristiche che lo distinguono dalla versione trasporto. Sono ben visibili: il dolly biruota che, sostituendo il grosso carrello del modello da trasporto, è destinato ad essere sganciato subito dopo il decollo; il lungo e robusto pattino ventrale ed il balestrino posteriore che prende il posto del ruotino di coda. Si noti anche la diversa disposizione del portello d'accesso rispetto all' MM 508

Un'altra foto dell'AL 12 P MM 509 evidentemente
scattata nella stessa occasione della precedente

 

Il secondo prototipo dell'AL 12 P MM 509 in configurazione d'assalto

 

L'AL 12 P MM 509. Nella sua variante da assalto l'aliante , privo del carrello, si adagia in atterraggio sul pattino ventrale mettendo a terra una delle due estremità alari. Le due strane fessure visibili su entrambe le semiali si trovano in corrispondenza del punto in cui esse vengono ad innestarsi sul pianetto alare centrale solidale con la fusoliera. Si potrebbe così trattare probabilmente di pannelli rimuovibili per l'ispezione dei ganci di bloccaggio


A conclusione del ciclo di collaudi l'AL 12 P M.M. 508 è ceduto al 1° NAVSM affinché sia testato direttamente da istruttori e allievi. L'accoglienza è entusiastica anche perché il velivolo di Preti è realmente valido, ben bilanciato ed in tutto all'altezza dei blasonati alianti tedeschi. Vi voleranno il ten. col. Contoli, i s.ten. Rosaspina e Gallieni ed il serg. magg. Castellini tutti concordi nel ritenerlo una macchina realmente riuscita. Purtroppo durante un volo scuola, è proprio il serg. magg. Luigi Castellini ad indugiare eccessivamente nel correggere un allievo giunto troppo basso in finale: quando l'istruttore toglie i comandi all'allievo è ormai troppo tardi; il buon AL 12, che evidentemente perdona non pochi errori, riesce con gli ultimi brandelli di velocità residua a superare la recinzione dell'aeroporto per stallare subito dopo con il cedimento del semicarrello destro che sfonda la fusoliera. Il danno non è gravissimo ma certo l'AL 12 P è costretto a tornare in ditta dove verrà sorpreso dall'armistizio Peraltro l'M.M. 508 doveva già essere stato sottoposto a lievi modifiche: sebbene tutta la letteratura taccia al riguardo, da un'attenta analisi della documentazione fotografica lo scrivente ritiene di poter desumere che questo primo prototipo, nato assolutamente privo di qualsivoglia pattino, sia stato in seguito munito di uno, ben più piccolo di quello presente sull' M.M.509, con lo scopo di attutire piccoli colpi o urti ad integrazione del pur generoso carrello d'atterraggio. Non sono certo queste minimi "ritocchi", per altro non certi visto che fin dalle prime foto di fabbrica la M.M. 508 presenta dei ganci ventrali destinati forse a fissare il piccolo pattino, a rallentare lo sviluppo generale del velivolo, quanto il tentativo di realizzarne una variante motorizzata con un asfittico Piaggio P. VII da 460 cv. che avrebbe dovuto garantire, certo più grazie alle buone caratteristiche aerodinamiche del mezzo che non alla potenza del propulsore, una non trascurabile velocità di 235 Km/h con un peso totale del velivolo di 4.000 Kg. Mentre il M.M. 509 arriva al NAVSM il M.M. 508 è sempre in ditta per riparazione. L'8 settembre del '43 è ormai alle porte quando lo Stato Maggiore Armamenti decide di lasciar perdere la versione motorizzata; il tempo perduto è ormai irrecuperabile e l'aliante di Preti non raggiungerà mai la produzione seriale.

Una non bella foto dell'AL 12 P MM: 509 che getta uno squarcio di luce sulla sorte postarmistiziale di questo velivolo: requisito e testato dai tedeschi come tanti, tantissimi
altri mezzi già in servizio nelle Forze Armate italiane


Il TM 2 e l'AP 12 non sono gli unici progetti nazionali ad essere effettivamente prodotti in Italia, pur nella forma prototipica; un altro, assai più inconsueto gli si affianca: si tratta del già citato AVIA LM 02 dell'ing. Pieraldo Mortara.

Profilo a colori dell'AVIA LM 02. La livrea è quella standard per il fronte metropolitano: Verde Oliva Scuro per le superfici superiori, Grigio Azzurro Chiaro per quelle inferiori. Insolitamente alta la linea di divisione tra i due colori

 

Foto frontale dell'LM 02. Parzialmente visibili i fori sul bordo
d'attacco che regolano la fuoriuscita degli aerofreni

 

L'AVIA LM 02 impegnato in un volo di collaudo sul campo di Cameri. Il carrello
è ancora del tipo provvisorio, inadatto a reggere il peso dei due ordigni da 802 Kg

 

Un'altra foto scattata durante i collaudi dello straordinario LM 02

 

Piani costruttivi dell'AVIA LM 02

Con un'apertura alare di 16 m., per 35 m2 di superficie, una lunghezza totale di 10, 75 m., un peso a vuoto di 1.100 Kg., LM 02 è un vero e proprio aliante da bombardamento a tuffo. La macchina infatti è destinata al trasporto di due ordigni da 802 kg (che portano il peso complessivo in ordine di combattimento a ben 2.800 Kg.) da sganciarsi in picchiata, manovra per la quale il velivolo è dotato di generosi aerofreni azionati automaticamente, alla velocità di 450 Km/h, allorché il flusso d'aria entrante in apposite prese posizionate sul bordo d'attacco agisce su dei ritegni elastici. L'idea è quella di far trainare la macchina di Mortara da un SM 79, alla strabiliante velocità di 250 Km/h (…quali riflessi il nostro buon aliantista!!), fino a 20-30 Km di distanza da Gibilterra. Una volta sganciato a circa 4.500 m. di quota, LM 02, con un'efficienza pari a 10, si sarebbe portato sulla roccaforte britannica. Qui, a conclusione di una violenta picchiata che lo avrebbe spinto a raggiungere 540 Km/h, LM 02 avrebbe rilasciato i propri ordigni. Grazie alla notevole velocità residua, il velivolo si sarebbe allontanato verso il mare aperto, dove avrebbe ammarato fidando sulla propria galleggiabilità. Il pilota, di certo un temerario, sarebbe allora stato recuperato da un sottomarino della Regia Marina in attesa nel punto prestabilito. Evidentemente la fiducia riposta nella silenziosità del nostro ingegnoso mezzo la dice lunga sull'ignoranza che regnava negli Stati Maggiori italiani circa le tecniche di radiorivelamento alleate; nonostante questo il prototipo dell'LM 02 fu realmente realizzato nell'autunno del 1942 ed affidato a quel Nello Raimondo che, come abbiamo già veduto, perirà a bordo del TM 2. E' a Cameri che si iniziano i collaudi: le prime prove di picchiata vengono svolte, per sicurezza, a quote molte elevate; la prudenza, pur opportuna, non si dimostra necessaria: raggiunti i 450 Km/h gli aereofreni si aprono regolarmente impedendo all'aliante di superare i 540 Km/h. La struttura dell'LM 02 dimostra tutta la sua robustezza, né l'incredibile velocità (crediamo la più elevata mai raggiunta da un aliante puro), né la sollecitazione conseguente alla richiamata provocano danni al mezzo: certo questo non è testato con il carico delle due bombe da 820 Kg (che avrebbe inevitabilmente sottoposto la macchina a ben altre sollecitazioni strutturali) a causa del fatto che i due simulacri in cemento tardano ad essere consegnati. Qualora essi fossero installati, LM 02, pesante a pieno carico 2.800 Kg, dovrebbe abbandonare il fragile carrello finora utilizzato per adottare quello definitivo, ben più massiccio e soprattutto destinato ad essere sganciato immediatamente dopo il decollo vista la destinazione finale del volo…nelle acque spagnole! Il fatto è che, accertata l'esistenza e l'efficienza delle stazioni radar nemiche, LM 02 perde ogni ragion d'essere…lo stesso Raimondo, passando allo sviluppo di quel TM 2 che gli sarà fatale, abbandona il pur notevole mezzo di Mortara al suo destino d'oblio.

4 Alianti anfibi tedeschi e barchini esplosivi italiani: un'improbabile missione combinata

Quella di attaccare un porto britannico attraverso l'uso di alianti, per quanto poco convincente, non fu un idea elaborata soltanto dagli Stati Maggiori italiani: anche le alte sfere della Luftwaffe, a partire dalla primavera del 1941, furono affascinate da questa possibilità prevedendo per altro, così alcuni testi sostengano [nota 10..SETTI, Gli alianti anfibi, cit., p. 38], un concorso della Regia Marina italiana. Si trattava di procedere all' "anfibizzazione" di un'aliquota di Gotha Go 242, che, trainati fin nei pressi di Scapa Flow, avrebbero ammarato nelle acque interne del principale porto della Home Fleet, depositandovi alcuni barchini esplosivi italiani tipo MTM (Motoscafo Turismo Modificato).

Un MTM in navigazione: nell'ultima foto sembra
che il pilota abbia già abbandonato il mezzo

L'operazione si ispirava ad un analogo piano, invero anch'esso assai peregrino, già elaborato in Italia nel 1936 laddove, in luogo degli alianti anfibi quali mezzi aerei di trasporto, erano stati previsti assi ben più rumorosi idro SIAI Marchetti SM 55 tra i cui due scafi sarebbero stati appesi i mezzi d'assalto della Marina. Che la "marinizzazione" del Go 242, attraverso la realizzazione di una chiglia planante e di scarponi stabilizzanti, abbia avuto luogo è cosa certa; che questa speciale versione, denominata C-1, fosse munita di una culla interna atta alla messa in mare di una piccola imbarcazione d'assalto è anch'essa notizia attendibile; che questa imbarcazione dovesse essere rappresentata dal barchino esplosivo italiano sembra, allo scrivente, eventualità assai improbabile. Certo i mezzi insidiosi della Regia Marina, ed in particolar modo gli MTM e gli SLC (Siluri a Lenta Corsa, meglio noti come "maiali"), certo gli uomini che quelli impiegavano, già dimostratisi capaci di compiere mirabolanti imprese quali l'affondamento delle due corazzate Queen Elisabeth e Valiant nel porto di Alessandria d'Egitto [nota 11..L'impresa, condotta da tre SLC con equipaggi cap. Antonio Marceglia-palombaro Spartaco Schergat, cap. Vincenzo Martellotta-2° c. palombaro Mario Marino, s.ten. Durand de la Penne-c. palombaro Emilio Bianchi, venne magistralmente eseguita il 19 dicembre del 1941. Tutti i partecipanti all'azione furono fatti prigionieri dai britannici o immediatamente o, come Marceglia e Schergat, dopo un rocambolesco tentativo di fuga.], dovevano riscuotere ammirazione incondizionata da parte dei tedeschi, soprattutto in seno a quella pur "misera" Kriegsmarine necessariamente interessata a tecniche di guerra povere e tuttavia tanto efficaci contro la potentissima Royal Navy. Ma da qui a ritenere che le Forze Armate tedesche si sarebbero dimostrate disposte a richiedere, di loro stessa iniziativa, il concorso ed il soccorso del già ampiamente screditato alleato italiano è ben altra cosa…davvero è ipotizzabile che la Luftwaffe e la Kriegsmarine avrebbero accettato di dividere la gloria del forzamento della principale base della più potente marina del mondo con i camerati d'oltralpe? Del resto il motoscafo MTM era un semplice barchino esplosivo derivato da normali natanti da corsa costruiti, prima della guerra, dalla ditta Cattaneo. Lungo 6,15 m., largo 1,70, con un pescaggio di 45 cm. ed un equipaggio di un solo uomo, l'MTM era propulso da un Alfa Romeo 6 cilindri di 3.500cc erogante 95 cv per una velocità massima di 35 nodi. Studiato principalmente per l'offesa contro grosse navi alla fonda, il barchino era dotato di una testata contenente 330 Kg. di esplosivo: trasportato nei pressi del porto nemico da un mezzo vettore (una corvetta o un MAS), l'MTM ne forzava le difese per essere infine puntato contro il naviglio avversario…bloccati i comandi, il pilota si gettava in mare lasciando che il barchino continuasse la corsa fino all'impatto. Inquadrati nel gruppo di superficie al comando del cap.c. Giorgio Giobbe della Xa Flottiglia MAS, unità alla quale apparteneva anche il gruppo SLC del cap.f. Vittorio Mocagatta ed il reparto sommergibili e mezzi d'avvicinamento del cap.c. Junio Valerio Borghese, gli MTM erano già stati utilizzati nel corso del '41 dalla Regia Marina in almeno due occasioni: la prima, a Creta, nella notte fra il 25 ed il 26 marzo, quando, sotto il comando del ten.v. Luigi Faggioni, sei incursori, su altrettanti barchini, dopo essere penetrati nel porto di Suda, vi avevano danneggiato gravemente l'incrociatore pesante York ed altro naviglio commerciale finendo poi tutti prigionieri; la seconda a Malta, nella notte fra il 25 ed il 26 luglio, quando uno sfortunato ed infruttuoso attacco al Grand Harbour di La Valletta si concluse con la totale perdita della forza attaccante, per un totale di 18 prigionieri e 15 morti, tra cui uno dei padri della Xa Flottiglia, il ten.v. Teseo Tesei. Nonostante i risultati conseguiti dalla Regia Marina con gli MTM fossero dunque assi incostanti, i barchini italiani erano già stati ampiamente studiati dalla Kriegsmarine che aveva provveduto a realizzare un modello similare rinominato "Linse". Se alla disponibilità da parte delle Forze Armate tedesche di barchini esplosivi in tutto simili agli MTM italiani si aggiunge che nessuna autorità germanica contattò i vertici della Regia Marina si sarà dimostrato come la partecipazione italiana alla prevista missione aliantistica contro Scapa Flow fosse assai improbabile. Comunque sia, sebbene il Go 242 C-1 venisse testato in volo, ogni ulteriore approntamento venne abbandonato; con scelta non certo biasimevole, la Luftwaffe e la Kriegsmarine rinunciarono ad una impresa che la rete radaristica britannica avrebbe facilmente sventato e sulla cui riuscita, con grande probabilità, nessuno aveva mai realmente creduto. Del resto la sfortunata missione contro Malta del 25 e del 26 luglio era fallita allorché i barchini della Xa erano stati individuati dai radar britannici quando, ancora a 20 miglia di distanza dal loro obbiettivo, stavano abbandonando i MAS che ne avevano garantito l'avvicinamento; praticamente attesi dalla difesa britannica, gli arditi incursori italiani vennero decimati in prossimità della primo sbarramento di reti che Tesei aveva vanamente tentato di demolire con la carica dell'unico SLC partecipante all'impresa; l'insegnamento era chiaro: nessun mezzo insidioso di superficie (e dunque ancor meno nessun velivolo sebbene silenzioso) avrebbe mai potuto sperare di avvicinarsi ad installazioni portuali difese da impianti di radiorilevamento. L'assalto attraverso alianti anfibi era dunque una soluzione priva di qualsiasi fattibilità.

5 Il 1° NAVSM: attività, lutti, conseguimento dei brevetti e…armistizio

A fronte dunque di una produzione nazionale del tutto inesistente, gli alianti tedeschi, pagati regolarmente o no, cominciarono ad essere utilizzati. A trainare i grossi alianti d'assalto e da trasporto non furono certo più i piccoli FL 3 ma i FIAT CR 42, i Caproni Ca 133 e gli S.M. 81. A riprova di un'abilità ormai raggiunta, gli allievi dell' "Aquila" fecero registrare un solo incidente mortale durante la delicata fase del passaggio da alianti sportivi agli ingombranti alianti d'assalto: il 19 giugno del '43 il DFS pilotato dall'allievo Balilla Perazzini iniziava un'inspiegabile picchiata che si concludeva con l'impatto al suolo. Evidentemente, si disse, una delle balle di sabbia dal peso di 100 chili stivata nell'aliante per simulare il carico completo di 12 quintali doveva aver investito il pilota o, meno probabilmente, si doveva essere malamente incastrata tra i comandi della barra.

I resti del DFS 230 pilotato da Balilla Perazzini

A quello mortale del Perazzini si erano comunque affiancati altri incidenti ben meno gravi: circa un mese prima, il 15 maggio, l'allievo Virgilio Semenich aveva distrutto in atterraggio un DFS uscendone fortunatamente incolume; nello stesso periodo come abbiamo già avuto modo di ricordare, il serg. magg. Luigi Castellini sfasciò l'AL 12 P M.M. 508 che così conciato passò il resto dei suoi giorni in officina dove fu sorpreso dall'armistizio. Se l'attività aliantistica fu travagliata dal solo incidente mortale del Perazzini ben più luttuosa quella a motore: nel marzo del '43, scontrandosi in volo due FL 3, perdevano la vita il maresc. pil. istruttore Golzio e gli allievi Luciano Ferri e Alfredo Portacci, mentre nel maggio dello stesso anno, volando su un aereo dello stesso modello, precipitava il ten. pil. istruttore Antonio Barilla.
Dubbia è la consegna al NAVSM, nel mese di giugno del '43, di un gruppo di 6 Meise, 3 Grunau Baby e 2 Wehie che la ditta Mauser avrebbe donato alla Regia per convincerla all'acquisto di armi antiaeree da lei prodotte. Sebbene alcuni studi riportino per certa la notizia [nota 12..E. BROTZU-G.COSOLO, Dimensione cielo vol. 9 Trasporto, Roma 1977, p. 84], altri sostengono che di tale consegna non solo non rimarrebbero tracce documentarie o fotografiche, ma neppure alcun ricordo nella mente dei reduci [nota 13..G. GRANDE, Gli aliantisti militari, cit., p. 18]. Nel frattempo il NAVSM, vero reparto randagio, spostava nuovamente la sua base d'armamento da Orio al Serio a Ponte san Pietro (Bergamo). Il corso "Aquila" giungeva ormai al termine: il 22 luglio, dopo aver eseguito un decollo notturno su aliante DFS, undici allievi si brevettavano piloti militari d'aliante; tra questi il ten. De Bastioni ed i serg. Pastorelli, Berni, Meli, Fausti, Semenich, Busa, Mariano e Favini. Sarebbero stati gli unici dei due corsi avviati: l'8 settembre '43 la scuola, come tanti, tantissimi, altri reparti, si sarebbe infatti definitivamente dissolta. I dati relativi all'attività del 1° NAVSM nel corso della sua esistenza chiariscono, senza ambiguità alcuna, quanto peso avesse avuto nella preparazione dei futuri aliantisti militari il volo a motore: di circa 3.800 ore volate, ben 2.700 erano state a motore e solo 900 a vela! Del resto una semplice considerazione esemplifica la velleitarietà dell'iniziativa della Regia Aeronautica: in un intero anno, dalla costituzione fino al suo scioglimento, il NAVSM si era preoccupato della sola formazione dei piloti trascurando totalmente quella delle truppe aviotrasportate: è assi improbabile che si ritenesse che sarebbe bastato "ficcare" dentro gli alianti dei reparti di paracadutisti, o ancor peggio di normali fanti, per ottenere risultati sufficientemente paganti; si sarebbe trattato di una convinzione troppo ingenua. E' perciò assai più probabile che la Regia Aeronautica preferisse rimandare la soluzione del problema, convinta che esso avrebbe ingenerato un conflitto di competenze con il Regio Esercito relativamente a quale delle due forze armate avrebbe dovuto fornire gli effettivi e fregiarsi della paternità del nuovo corpo, conflitti non rari in Italia qualora si ricordino quelli che avevano infiammato, qualche anno addietro, i rapporti tra Aeronautica ed Esercito relativamente alla titolaretà del corpo dei paracadutisti e tra Aeronautica e Marina alla gestione delle specialità dell'Aerosiluramento, del Bombardamento Marittimo e della Ricognizione lontana.

 

al sesto capitolo

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